Dalla serie di articoli dedicati a personaggi del Cinema e del teatro
I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"
Mirtha Legrand
Diari di Cineclub n°93, IV 2021
Di
Virgilio Zanolla
È con vero piacere che, per la prima volta in questa rubrica, presento un personaggio vivente, una ‘dimenticata’ che è tale solo nel nostro paese, giacché la sua notorietà ha varcato da un pezzo i confini dello stato in cui è nata, ha vissuto, operato e opera tuttora: l’attrice e presentatrice argentina Mirtha Legrand, un fenomeno forse unico al mondo. Novantaquattrenne, la Legrand ha alle spalle ben ottantun anni d’ininterrotta carriera artistica: infatti, dopo essere stata una delle principali dive del cinema argentino dell’epoca d’oro, conduce dagli anni Sessanta uno dei più seguiti programmi televisivi. È come se, da noi, Alida Valli si fosse mutata in Maurizio Costanzo, se negli Stati Uniti Veronika Lake si fosse trasformata in David Letterman. Con questa fondamentale differenza: che mentre Costanzo conduce lo show che porta il suo nome dal 1982 e Letterman ha condotto il suo dall’82 al 2015, il programma Almorzando con Mirtha Legrand (all’inizio, Almorzando con las estrellas) va in onda - sia pure con alcune interruzioni, dovute a cambi di rete e rivolgimenti politici - dal 1968, cioè da ben cinquantatré anni. Dopo la morte di Diego Maradona (uno dei suoi ospiti, col quale ebbe un ottimo rapporto), si può senz’altro affermare che Mirtha sia la personalità argentina vivente più conosciuta al mondo assieme a Messi e papa Francesco, e la più nota tra quelle che vivono in patria. Rosa María Juana Martínez Suárez è nata il 23 febbraio 1927 a Villa Cañás, una cittadina in provincia di Rosario circa 200 km a nord-est di Buenos Aires, da José Martínez, commerciante, e Rosa Suárez, maestra, immigrati spagnoli, i quali ebbero altri due figli: José Antonio (1925-2019), futuro regista e sceneggiatore, e la gemella di Mirtha, María Aurelia (1927-2020), anch’ella celebre attrice nota come Silvia Legrand. Mirtha e Silvia (chiamate in famiglia Chiquita e Goldi) compirono gli studi elementari all’Escuela Fiscal di Santa Fé. Nel ’34, Rosa e i tre figli si trasferirono a Rosario, mentre il marito restò per lavoro a Villa Cañás, trascorrendo coi familiari solo i fine settimana. Le sorelle proseguirono gli studi al collegio María Auxiliadora, e nel contempo presero lezioni di canto, recitazione, pianoforte, danza classica e danze spagnole presso il Teatro Municipal. Il 19 gennaio del ’37, operato malamente per la rimozione di un’ulcera al duodeno, il loro padre morì. Rosa si trasferì coi figli a Buenos Aires, in una casa del barrio La Paternal; qui le gemelle ultimarono gli studi alla scuola Provincia de Mendoza, e studiarono recitazione all’Instituto PAADI, all’Accademia Gaete e al Conservatorio Nacional de Arte Escénico. A dodici anni Rosa María fu eletta reginetta del popolarissimo carnevale del Corso dell’Avenida de Mayo, e a incoronarla fu il presidente della nazione, Roberto Marcelino Ortiz (l’anno dopo, come reginetta le successe la sorella). A questi eventi aveva presenziato anche il regista Luis César Amadori (Pescara, 1902-Buenos Aires, 1977), che anni dopo, ricordandosi di loro, offrì ad entrambe una piccola parte nel film Hay que educar a Niní (1940), commedia di cui era protagonista la grande Niní Marshall; le gemelle non si fecero sfuggire l’occasione: in quel momento, oltrettutto, la loro famiglia versava in condizioni economiche disagiate. L’anno dopo, il regista Antonio Momplet le volle per due altre piccolissime parti in un’altra commedia, Novios para las muchachas, con Tito Lusiardo, Amelia Bence, Felisa Mary, Nélida Bilbao e Silvana Roth. Quell’anno stesso, a puntare sull’appena quattordicenne Rosa María fu il regista Francisco Mugica, che le assegnò la parte di protagonista nel film Los martes, orquídeas, accanto ad attori di fama come Enrique Serrano, Juan Carlos Thorry e Felisa Mary, e le giovani e come lei future dive Silvana Roth, Nury Montsé e Zully Moreno. In tale circostanza, la madre di Rosa María affidò la carriera cinematografica delle sue figlie al rappresentante Ricardo Cerebello, al quale si devono i loro nomi d’arte: Mirtha e Silvia Legrand. La trama di Los martes, orquídeas è deliziosa: per rafforzare la fiducia in se stessa della timida Elena (Mirtha), unica delle sue quattro figlie a non avere il moroso, Saturnino (Serrano) le invia ogni martedì un mazzo di orchidee, facendole credere si tratti dell’omaggio d’un ammiratore; e finisce per reclutare nel ruolo un giovane squattrinato, che naturalmente s’innamorerà di lei, riamato. Non per caso, il film aprì il filone delle «comedias blancas» argentine, equivalenti a quelle dei nostri «telefoni bianchi», ed ebbe tra i remakes il musical Non sei mai stata così bella di William Seiter (’42), con Rita Hayworth e Fred Astaire. Per la quattordicenne Mirtha, astretta dal copione a baciare il trentatreenne Thorry (ma la scena poi fu tagliata), si trattò di una formidabile scuola di vita. Alla prima del film, il 4 giugno ’41 al cinema Broadway di Buenos Aires, ella - com’ebbe a ricordare - giunse là in tram con la famiglia e tornò a casa con essa in Cadillac, accompagnata da un ammiratore.
A quel suo primo successo, seguirono altri ottimi esiti, che fecero di lei, con María Duval (anch’ella ancora tra noi) la reginetta delle «blancas»: Soñar no cuesta nada di Amadori (’41), dove ritrovò Silvia, Adolescencia ed El viaje di Mugica (’42), rispettivamente accanto ad Ángel Magaña e Roberto Airaldi, Claro de luna di Amadori (id.), ancora con Silvia e con Airaldi, El espejo di Mugica (’43), con Airaldi, il drammatico Safo, historia de una pasión di Carlos Hugo Christensen (id.), con Mecha Ortiz e Roberto Escalada, la prima pellicola argentina proibita ai minori di diciott’anni (Mirtha ne aveva sedici!), La pequeña señora de Pérez di Christensen (’44), bellissima commedia con Thorry per la quale venne premiata come miglior attrice argentina dell’anno dall’Academia de Cine y Arte Audiovisuales e dall’Asociación de Cronistas Cinematográficos; essa ebbe un seguito ne La señora de Pérez se divorcia (’45), dello stesso regista e coi medesimi protagonisti. Altre interpretazioni offrì in Mi novia es un fantasma di Mugica (’44), con Pepe Iglesias, La casta Susana di Luis Saslavsky (id.), con Thorry, dove impersonò la giovane moglie di un ufficiale, che premiata per la sua virtù è in realtà circondata di amanti, e María Celeste di Julio Saraceni (’45), con Pedro López Lagar, in cui fu María, l’unica donna di un’isola disputata da un equipaggio di naufraghi.
Mirtha stava crescendo: e dopo una breve relazione con un militare di Córdoba, conobbe a diciott’anni, sul set della commedia Cinco besos di Saslavsky (’45), l’allora trentacinquenne Daniel Tinayre, regista e sceneggiatore franco-argentino, che sposò il 18 maggio ’46, e dal quale ha avuto i figli Daniel Andrés (1948-99) e Marcela (1950). La sua carriera nel cinema proseguì con due commedie tratte da opere teatrali del nostro Aldo De Benedetti, entrambe dirette da Luis Mottura: Un beso en la nuca (’46) e Treinta segundos de amor (’47), quest’ultima remake del film Trenta secondi d’amore di Mario Bonnard (’36), dov’era protagonista la bravissima Elsa Merlini. Con El retrato di Carlos Schlieper (’47), accanto a Thorry, una delle migliori commedie argentine di quegli anni, abbandonati i ruoli da ingenua Mirtha si mostrò finalmente in tutto il suo fascino sensuale. Seguirono Como tú lo soñaste di Lucas Demare (’47), con Francisco Petrone e Guillermo Battaglia, Pasaporte a Río diretto del marito (’48), accanto ad Arturo de Córdova, dove mostrò tutta la sua vocazione drammatica, la commedia musicale Vidalita di Saslavsky (id.), accanto a Fernando Lamas e Narciso Ibáñez Menta, La doctora quiere tangos di Alberto de Zavalía (’49), La vendedora de fantasías diretta dal marito (’50), una garbata commedia poliziesca con Alberto Closas, il bellissimo Esposa último modelo di Schlieper (id.), accanto a Magaña e a Osvaldo Miranda, il thrilling El pendiente di León Klimovsky, con José Cibrián, e il drammatico La de los ojos color del tiempo di Amadori (’52). Quindi si recò in Spagna per interpretare accanto ad Armando Calvo Doña Francisquita di Ladislao Vajda (’53), la sua unica pellicola a colori. Apparve poi con Closas nella commedia poliziesca Tren internacional diretta dal marito (’54), fu con Tita Merello e Zully Moreno protagonista del film drammatico e sentimentale in tre episodi El amor nunca muere di Amadori (’55), e interpretò La pícara soñadora di Ernesto Arancibía (’56).
Nella seconda metà degli anni Cinquanta Mirtha rallentò notevolmente l’attività cinematografica, perché approcciò con ottimi esiti teatro e televisione. Aveva iniziato con la radio, nei primi anni Quaranta, presentando con la sorella un programma di grande successo, El club de la amistad su Radio Splendid. Nel ’57 esordì in palcoscenico e nel ’58 in tv, in entrambi i casi con ottimi riscontri. Tornò al cinema nel ’59 in un bellissimo film del marito, En la ardiente oscuridad, ambientato in un istituto per non vedenti: questa prova le valse il premio quale migliore attrice argentina dell’anno. Nel ’60, in un altro incisivo film di Tinayre, La patota, affrontò il suo ruolo più drammatico nei panni di Paulina Vidal, un’insegnante che viene oltraggiata da alcuni suoi alunni. Sempre quell’anno, prese parte a Sabado a la noche, cine, una commedia di Fernando Ayala. Nel ’62 fu la prostituta Inés Després in un altro film del marito, Bajo un mismo rostro, dove dopo quasi diciott’anni tornò a lavorare con l’amata sorella Silvia, che vestiva i panni di una suora. Nel ’63, nella commedia satirica La cigarra no es un bicho di Tinayre, interpretò l’algida Herminia, amante e compagna di lavoro del giornalista Rubén Cooper (Magaña), in un cast prestigioso che includeva Amelia Bence, Narciso Ibáñez Menta, Enrique Serrano, Luis Sandrini, Guillermo Battaglia e altri popolarissimi attori; la pellicola ottenne grande successo. Il drammatico Con gusto a rabia di Ayala (’65) è stato l’ultimo film dei trentasei a cui ella ha preso parte, come Ana, signora della buona società amante di Diego (Alfredo Alcón), uno studente della facoltà di Medicina che partecipa all’assalto d’un ospedale; la trama si ispirava a un fatto reale, il sanguinoso assalto al Policlínico Bancario di Buenos Aires da parte del gruppo Tacuara, una banda di guerriglieri, il 29 agosto ’63.
Chiuso col cinema, diradati eppoi conclusi gl’impegni teatrali, dalla metà degli anni Sessanta Mirtha si è dedicata anima e corpo al secondo grande amore della sua carriera d’artista, la televisione. Dove ha lavorato in tre serie tv (l’ultima delle quali nel 2012), e dal 3 giugno ’68, appunto, conduce il suo Almorzando: una trasmissione attualmente in onda ogni domenica dalle tredici alle quindici e trenta, dov’ella funge da anfitriona ospitando a tavola per il pranzo i più vari personaggi, argentini e internazionali: non solo sportivi, attori e cineasti, anche cantanti, scrittori, artisti, industriali, medici, amministratori e uomini politici, inclusi alcuni presidenti della nazione. Si pranza e si discute, e a seconda degli ospiti, vi sono siparietti con esecuzioni di brani musicali, di sketch, di esibizioni di vario genere: un format indovinatissimo che Mirtha conduce magistralmente, non risparmiando, quand’è il caso, battute e osservazioni ficcanti, critiche e vere e proprie stilettate, ma sempre con invidiabile savoir faire: come quando chiese all’allora governatore della provincia di Buenos Aires Eduardo Duhalde, futuro presidente argentino negli anni 2002-3: - Mi dica, governatore, lei quali relazioni ha col narcotraffico?
Da Canal 9 a Canal 13, ad ATC, América 2, América TV.71, El Trece, in oltre mezzo secolo di dirette Mirtha ha avuto al suo tavolo personaggi come Libertad Lamarque, Rita Hayworth, Rocío Jurado, Carlos Monzón, Diego Maradona, Alain Delon, Antonio Banderas, i presidenti argentini in carica Raúl Alfonsín, Carlos Menem, Hugo Chávez e Néstor Kirchner. È stata contestata, censurata e più volte tenuta lontana dal suo programma (in particolar modo sotto la presidenza di Alfonsín), ha dovuto far fronte a grandi dolori personali (la morte del marito nel ’94, quelle del figlio Daniel nel ’99, del fratello José Antonio nel ’19 e della sorella Silvia nel ’20), ma è sempre tornata al suo posto, amatissima dal pubblico, perché, com’ebbe a dire il sociologo Juan José Sebreli, «le doti innate di Mirtha sono affini a quelle di un leader politico».
Nella puntata che ha visto il suo ritorno alla guida della trasmissione (nei mesi più terribili dell’emergenza dovuta al Covid, per evitarle rischi è stata sostituita nella conduzione da sua nipote, l’attrice Juana Viale), nel dicembre ’20, Mirtha ha visto al suo tavolo la figlia Marcela Tinayre, la nipote Juana Viale e la bisnipote Ámbar de Benedictis: quattro bellissime donne, per un caso forse unico di ‘matriarcato’ televisivo.