#314 - 17 settembre 2022
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Cinema

Dalla serie di articoli dedicati a personaggi del Cinema e del teatro

I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"

Charles Farrell

Diari di Cineclub n°72, V 2019

Di

Virgilio Zanolla

Charles FarrellCharles Farrell

Nel cinema americano, gli anni Venti furono la fucina di molti futuri bravi e bravissimi attori: basti pensare a Edward G. Robinson, Clark Gable, John Wayne, Gary Cooper, George Raft e Humphrey Bogart. Ma non tutti coloro che ebbero successo nei Twenties riuscirono a mantenerlo o incrementarlo nel decennio che seguì: uno dei casi più clamorosi è stato quello del personaggio che presento oggi, Charles Farrell.

Nato il 9 agosto 1891 a Walpole, una piccola cittadina del Massachussetts situata una ventina di chilometri a sud-est di Boston, Charles era figlio di Estelle e di David, immigrati irlandesi appartenenti alla classe operaia, che grazie all’intelligenza e al senso degli affari erano divenuti proprietari di una taverna e di un’edicola, e più tardi avrebbero ampliato il loro àmbito commerciale anche nel mondo del teatro. Egli vide la luce proprio nella taverna dei genitori, in un appartamento occupato da vicini, che era il luogo più riscaldato dcll’edificio.

Charles Farrell

Grazie all’attività impresariale del padre, fin da bambino si sentì fortissimamente attratto dalla recitazione, tanto che, nonostante altre opportunità di lavoro che gli offrivano gli affari della famiglia, pur di ‘respirare’ l’odore del palcoscenico si ridusse a spazzare il locale teatro, giurando però a se stesso, come poi raccontò, ogni volta che vedeva qualcuno acquistare i biglietti per uno spettacolo, «un giorno quella persona andrà a teatro per vedere me». I genitori avrebbero voluto avviarlo alla professione di dentista, e lo spinsero a iscriversi all’università di Boston: ma una volta là, anziché alla facoltà di medicina Charlie s’iscrisse a quella di economia, e quando giunse all’ultimo anno di corso abbandonò gli studi per lavorare nello spettacolo come valletto di Little Billy, un celebre nano attivo nel vaudeville; e valendosi dei suoi studi di economia, divenne responsabile amministrativo della compagnia, che seguì nella sua tournée in varie città degli States. Giunta a Los Angeles, la compagnia si sciolse e Charlie decise di fermarsi in California, per tentare l’avventura nel cinema.

Charles Farrell

Alto 187 cm., snello e atletico, il viso regolare dai lineamenti fini, un eleganza naturale nel portamento e l’aria da bravo ragazzo campione di college, Charlie aveva tutto per sedurre il pubblico femminile. Ciò nondimeno, il suo ingresso nel mondo in celluloide avvenne con discreta lentezza e una certa gradualità: grazie all’amicizia con l’attore Richard Arlen riuscì a farsi ingaggiare come comparsa, e apparve non accreditato in pellicole di una certa notorietà quali La vampa (The Cheat) di George Fitzmaurice, Il gobbo di Nôtre-Dame (The Hunchback of Notre-Dame) di Wallace Worsley, con Lon Chaney, Rosita (id.) di Ernst Lubitsch, con Mary Pickford, La donna di Parigi (A Woman of Paris.

A Drama ( of Fate) di Chaplin, con Edna Purviance, e I dieci comandamenti (The Ten Commandments) di Cecil B. De Mille, dove rivestì i panni dello schiavo ebreo: tutti del 1923. Nei due anni successivi comparve in ruoli minori in film come Il letto d’oro (The Golden Bed; ’25), ancora di De Mille, Whings of Youth di Emmett J. Flynn (id.), e in altre tre pellicole tra cui Viva lo sport (The Freshman; id.) di Fred C. Newmeyer e Sam Taylor, accanto ad Harold Lloyd e Jobyna Ralston.
Nel ’26 riuscì finalmente a mettersi in luce, grazie a un contratto filmato alla fine dell’anno precedente con la Fox Corporation.
Dopo avere interpretato il piccolo ruolo di Timmy nel drammatico Sandy (id.) di Harry Beaumont e la deliziosa commedia A Trip to Chinatown di Robert Perry Kerr, la Fox lo prestò alla Paramount Pictures per L’aquila dei mari (Old Ironsides) di James Cruze, che accanto alla bella Esther Ralston, a Wallace Beery e George Bancroft (e con comparsate degli allora ignoti Boris Karloff e Gary Cooper) lo promosse protagonista di un’avventurosa vicenda di lotta ai pirati ambientata nel Mediterraneo e girata con un sistema brevettato dalla stessa Paramount chiamato Magnascope. Per Charlie esso costituì un ottimo biglietto da visita, che lo rese subito popolare al grande pubblico cinematografico.

Charles Farrell

A quel punto i dirigenti della Fox finalmente si svegliarono, e capito chi avevano in casa utilizzarono l’allora trentaseienne attore quale protagonista del romantico melodramma Settimo cielo (Seventh Heaven; ’27) di Frank Borzage, affiancandogli un’attrice ventenne di Filadelfia che aveva esordito sul set soltanto l’anno prima ed era al suo settimo impegno cinematografico: Janet Gaynor. Senza potersi dir bella, Janet era bruna, aveva un corpo flessuoso, un volto dolce e un bellissimo sorriso; impersonava a meraviglia i ruoli di ragazza sensibile messa in difficoltà dalla vita. La vicenda del film, che è ambientato a Parigi, e nel quale i due giovani - lui, Chico, pulitore di fogne, e lei, Diane, una povera orfana vagabonda - vivono il loro amore e i loro sogni da una misera soffitta, aveva tutto per colpire la sensibilità degli spettatori: la bravura degli interpreti e la regia attenta e misurata di Borzage fecero il resto. Settimo cielo ottenne un clamoroso successo di pubblico e di critica, incassò montagne di dollari facendo della Fox la prima casa di produzione americana, e due anni dopo ottenne dalla Academy Awards ben tre premi Oscar: per la migliore regia, per la migliore attrice protagonista e per la migliore sceneggiatura non originale.

Charles Farrell

Charlie trasse grandi vantaggi anche dalla conoscenza della Gaynor e di Borzage: con la prima inaugurò una fortunatissima coppia cinematografica, destinata ad essere riproposta in ben undici altri film; col secondo lavorò in altre sei pellicole, alcune delle quali si rivelarono nuovi successi. Ma con la Gaynor ci fu di più, e la scintilla scattò proprio in Settimo cielo: la loro relazione, tenuta segretissima, si avvalse dell’‘assistenza’ del loro comune amico Douglas Fairbanks Jr., che prestò per i loro incontri una piccola e romantica casa di legno a sud di Los Angeles, vicino al mare. A dispetto dei molti scrupoli, però, qualcosa dové trapelare. Fatto sta che il pubblico li considerò sempre come il modello degli eterni fidanzati, e la Fox, assecondando abilmente questa credenza confermata dalle molte lettere di ammiratori che giungevano al loro indirizzo, a un certo punto fece cautamente circolare la voce che essi fossero sposati, e per alimentarla fece inviare loro «da ammiratori» dei fasci di rose alla presuntissima data del loro matrimonio. Ma le nozze non avvennero mai, anche se è vero che Charlie - rimasto molto scosso dalla morte dell’attore Fred Thomson, marito della sceneggiatrice e regista Frances Marion e suo intimo amico, avvenuta nel Natale 1928 a causa del morso d’un serpente - durante le riprese del film La stella della fortuna (Lucky Star, ’29), diretto dal comune amico attore Borzage, la proposta di sposarlo gliela fece. Fu lei che non accettò, sicché interruppe la loro relazione, anche se i due restarono per tutta la vita ottimi amici. Molti anni dopo la Gaynor chiarì: - Penso che con Charlie ci si sia amati più di quanto si sia stati assieme. Lui giocava a polo, passava i fine settimana al ranch di Hearst con lui e Marion Davies, faceva il giro delle feste... Era un ragazzo aitante e muscoloso, cresciuto all’aria aperta. Tra noi c’erano troppe differenze, io non ero una ragazza da feste. Così, ho sposato un uomo d’affari di San Francisco, Lydell Peck [il primo dei suoi tre mariti], solo per scappare da Charlie.

Charles FarrellCharles Farrell

Nel ’29, con l’avvento del sonoro, sia Farrell che la Gaynor superarono a pieni voti il cosiddetto ‘test del microfono’: ma paradossalmente, per lui i guai cominciarono proprio allora; col sonoro era infatti venuta alla ribalta una nuova generazione di attori, ruvidi e sfrontati come Gable e Cagney o, se romantici, dal fascino più definito e dalla personalità più ricca di sfumature come Gary Cooper: i melodrammi romantici interpretati da Charlie negli anni del muto erano stati rapidamente rimpiazzati dai musical e dalle commedie brillanti, godevano di gran voga i film d’avventura, e le storie d’amore che venivano proposte sugli schermi offrivano altri protagonisti e situazioni più legate alla realtà di tutti i giorni. In breve, nonostante gli altri film di successo interpretati negli ultimi anni del muto come L’angelo della strada (Street Angel; ’28) e il già citato La stella della fortuna, entrambi di Borzage e con la Gaynor, nel secondo dei quali egli interpretò con straordinaria bravura Tim, un reduce di guerra costretto su una sedia a rotelle, a partire dal ’30 le pellicole alle quali prese parte - con poche eccezioni quali La madonnina del porto (Tess of the Storm Country; ’32) di Alfred Santell, ancora con la Gaynor - non riscossero più il successo incondizionato delle prime. Sicché nel ’32, dopo aver rifiutato un ruolo nel film The Face in the Sky, l’attore decise saggiamente di lasciare la Fox e lavorare come freelance.

Charles FarrellCharles Farrell

Intanto, il 14 febbraio del ’31 si era sposato con la trentacinquenne attrice Virginia Valli, un ex stella del muto, al suo secondo matrimonio. La loro unione durò fino alla morte di lei, avvenuta per un ictus il 24 settembre 1968, ma non fu priva di momenti burrascosi. Tant’è vero che, riallacciati nel ’34 i rapporti con la Fox, Charlie interpretò un ultimo film con questa casa di produzione, che fu anche l’ultimo in coppia con la Gaynor: Primo amore (Change of Heart) di John G. Blystone, un drammone sentimentale con James Dunn, Ginger Rogers e Shirley Temple: questo perché la Valli, scoperto una sua avventura extraconiugale, lo indusse con minacce ad abbandonare quell’ambiente di lavoro e, in pratica, Hollywood. Charlie si recò a Londra, dove interpretò vari film britannici, tra i quali Ardente fiamma (Moonlight Sonata; ’37) di Lothar Mendes, accanto a Marie Tempest e, nella parte di se stesso, al pianista, compositore, politico e diplomatico polacco Ignacy Jan Paderewski. Nel ’38 tornò negli Stati Uniti, e prese parte ad altri quattro film: l’ultimo, The Deadly Game di Phil Rosen (’41), fu il cinquantaquattresimo ed anche l’ultimo della sua carriera.

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Infatti, scoppiata la guerra, poco dopo lasciò il cinema e si arruolò in Marina: venne assegnato alla portaerei USS Hornet (CV-12) al comando di Marshall Beebel, affrontò pesanti combattimenti e si portò sempre con onore, tanto che a guerra finita fu ricevuto dal presidente Truman che volle pubblicamente elogiarlo: un bell’imbarazzo per lui, uomo singolarmente modesto e del tutto sprovvisto di ambizioni. Subito dopo, Charlie si ritirò in California, a Palm Spring; con l’amico attore Ralph Bellamy, suo socio in affari, egli aveva scoperto questa località dal clima assai favorevole, allora poco più che un villaggio, fin dal 1934, e ne aveva promosso lo sviluppo, fondando il celeberrimo Palm Springs Raquet Club. Grazie ai suoi costanti sforzi, la cittadina divenne presto un rinomato luogo di soggiorno di personalità del mondo dello spettacolo; di Palm Springs egli fu pure eletto nel ’46 consigliere comunale e nel ’48 sindaco, restando in carica fino al ’53.
Charlie tornò a recitare ma scelse la televisione: acquisendo vasta popolarità nel ruolo del vedovo Vern Albright nella serie La mia piccola Margie (1952-56, 126 episodi), in The Charles Farrell Show (’56-57), e in un episodio della serie Navy Long (’57). Dopodiché abbandonò per sempre lo spettacolo, ritirandosi a vita privata e riservandosi solo qualche apparizione pubblica, in genere a fianco alla sua vecchia amica Janet Gaynor: ma alla morte di lei, nell’84, rinunciò anche a quelle. Morì per infarto il 6 maggio 1990 a Palm Springs, ed è sepolto lì nel Welwood Murray Cemetery, accanto alla moglie Virginia Valli. Ad Hollywood due stelle, la prima al 7021 dell’Hollywood Boulevard e la seconda al 1617 di Vine Street, ricordano il suo contributo dato rispettivamente al cinema e alla televisione.

Charles Farrell

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