Dalla serie di articoli dedicati a personaggi del Cinema e del teatro
I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"
Dorothy Dell
I dimenticati, 88.
Di
Virgilio Zanolla
Fin dai primordi della settima arte, il firmamento del cinema è stato costellato di meteore: personaggi saliti presto alla ribalta e altrettanto presto spariti, qualcuno allontanatosi di propria iniziativa, altri congedati dalle case di produzione a causa del mutamento di gusto da parte del pubblico, altri ancora per via di traumi, o della prematura scomparsa.
Dorothy Dell appartiene a quest’ultima categoria: ottima attrice e ispirata cantante, dalla voce molto personale, la morte la colse all’età di appena vent’anni, quattro mesi e nove giorni.
Era nata il 30 gennaio 1914 ad Hattiesburg, una città del Mississippi situata poco meno di duecento chilometri a nord-est di New Orleans e 148 chilometri a sud-est della capitale dello stato, Jackson, in una famiglia che occupava un elevato ruolo sociale. Suo padre, Elbert Lee Goff, commerciante di legname e intrattenitore, discendeva in linea diretta da uno dei proprietari del “Mayflower”, il galeone che nel 1620 portò in America i padri pellegrini, ed era parente del senatore virginiano Guy Shepard Goff e del giudice John William Goff della Corte Suprema di New York; sua madre, Lillan Hellen Davis, tramite il bisnonno era lontana parente di Jefferson Davis, il presidente degli Stati Confederati del Sud durante la guerra civile americana. Dopo Dorothy, nel ’15 i suoi genitori ebbero una seconda figlia, Hellen.
Non c’è troppo da stupirsi se quando contava appena tredici mesi, in virtù dei suoi suggestivi occhi grigi e dei capelli castano chiari, la loro primogenita si aggiudicò il suo primo concorso di bellezza, venendo eletta reginetta di Hattiesburg.
Nel 1925 la famiglia si trasferì a New Orleans, dove Dorothy frequentò la Sophie Wright High School, un istituto per ragazze in cui seppe subito mettere in evidenza la notevole qualità della sua voce, tanto che l’organista Wesley Lord l’indusse a presentarsi al Sanger Theater (dov’ella cantò da par sua una canzone composta da lui, Louisiana Moon), e le assicurò un contratto per esibirsi presso l’emittente radiofonica locale. Nel contempo, sfruttando la sua attraente figura, si propose in molti concorsi di bellezza, riuscendo quasi sempre a ottenere la migliore visibilità: venne arruolata come “bellezza al bagno”, e fu eletta “La ragazza dalla schiena perfetta”, “Miss Biloxi”, “Miss American Legion” e - nel 1930, diciassettenne - “Miss New Orleans”, sbaragliando altre 74 concorrenti. Questo titolo la portò a competere quell’anno stesso all’International Pageant of Pulchritude di Galveston, in Texas, dove s’impose come “Miss Universo” (concorso e titolo che non vanno confusi con quello istituito nel 1952 e tuttora in essere). Col senno di poi, giudicando dai filmati e dalle fotografie, questo suo cursus honorum ci pare un tantino eccessivo: perché Dorothy era indubbiamente una ragazza piacente, di una grazia vistosa e dalle gambe perfette, ma non aveva lineamenti altrettanto armoniosi. Sulla necessità di sfruttare la sua vittoria aveva però le idee molto chiare: «Se sai cantare o ballare, fallo sapere. Se sai recitare, insisti a mostrarlo. Altrimenti diventerai solo un’altra ragazza che indossa uno striscione sopra un costume da bagno» disse. Diventare “Miss Universo” le diede modo di affacciarsi al mondo del vaudeville, che giudicò saggiamente il più adatto ai suoi mezzi espressivi; eppoi, scegliendo questo circuito era certa di poter aiutare a farsi strada la sua migliore amica, la neorleanese e coetanea Mary Leta Dorothy Slaton: con lei infatti venne ingaggiata dalla compagnia di rivista del famoso duo coreografico Fanchon e Marco, per una tournée di otto mesi in California in cui esse apparivano in prologhi danzanti al Fox-Wilson Theatre di Fresno, prima delle proiezioni.
Nel 1931 si trasferì a New York. Qui, esibendosi come cantante in un evento benefico, una sera venne scoperta dal noto impresario Florenz Ziegfeld, che l’assunse nelle Ziegfeld Follies, dove da luglio a novembre si produsse a Broadway cantando un assolo, Was I Drunk? L’anno seguente, sempre con le Ziegfeld Follies, intraprese una tournée che la portò a Baltimora e a Chicago. Qui ritrovò l’amica Dorothy Slaton: la quale nel frattempo, proclamata “Miss New Orleans” nell’edizione successiva a quella da lei vinta, s’era trasferita lì tentando la fortuna come cantante, e utilizzando il cognome del patrigno aveva assunto il nome d’arte di Dorothy Lamour, col quale presto si farebbe imposta ad Hollywood. Anche la nostra Dorothy assunse un nome d’arte, e lo fece semplicemente omettendo il proprio cognome, facendosi chiamare Dorothy Dell. Tornata a New York, riprese a esibirsi dal microfono della NBC con un programma di canzoni. In dicembre apparve nelle sale cinematografiche la sua prima prestazione davanti alla macchina da presa, lo short Passing the Buck, diretto da RoyMack, con Alexander Gray, Victor Kilian, Edwin Jerome, Nina Mae McKinney e alcuni complessi di danza: un cortometraggio scherzoso che vedeva il primo segretario al Tesoro degli Stati Uniti Alexander Hamilton impegnato in una discussione monetaria col presidente Abraham Lincoln, vissuto circa mezzo secolo dopo di lui, il tutto allietato da alcuni numeri musicali, uno dei quali interpretato da Dorothy.
Nel giugno 1933 ella ebbe un ruolo nella rivista musicale Tattles Tale, accanto a Frank Fay, Janet Reade (poi rimpiazzata da Barbara Stanwyck, allora moglie di Fay) e Guy Robertson, che tenne il cartellone al Broadhurst Theatre di Broadway; Dorothy cantava due canzoni, Breaking Up a Rhythm e Sing American Tunes. In quel periodo, sulla stampa il suo nome fu spesso associato a quello del cantante, autore di canzoni, violinista e attore Russ Columbo, conosciuto il giorno in cui si era presentata all’audizione da Ziegfeld e in seguito rivisto alla NBC; lei e Russ avevano intrapreso una relazione: ma il manager di lui, Con Conrad, non vedendola di buon occhio s’ingegnò con successo a farla finire, pubblicizzando una serie di flirt del suo protetto con star del cinema come Pola Negri e Greta Garbo, inventati di sana pianta. (L’anno seguente il povero Columbo, che nel frattempo si era consolato avviando una relazione con Carole Lombard, perse la vita a soli ventisei anni colpito accidentalmente dall’arma da fuoco di un suo amico). Nell’ottobre 1933 Dorothy si trasferì con la famiglia ad Hollywood, dove il 17 di quel mese firmò un contratto a lungo termine con la Paramount Pictures. La prima pellicola a cui prese parte fu il drammatico Wharf Angel di William Cameron Menzies e George Somnes, accanto a Victor McLaglen, Preston Foster, Alison Skipworth e Mischa Auer: Dorothy era Toy, la cantante di un saloon della Costa dei Barbari contesa da due fuochisti. Il film riscosse un certo successo e lusinghieri consensi critici, sicché la Paramount cominciò a pensare a lei come a una futura stella di Hollywood. Non a caso, nel suo prossimo film, la commedia drammatica Little Miss Marker di Alexander Hall (’34), affiancò interpreti del calibro di Adolphe Menjou, Charles Bickford, Lynne Overman, e soprattutto la protagonista, Shirley Temple, che pur non contando ancora sei anni aveva già all’attivo la partecipazione a oltre venti pellicole. La trama strappalacrime narra di Marky (la Temple), figlia d’un giocatore d’azzardo che si suicida dopo aver perso l’ennesima scommessa: assegnata come ‘garanzia’ all’allibratore Sorrowful Jones (Menjou), ella pian piano ne intenerisce il cuore, al punto che con l’aiuto di Bangles Carson (Dorothy), fidanzata del boss della gang Big Steve (Bickford), egli finirà per adottarla, impalmando Bangles con buona pace del suo ex fidanzato. Di questo film nel 1980 è stato girato un gustoso remake, E io mi gioco la bambina di Walter Bernstein, interpreti Sara Stimson, Walther Matthau, Julie Andrews e Tony Curtis. Durante la lavorazione di Little Miss Marker tra Dorothy e la Temple, pur di lei così più giovane, nacque un bellissimo rapporto d’amicizia.
Nel film che seguì, la commedia musicale Shoot the Works di Wesley Ruggles (id.), dove lavorò con Jack Oakie, Ben Bernie, Alison Skipworth, Roscoe Karns, Arline Judge e William Frawley, Dorothy si mise in luce nei panni della cantante Lily Raquel, interpretando la bellissima ballata With My Eyes Wide Open, I’m Dreaming, che divenne un motivo di successo.
Il suo prossimo impegno cinematografico avrebbe dovuto essere Rivelazione (Now and Forever, id.) di Henry Hathaway, un melodramma sentimentale e musicale con l’amica Shirley Temple e Gary Cooper; per lei si trattava della parte più impegnativa della carriera: nella trama era Toni, la seconda moglie di Jerry Day (Cooper), un cinico lestofante che dopo aver tentato di sfruttare la figlia di primo letto Penny (Temple) finiva per affezionarsi a lei e alla fine si mostrava pronto a emendarsi. Purtroppo, quando la lavorazione della pellicola era appena avviata, Dorothy improvvisamente perse la vita.
Il fatto accadde la notte dell’8 giugno 1934. Quella sera, per rilassarsi dal ritmo delle riprese, l’attrice accettò l’invito del dottor Carl Wagner, un amico trentottenne che aveva operato sua madre, e in auto l’accompagnò da lei a Pasadena. Dopo quell’incontro, Wagner la portò a una festa in una locanda ad Altadena. Usciti di lì molto tardi, si diressero nuovamente a Pasadena. D’un tratto l’auto condotta da lui, - che, come più tardi appurò la polizia, procedeva alla velocità di circa 110 km all’ora - sbandò in una curva della Lincoln Avenue di Pasadena, abbatté un palo del telefono e uscì di strada, sbattendo contro una palma e carambolando andò a cozzare contro un masso: Dorothy morì sul colpo, Wagner sei ore dopo in ospedale.
Fatalista, già alcune volte l’attrice sentiva d’aver sfiorato la morte. Da bambina, aggredita da un cane, era stata salvata dal padre, che l’aveva ucciso. Nel ’31, quando lavorava nelle Ziegfeld Follies, l’invitarono a bordo di uno yacht per una festa del cantante Harry Richman: lei rifiutò, e la ragazza che la sostituì morì in seguito a un’esplosione verificatasi a bordo. Qualche settimana più tardi rimase seriamente ferita a causa di un incidente d’auto che la costrinse per due mesi in ospedale. E poco tempo dopo contrasse una forma d’influenza ed esibendosi nelle Follies si ruppe una gamba. Il giorno precedente a quello della sua morte fu udita affermare: - Dicono che i decessi avvengano a cicli di tre. Prima è toccato a Lilyan Tashman, poi a Lew Cody [due noti attori spentisi rispettivamente il 21 marzo e il 31 maggio di quell’anno; Cody proprio mentre lavorava in Shoot the Works]... Mi chiedo: chi sarà il prossimo?
Dopo la sua morte, qualcuno sostenne che il dottor Wagner fosse il suo fidanzato, ma l’illazione venne subito smentita, perché - dopo una breve relazione con l’ex pugile Jack Dempsey, già campione del mondo dei pesi massimi - l’attrice si era fidanzata col caricaturista Nat Carson, che in quel momento si trovava a Londra: ella contava di raggiungerlo al termine delle riprese e sposarsi là con lui. I funerali di Dorothy si tennero a Hollywood il 10 giugno; durante le esequie, la sua ex collega e amica Ruth Etting cantò The Rosary. Le sue spoglie riposano in Louisiana, nel Metairie Cemetery di New Orleans. Alla notizia della sua scomparsa, la Paramount corse ai ripari assegnando la sua parte a Carole Lombard. Con intelligente cinismo, alla Temple non venne detto nulla, finché non si giunse alla scena in cui Penny scopre che il padre le aveva mentito affermando di non aver rubato una collana; messa al corrente del tragico evento la bambina prodigio ruppe in un pianto dirotto, che ripreso dalle telecamere si rivelò di grandissima resa espressiva. La piccola Shirley restò così turbata che la produzione fu costretta a sospendere per qualche giorno le riprese del film. Si noti ancora che in origine la pellicola aveva un diverso e poco lieto finale: nel quale, ferito da un’arma da fuoco Jerry moriva, e Toni, subentrata alla guida dell’auto in cui si trovavano, decideva di uccidersi conducendo il mezzo su un terrapieno.
I tre film Paramount a cui aveva preso parte uscirono tutti nel 1934, ma Dorothy fece in tempo a vedere solo i primi due. Per la sua parte in Wharf Angel, uscito nelle sale in marzo, il “New York Times” la definì un’«affascinante debuttante». Per quella in Little Miss Marker, distribuito in maggio, lo stesso quotidiano riconobbe che si trattava di un «vero talento». Shoot the Works, che apparve in programmazione undici giorni dopo la sua morte, portò i critici a paragonarla a Mae West per il modo di cantare.
La popolarità appena raggiunta non venne scalfita dalla sua scomparsa: basti dire che due anni dopo l’Hollywood Post Office riceveva ancora lettere indirizzate a lei dai suoi molti fans.