Dalla serie di articoli dedicati a personaggi del Cinema e del teatro
I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"
Miroslava Stern
Diari di Cineclub n°87, X 2020
Di
Virgilio Zanolla
Negli anni tra i fine Trenta e i primi Sessanta, ‘l’epoca d’oro’ del cinema messicano, gli studios di Città del Messico accolsero molte attrici nate fuori dal patrio suolo, a cui il pubblico di casa tributò largo successo: cubane, argentine, spagnole, venezuelane, colombiane, statunitensi; pure la nostra Irasema Dilian, diva dei ‘telefoni bianchi’ nata a Rio de Janeiro e figlia d’un diplomatico polacco. A differenza di quasi tutte, quando giunse in Messico la cecoslovacca Miroslava Stern era ancora una perfetta sconosciuta: fu in questo paese che si formò e divenne attrice.
Miroslava Šternová Beková non ebbe un’infanzia e un’adolescenza facili. Era nata a Praga il 26 febbraio del 1926, figlia di Miroslava Beková e di padre ignoto: venne adottata dal dottor Oskar Štern, che sposò sua madre quand’era ancora incinta di lei; dalla moglie, qualche anno dopo egli ebbe anche il figlio Ivo, a cui la futura attrice fu legatissima. Oskar Štern era un reputato medico ebreo in ottime condizioni finanziarie, sicché la famiglia godé una certa serenità fino al 1939, quando la Cecoslovacchia venne annessa al Terzo Reich nel Protettorato di Boemia e Moravia, ed egli fu subito rinchiuso in un campo di concentramento. Per salvare i familiari dalla stessa sorte, dové dichiarare la non appartenenza della moglie alla razza ebraica, e l’adozione della piccola Miroslava: ciò non impedì ai nazisti di detenere per tre settimane anch’essi. Alla fine, forse corrompendo qualcuno, Stern tornò in libertà e riuscì ad abbandonare la Cecoslovacchia con moglie e figli: dové però lasciare nel paese l’anziana madre, e per la tredicenne Miroslava, affezionatissima alla nonna paterna come a tutta la sua famiglia e già terribilmente scossa dai bombardamenti tedeschi di qualche mese prima, quel congedo - definitivo - fu straziante.
Mentre la Seconda guerra mondiale seminava morti tra i campi d’Europa, la famiglia Štern si trasferì dapprima in Belgio, quindi in Finlandia, eppoi in Svezia, inseguita dallo spettro dell’esercito tedesco. Infine, poté imbarcarsi e dopo un’avventurosa traversata transoceanica raggiungere il Messico, dove aveva dei parenti: era il 1941. Per ambientarsi nella nuova terra, Oskar Stern studiò lo spagnolo, e inviò la figlia a New York perché apprendesse anche l’inglese; qui ella si fidanzò con un aviatore statunitense, col quale contava sposarsi, e quand’egli morì in guerra tentò di suicidarsi. Rientrata in Messico, studiò nel Collegio Americano, segnalandosi nel disegno. Nel ’45 sua madre morì di cancro, ciò che le causò una profonda depressione. Suo padre (che pensava d’inviarla di nuovo a New York, per farle intraprendere una carriera professionale nella decorazione e architettura), affinché si svagasse, la invitò a partecipare al ballo Blanco & Negro, organizzato dal Country Club di Città del Messico: un evento che coinvolgeva le giovani più affascinanti dell’alta società, tra cui sarebbe stata eletta una reginetta di bellezza. Coi suoi occhi azzurri, Miroslava conquistò quel titolo, e con esso un sussidio per studiare recitazione in California presso la RKO; ella prese quest’opportunità molto sul serio. Quando tornò da Hollywood non si era «convertita in una Bette Davis», come disse scherzando, ma in una donna molto affascinante e decisa a intraprendere la carriera d’attrice.
Per farlo al meglio, a Città del Messico s’iscrisse alla prestigiosa accademia di recitazione dell’attore, regista e coreografo giapponese Seki Sano (1905-66), un discepolo di Stanislavski che per il prezioso ruolo formativo esercitato su tanti giovani attori, venne poi definito «il padre del teatro messicano». Lì conobbe Jesús Jaime Gómez Obregón, di famiglia benestante, un ragazzo che studiava per diventare regista: se ne innamorò, e lo sposò il 2 febbraio del ’46. Ma le sue nozze durarono pochi mesi, perché Obregón, noto come ‘el Bambi’, in realtà era omosessuale: il matrimonio era stato pilotato dalla sua famiglia e da alcuni amici gay per far tacere le voci sulla natura del suo vero orientamento sessuale. L’ingenua Miroslava, non appena apprese la verità, e scoprì che il marito la tradiva con un uomo, chiese il divorzio, che ottenne quell’anno stesso.
Proprio nel ’46 esordì davanti alla macchina da presa in Bodas trágicas di Gilberto Martínez Solares, una versione moderna e latinoamericana dell’Otello, dov’ebbe il ruolo di Amparo, la Desdemona di turno; nei credits ella apparve come Miroslava, e fu la prima attrice del cinema messicano a presentarsi col solo nome. Lo stesso anno, fu Beatriz nel drammatico Cinque volti di donna (Cinco rostros de mujer) dello stesso Martínez Solares, accanto ad Arturo de Córdova. Nel ’47 la sua carriera proseguì con la partecipazione a cinque films (¡*A volar joven!* di Miguel Delgado, Juan Charrasqueado di Ernesto Cortázar, Capitan Casanova di Roberto Gavaldón, Nocturno de amor di Emilio Gómez Muriel e Una aventura en la noche*** di Rolando Aguilar), nei quali ebbe occasione di lavorare di nuovo con de Córdova e altri grandi attori del cinema messicano come Pedro Armendáriz e il comico Mario Moreno detto Cantinflas. Capitan Casanova (Casanova aventurero) fu la prima delle quattro pellicole da lei interpretate che venne girata ad Hollywood.
Apparve poi in Secreto entre mujeres di Víctor Urruchúa (’48), Schiavi dell’odio (La posesión, ’49) di Julio Bracho, dove fu partner del celebre cantante e attore Jorge Negrete, nel divertente La liga de las muchachas di Fernando Cortés (id.), ne La casa chica di Gavaldón (’50), con Dolores Del Río, l’attrice messicana più conosciuta all’estero, ne La muerte enamorada di Ernesto Cortázar (id.) e in Monte de Piedad di Carlos Véjar (id.), con Armando Calvo. Nel ’51 i films a cui prese parte furono addirittura sei: El puerto de los siete vicios di Eduardo Ugarte, Fiesta d’amore e di morte (The brave bulls) di Robert Rossen, la sua seconda pellicola girata ad Hollywood, con Mel Ferrer e il messicano naturalizzato statunitense Anthony Quinn, il bellissimo Trotacalles di Matilde Landeta, la storia di due sorelle che - in modo diverso - si prostituiscono, Carcere di donne (Cárcel de mujeres) di Miguel Delgado, Ella y yo dello stesso Delgado, con Armendáriz, e Dos caras tiene el destino di Agustín Delgado.
La sua bellezza un po’ algida, che anticipava vagamente quella di Catherine Deneuve, si accompagnava a un carattere instabile, frequente a passare dal nervosismo all’irascibilità e alla profonda malinconia; come attrice era versatile: sapeva imporsi tanto nei ruoli drammatici e melodrammatici quanto nella commedia. Nel ’52 ella interpretò quattro film: Música, mujeres y amor di Chano Urueta, Screen snapshots: Hollywood on the Ball di Ralph Staub, la sua terza pellicola statunitense, con Bob Hope, Doris Day, Mickey Rooney, Mona Freeman e molt’altri attori, tutti nel ruolo di se stessi, La bestia magnifica (Lucha libre) di Urueta, e Sueños de gloria di Zacarías Gómez Urquiza.
Altrettanti ne interpretò nel ’53: Le tre moschettiere (Las tres perfectas casadas) di Gavaldón, con de Córdova, film per il quale ottenne una nomination al Premio Ariel dell’Academia Mexicana de Cine, Il mostruoso dottor Crimen (El monstruo resucitado) di Urueta, Reportaje di Emílio Indio Fernández, con de Córdova, Negrete, María Félix, la Del Rio e altri popolari attori, e Más fuerte que el amor di Tulio Demicheli. L’anno seguente apparve nel delicato La visita que no tocó el timbre di Julián Soler, in Escuela de vagabundos di Rogelio González, con Pedro Infante, e nel western Il paradiso dei fuorilegge (Stranger on Horseback) di Jacques Tourneur, il suo quarto e ultimo film girato ad Hollywood, a fianco di Joel McCrea. Agl’inizi del ’55 il regista Luis Buñuel le offrì la parte di Lavinia in Estasi di un delitto (Ensayo de un crimen), con Ernesto Alonso, tratto dall’omonimo romanzo di Rodolfo Usigli: un film definito da Alberto Moravia l’«allegoria trasparente dell’impotenza sessuale».
A film appena concluso (il suo trentaduesimo), Miroslava si suicidò ingerendo una forte dose di barbiturici: era il 9 marzo del ’55 e l’attrice contava ventinove anni e undici giorni. Era rientrata a casa il giorno prima (abitava a Città del Messico in calle de Kepler 83, colonia Anzures en Polanco) e aveva detto alla governante, la signora Rosario Navarro, che intendeva riposare un paio di giorni. L’indomani, al ritorno della governante, le aveva confermato di volere riposare, pregandola, se veniva suo padre, di dirgli che non si trovava in casa. Il 10 marzo, alle undici del mattino, la signora Navarro tornò da lei e la chiamò ripetutamente senz’avere risposta: pensò stesse dormendo; un’ora dopo, non ottenendo ancora risposta telefonò a Oscar Stern per avere il permesso di forzare la porta, chiusa dall’interno. Chiamò l’attrice Ninón Sevilla, amica di Miroslava, e una volta giunta, scavalcando un balcone entrarono nella sua camera: la padrona di casa era sdraiata a letto, esanime: indossava un negligé bianco e una vestaglia color fragola e aveva accanto un scatola di Ayerlucin (barbiturico), un flacone di Dodecalivez e tre lettere. La salma di Miroslava venne trasferita in un’agenzia funeraria, dove l’attrice Dolores Camarillo s’incaricò di comporla; quindi venne portata nel Panteón Francés de la Piedad, e qui, su richiesta del padre, cremata senza che venisse effettuata l’autopsia; le sue ceneri restarono per molto tempo in questo cimitero, nella Cripta Osario, nicchia 104.
Giornali e rotocalchi messicani fecero a gara per spiegare il motivo di quel gesto estremo. Le tre lettere erano indirizzate rispettivamente al suo rappresentante legale Edoardo Lucio, con la richiesta di pagare alcuni debiti, al padre e al fratello: in lingua ceca, Miroslava si congedava da essi chiedendo di perdonarla, e ad Ivo pregava di scrivere e inviare una campanella d’argento che aveva al torero Dominguín «e che sia felice». Ella serrava nella mano destra una foto dove appariva a fianco di Dominguín e della madre di questi. Noto per le relazioni amorose con Rita Hayworth, María Félix e Ava Gardner, il 2 marzo di quell’anno Luis Miguel Dominguín si era sposato in Nevada con l’attrice Lucia Bosé: e subito s’ipotizzò nelle sue nozze la causa del suicidio di Miroslava. Ella aveva conosciuto il torero l’anno prima a Città del Messico, e l’aveva poi rivisto in Europa, quando aveva rappresentato il cinema messicano al Festival di Venezia; voleva recarsi in Spagna, ma inizialmente le autorità franchiste le avevano vietato l’ingresso, accusandola d’essere una spia comunista: Dominguín aveva garantito per lei e l’aveva accompagnata durante il soggiorno, ospitandola nella sua finca Villa de la Paz presso Saeces (Cuenca); tra loro c’era stata una relazione, conclusasi in dicembre quando Miroslava era rientrata in Messico. Dominguín non era stato l’unico amore dell’attrice: si sa che ebbe vincoli col discusso miliardario Jorge Pasquel (morto il giorno prima di lei, con altre sei persone, in un incidente aereo presso San Luis Potosí), coi colleghi attori Arturo de Córdova, Steve Cochran, Pedro Armendáriz, e - il più importante di tutti - col comico Mario Moreno detto Cantinflas, il quale s’era rifiutato di lasciare la moglie per sposarla. La verità è che da tempo Miroslava viveva una profonda depressione, che aveva la sua origine più lontana nei bombardamenti di Praga e nel distacco dalla nonna; la perdita del fidanzato e della madre, l’inganno del matrimonio e le delusioni sentimentali subìte in seguito non fecero altro che peggiorare il suo stato di prostrazione psichica.
Il film di Buñuel giunse nelle sale venticinque giorni dopo la morte, il 3 aprile. Nell’autobiografia Mon dernier soupir (1983), il grande regista spagnolo rammentò l’ironia della cremazione dell’attrice, perché in una scena di Estasi di un delitto il protagonista cremava una perfetta riproduzione in cera di Lavinia, il personaggio da lei interpretato. Miroslava è apparsa in tre documentari postumi: El charro inmortal di Rafael Portas (’55), Torero di Carlos Velo (’56) e México de mis amores di Nancy Cárdenas (’79). Nel 1993 Alejandro Pelayo ha diretto il film Miroslava, con l’attrice e cantante francese Arielle Dombasle nei panni della protagonista, mentre nel film Cantinflas di Sebastián del Amo (2014), a interpretare la sua figura è stata Ana Layevska.