Cinema Africano
Di Simona Cella
La 32° edizione del Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina (Fescaaal), dal 18 al 26 marzo in sala a Milano e in streaming su Mymovie, si svolgerà all’insegna del green e del ‘flower power’...
La 32° edizione del Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina (Fescaaal), dal 18 al 26 marzo in sala a Milano e in streaming su Mymovie, si svolgerà all’insegna del green e del ‘flower power’...
Ancorché semisconosciuto in Italia, uno degli attori più rappresentativi degli anni d’oro della cinematografia nipponica: interprete di grande carisma, con un attivo di oltre 180 film, alcuni dei quali titoli memorabili per i cinefili di tutto il mondo.
...la sua notorietà ha varcato da un pezzo i confini dello stato in cui è nata, ha vissuto, operato e opera tuttora: l’attrice e presentatrice argentina Mirtha Legrand, un fenomeno forse unico al mondo.
Dimenticato Andrea Checchi? Un attore la cui figura ancor oggi appare spesso nei nostri schermi televisivi, nelle riproposizioni di film degli anni Quaranta e Cinquanta, dove spesso ricopre il ruolo di vilain: del fascista, del bandito, del rivale in amore o in affari che trama alle spalle di un Nazzari, di un Girotti? Ma questa è una colossale bufala!...
La sua bellezza un po’ algida, che anticipava vagamente quella di Catherine Deneuve, si accompagnava a un carattere instabile, frequente a passare dal nervosismo all’irascibilità e alla profonda malinconia; come attrice era versatile: sapeva imporsi tanto nei ruoli drammatici e melodrammatici quanto nella commedia...
La prima occasione di mettersi in luce sul set Suzanne l’ebbe nel dicembre dell’11 grazie al regista Louis Feuillade, che la volle come protagonista in Chef-lieu de canton accanto a René Navarre, Paul Manson e Renée Carl. Da allora, e fino agli inizi del 1913, Suzanne lavorò in quasi cinquanta films...
Pur se misconosciuta da noi, Jeanne Eagels fu una grande attrice, nel teatro e nel cinema la sua figura ha connotato indelebilmente l’America degli anni Venti. Perché morì, appena trentanovenne? Si suicidò? e se lo fece, quale ragione la spinse? Sono domande alle quali, a quasi un secolo di distanza, oggi è forse meno arduo rispondere.
Il personaggio di questo mese è una sfortunata attrice e cantante lirica rumena, la cui limpida voce di soprano venne definita «divina e irripetibile» dal direttore d’orchestra Herberth von Karajan, che al pari del celebre compositore Richard Strauss la considerava la migliore che avesse mai sentito, superiore anche a quella della Callas: Maria Cebotari; una ‘dimenticata’ - come vedremo - solo in Italia.
Dal 25 novembre al 3 dicembre il Torino Film Festival diretto da Steve Della Casa, torna per arricchire ancora una volta il calendario della programmazione culturale autunnale del capoluogo piemontese. Ecco i film con il contributo della Direzione Generale Cinema e audiovisivo presenti al festival.
Karlheinz ha ricevuto la cittadinanza etiope onoraria, e nel 2007 gli è stato assegnato il premio Balzan per l’umanità, la pace e la fratellanza tra i popoli. «Non esiste un primo, un secondo o un terzo mondo, viviamo tutti sullo stesso pianeta per il quale condividiamo la responsabilità» è uno dei suoi motti.
“Questo film è femmina. Il silenzio sulle donne nere non ci protegge e questa sera qui si è interrotto ... Questa è una storia complessa di due donne nere. Ho permesso loro di poter essere ascoltate in tutte le loro incertezze, insicurezze e timidezze. In un certo senso è anche qualcosa di molto politico”.
...per il ruolo di Oberdan, il protagonista maschile nel film Guendalina, che Alberto Lattuada si apprestava a dirigere, e benché non avesse alcuna esperienza davanti al set, venne scelto tra decine di partecipanti: il regista era rimasto colpito, oltreché dal suo bell’aspetto, anche dall’aria timida e dai modi gentili del non ancora ventenne giovanotto.
Il film che la impose fu Dr. Jekyll and Mr. Hyde di John Stuart Robertson (’20), accanto al grande John Barrymore: che fu anche uno dei primi lungometraggi da lei interpretati; dove nel ruolo dell’ingenua fidanzata di Jeckyll, Millicent Carew seppe mostrare notevoli doti espressive e guadagnò larga popolarità agli occhi del pubblico
Nel cinema americano, gli anni Venti furono la fucina di molti futuri bravi e bravissimi attori: basti pensare a Edward G. Robinson, Clark Gable, John Wayne, Gary Cooper, George Raft e Humphrey Bogart. Ma non tutti coloro che ebbero successo nei Twenties riuscirono a mantenerlo o incrementarlo nel decennio che seguì: uno dei casi più clamorosi è stato quello del personaggio che presento oggi, Charles Farrell.
A proporle il primo ruolo fu, nel 1930, il regista e sceneggiatore Louis Mercanton, che la volle per il personaggio di Leslie Bennet ne La lettre, un dramma che venne girato negli studi Paramount di Joinville-le-Pont, nella valle della Marna; il film è la storia di una moglie infedele che uccide l’amante, e dopo essere riuscita a farsi dichiarare non colpevole nel processo che ne segue, confessa al marito di amare ancora l’uomo che ha ucciso....
Il personaggio di questo numero, l’attrice Jiah Khan, è un nostro contemporaneo: lo anticipo al lettore perché, come presto vedrà, su alcuni aspetti della sua vicenda umana le indagini sono ancora in essere, pertanto sugli stessi non posso fornire conclusioni che restano da formulare. Nafisa Rizvi Khan era islamica e di origine pakistana, nipote delle sorelle Parveen e Nasreen Rizvi, entrambe attive come attrici, registe e produttrici di film in lingua urdu, la prima col nome d’arte di Sangeeta e la seconda con quello di Kaveeta.
Reid, che aveva esordito nel cinema ben sei anni prima di quest’ultimo, a dire il vero si era conquistato la popolarità presso le spettatrici del patrio suolo almeno tre anni prima dell’uscita de I quattro cavalieri dell’Apocalisse, il film che, nel ’21, consacrò a stella di prima grandezza Valentino.
Quando si dice che bellezza, soldi, fama e successo non danno la felicità non è mai così vero come per certi attori, le cui storie sono lì a dimostrarcelo. Quella di Carole Landis è solo una delle tante, ma merita d’essere ricordata.
Tenetevi forte, sto per presentarvi la prima consapevole attrice della storia del cinema, un personaggio interessante sia per i primati artistici che per le vicende della vita privata: Charlotte-Lucie-Marie-Adèle-Stephanie-Adrienne Faes, nome che forse non dirà nulla neanche al più scafato cinéphile...
uno spettacolo mozzafiato con la partecipazione di Andrea Loreni, unico funambolo in Italia specializzato nelle traversate su cavo a grandi altezze.
Anche il cinema inglese ha avuto il suo Rodolfo Valentino: era gallese, si chiamava David Ivor Davies, ma lo si ricorda col nome d’arte di Ivor Novello. Già, lo si ricorda: è un ‘dimenticato’ soltanto come attore, perché egli fu molto di più. Nato a Cardiff il 15 gennaio 1893, ebbe un’educazione musicale di prim’ordine: studiò canto, armonia e contrappunto, e grazie a una borsa di studio potè perfezionarsi al Magdalen College School di Oxford, dove cantò da solista nel coro del collegio.
Il personaggio che ricordiamo è una bella attrice svizzera morta quando il successo le aveva appena spalancato le porte di una carriera cinematografica che s’annunciava sfolgorante: e che si tratti d’un vero ‘dimenticato’ lo dimostra il fatto che le sole decenti schede biografiche finora a lei dedicate si trovano ne Les oubliés du cinéma français di Claude Beylie e Philippe d’Hugues e nel Dictionnaire des comédiens français disparus di Yvan Foucart.
...grazie anche al fatto che la Metro Goldwyn Mayer, che lo mise sotto contratto, lo prestò ad altre case di produzione - negli ultimi anni di guerra Bobby lavorò in otto film, a partire da La famiglia Sullivan di Lloyd Bacon (’44), della 20th Century Fox, con Thomas Mitchell e Anne Baxter, dove la sua recitazione naturale e l’eccezionale memoria ne accrebbero il credito.
n un mondo nel quale l’uso della ragione sembra oramai diventato un inutile esercizio intellettuale, i registi possono solo ricordare l’orrore dei conflitti ma non possono fermare le bombe. Dopo anni passati a contare le vittime di un virus maledetto, la nostra anima non vuole più sentire esplosioni o vedere carrarmati. Al cinema chiediamo di restituirci quella capacità di sognare che questi anni bui sembrano averci sottratto.
Il pubblico italiano è sempre stato sensibile al fascino delle attrici nordiche attive sui set del nostro cinema, brave o meno brave che fossero.
Quella che presento stavolta, pur se nata in Svezia, non giunse da noi direttamente da lì, bensì dagli Stati Uniti: si trattava infatti di una di coloro che, come Greta Garbo, Ingrid Bergman e non molte altre, ebbero la fortuna di aver successo ad Hollywood.