#330 - 13 maggio 2023
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Cinema

Dalla serie di articoli dedicati a personaggi del Cinema e del teatro
I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"

I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"

Jose' Mojica

Diari di Cineclub - 106 VI del 2022

Di

Virgilio Zanolla

Jose' Mojica

Oggi propongo all’attenzione una delle personalità più singolari del cinema messicano dei cosiddetti anni d’oro, ahimé semisconosciuta in Italia: un cantante e attore di grandissimo successo, che dopo essersi esibito in alcuni dei maggiori teatri d’opera del mondo passò a lavorare davanti alla macchina da presa, riscontrando notevoli esiti anche nel cinema argentino e in quello statunitense; ma a un certo punto, quando si trovava all’apice della carriera... Sto parlando di José Mojica.

Crescenciano Abel Exaltación de la Cruz José Francisco de Jesús Mojica Montenegro y Chavarín, questo il suo nome completo, era nato il 14 settembre del 1896 a San Gabriel, cittadina dello stato di Jalisco a un’ottantina di chilometri dalla costa messicana sul Pacifico, dove in passato la sua famiglia aveva posseduto alcune piantagioni di caffé e zucchero. Il nome del suo padre biologico ci è - e gli fu - ignoto; quel che si sa è che sua madre, Virginia, sposò tale Francisco Bracamontes, dal quale ebbe un altro figlio, morto infante; ma a quanto pare il marito non legò molto con José.

Jose' MojicaJose' Mojica

Questi aveva sei anni quando il suo patrigno morì, e sua madre si trasferì con lui a Città del Messico, dove José entrò nel collegio Saint Marie, quindi studiò nell’Escuela Elemental n° 3, nel collegio di San Ildefonso e all’Academia di San Carlos. In seguito, fu iscritto alla Escuela Nacional de Agricultura, dove studiò per quattro anni agronomia; ma a decidere della sua sorte fu il deflagrare della rivoluzione, che nel 1911 causò la chiusura dell’istituto. A quel punto José, che aveva una bellissima voce, s’iscrisse al Conservatorio Nacional de Música e prese privatamente lezioni di canto, prima col reputato maestro José Edoardo Pierson (scopritore e formatore di molti talenti, tra cui Jorge Negrete), poi con l’avvocato e poligrafo Alejandro Cuevas, e rivelò la sua propensione per le speculazioni filosofiche appassionandosi alla lettura dell’Ecce Homo di Friedrich Nietzsche. Intuendo che il canto era la sua vera vocazione, fu Pierson a spingerlo a dedicarsi all’opera lirica. In possesso di una voce tenorile dal bellissimo timbro, sotto la guida dei suoi insegnanti José compì passi da gigante, tanto che dopo aver debuttato al Teatro Ideal, il 5 ottobre 1916 si produsse al Teatro Arbeu (attuale sede della Biblioteca Miguel Lerdo de Tejada) nel ruolo del conte Almaviva nel Barbiere di Siviglia di Rossini, con esito assai lusinghiero. L’anno seguente impersonò Rodrigo nell’Otello di Verdi.

Jose' Mojica

Mentre nelle nazioni europee infuriava la Prima Guerra Mondiale, determinato a farsi strada, col modesto capitale di 500 dollari egli si trasferì a New York, dove trovò lavoro come lavapiatti in un ristorante di lusso, presentandosi nel contempo a tutte le audizioni; finché non venne assunto in una compagnia operistica per ricoprire ruoli secondari. Ad aiutarlo e fornirgli i giusti consigli per migliorarsi pensò il grande Enrico Caruso, che ascoltandolo rimase colpito dalla sua voce e lo indirizzò alla compagnia dell’Opera di Chicago, dov’egli debuttò il 22 novembre 1919 nel ruolo di Lord Arthur Bucklaw nella Lucia di Lammermoor di Donizetti. Innamorato del suo lavoro, ricco di attitudine professionale e predisposto all’apprendimento, dietro indicazione di Caruso José studiò assiduamente le lingue, giungendo a esprimersi correttamente, oltreché nella lingua madre castigliana, in italiano, francese ed inglese; imparò inoltre a suonare la chitarra, danzare e andare a cavallo, e praticò molti sport che gli forgiarono un fisico atletico.

Il 30 dicembre 1921 esordì al Metropolitan Opera House di New York interpretando, in francese, Pelléas nel Pelléas et Mélisande di Claude Debussy, accanto al grande soprano scozzese naturalizzato americano Mary Garden, e riscuotendo enorme successo. Dopo d’allora, il suo nome figurò spesso a fianco di quello di alcune delle più celebrate cantanti liriche dell’epoca, da Lily Pons ad Amelita Galli-Curci. Oltre a interpretare melodrammi, egli si proponeva anche in recitals, dove affiancava ai brani d’opera canzoni messicane e di altri paesi latini, che a partire dal 1925 poté incidere con l’etichetta Edison: una delle più famose fu, nel 1927, Júrame di María Grever, destinata a incontrare un vastissimo esito. A New York José aveva fatto amicizia col compositore e pianista cubano Ernesto Lecuona, reputato autore di canzoni; il quale nel 1930 volle lo seguisse nell’Isla per una serie di esibizioni. All’Avana il trentaquattrenne cantante messicano riscosse un vero trionfo, eseguendo alcuni popolari motivi di Lecuona, come Canto Siboney e Siempre en mi corazón, che più tardi registrò per la casa discografica Victor Talking Machine Company.

Jose' Mojica

Quell’anno stesso si recò ad Hollywood, dove la recente novità del sonoro aveva reso urgente la richiesta di cantanti di talento e fotogenia per i numeri musicali di molte pellicole. Nella capitale del cinema, José firmò un contratto con la Fox Film Corporation, ed esordì nella settima arte nel musical romantico Un bacio pazzo (One Mad Kiss, 1930) diretto da Marcel Silver e James Tinling, accanto a Mona Maris e Antonio Moreno: interpretò il contadino José Saavedra, che per baciare una ballerina mette la sua vita in gioco. In cinque anni prese parte ad altri dieci film, destinati al mercato ispanoamericano e spesso anche a quello anglofono, accanto a molti altri attori latini o di habla ispanica, talvolta in grado, come lui, di esprimersi credibilmente nelle due lingue: il dramma romantico Cuando el amor ríe (When Love Laughs) di David Howard, Manuel París e William J. Scully (1930), la commedia Hay que casar al príncipe (You Have to Marry the Prince), il musical Law of the Harem e la commedia Mi último amor, tutti diretti nel 1931 da Lewis Seiler, l’avventuroso Dick Turpin di James Tinling (1932), il musical romantico Il re degli zingari (The King of Gypsies) di Frank R. Strayer (1933), e, ancora di Strayer, i drammatici Melodía prohibida (Forbidden Melody, id.), La cruz y la espada (1934) e il musical romantico Love’s Frontiers (id.), nonché Un capitán de Cosacos di John Reinhardt (id.). In queste pellicole, che lo videro affiancato da attrici latine come Mona Maris, Rosita Moreno, María Alba e Conchita Montenegro, impersonò di volta in volta con grande aderenza un vaquero canterino, un principe europeo, un sultano, un barcaiolo, un romantico bandito, uno gitano, un affascinante libertino, un padre francescano, un cantante d’opera e un capitano dei cosacchi.

Con le notevoli somme guadagnate ad Hollywood José si fece progettare dall’architetto John Byers una magnifica hacienda nel canyon di Santa Monica, molto simile a quella che decenni prima la sua famiglia aveva perso in Messico a causa della secolarizzazione; e vi andò a vivere con la madre. L’hacienda Mojica divenne un punto di riferimento per tutti gli attori messicani che allora vivevano in California, come Dolores del Río, Ramón Novarro e Lupe Velez.
Nel 1933 egli compì un acclamato viaggio in Europa, esibendosi all’ambasciata messicana di Berlino, in Italia e in Egitto; quell’anno acquistò anche, per la madre, l’Antigua Villa Santa Monica a San Miguel de Allende, nel Guanajuato: che fece ricostruire e portare a grande bellezza; e presto anche questo posto si convertì in un luogo d’incontri, anzi in una sorta di comunità artistica: perché invitati da lui, vi soggiornarono attori, cineasti e diversi personaggi della cultura. La sua carriera proseguì con alcune fortunate tournées, una delle quali nel 1937 lo portò per la prima volta in Sudamerica. Sentiva comunque nostalgia della patria, sicché decise di tornare stabilmente in Messico, dove nel 1938 recitò nel film El capitán aventurero del regista russo naturalizzato messicano Arcady Boytler, che aveva quale protagonista Carlos Orellana.

Jose' MojicaJose' Mojica

Nel 1940 José apparve nel film La canción del milagro di Rolando Aguilar, interpretato ancora da Orellana, da José Lupita Gallardo ed Estela Inda. Quell’anno, già da lungo tempo malata, morì sua madre: e quantunque atteso, l’evento lo colpì moltissimo, portandogli una depressione. Doña Virginia era una donna molto religiosa, che aveva inculcato al figlio i saldi princìpi della fede cattolica: sicché la sua perdita, ancorché non improvvisa, indusse José a riflettere sulla sua vita, riconsiderandone i vari momenti. Egli ricordava ancora la profonda atmosfera mistica di pace e raccoglimento avvertita sei anni prima nel monastero in cui, vestendo i panni di fray Francisco, aveva trascorso un certo periodo lavorando ne La cruz y la espada. Così, pian piano, si fece strada in lui l’idea di lasciare il secolo per intraprendere la vita monastica: una decisione lenta e ponderata, sulla quale, stando a quanto egli scrisse, influì anche a un’apparizione di santa Teresa del Gesù, che l’esortò a seguire la religione.
Nel 1942, in Argentina e a Buenos Aires, José interpretò il film di Edoardo Morera Melodías de América, accanto a Silvana Roth e June Marlowe; nel quale cantò per la prima volta la canzone Solamente una vez, che il suo compatriota e fraterno amico Agustín Lara, grande autore di motivi, compose espressamente per lui in una notte, dopo avere appreso dalla sua bocca l’intenzione di assumere l’abito religioso: Solamente una vez si rivelò un successo mondiale. Subito dopo, cedute tutte le proprietà immobiliari di cui disponeva, José entrò nel seminario francescano di Cuzco, in Perù, per il noviziato, e assunse il nome di fray José de Guadalupe Mojica. Quindi venne assegnato al monastero di San Antonio de la Recoleta a Lima. Sempre nella capitale peruviana, nella basilica e convento di San Francisco de Jesús, il 13 luglio 1947 venne ordinato sacerdote.

Tuttavia, chi pensasse che a quel punto la sua carriera artistica fosse finita incorrerebbe in un grave errore. Perché sia pure in abito francescano, fray José continuò a esibirsi, spesso esortato dagli stessi suoi superiori: destinando le somme incassate ai fini più nobili, come l’instaurazione di un seminario nella città peruviana di Arequipa, per il quale cantò nella Radio Belgrano di Buenos Aires e tra il 1950 e il ’52 dette concerti settimanali in ben sette nazioni dell’America latina, tra cui (nel ’51) a Cuba, dove riscosse nuovamente ovunque grandi affermazioni. Sono decine le canzoni da lui portate al successo nel corso di tanti decenni di carriera: tra esse, oltre a quelle già menzionate, ricordiamo Estrellita, Donde estás corazón, Alma mía, María Elena, Un amor que se va.

Jose' MojicaJose' Mojica

L’anno successivo pubblicò l’autobiografia Yo, pecador, in cui con la storia della sua vita narrò minutamente come e perché decise di farsi frate. Nel 1953 scrisse la sceneggiatura de El pórtico de la gloria, un film diretto da Rafael J. Salvia e interpretato, oltre che da lui nei panni di se stesso, da Lina Rosales e Santiago Rivero, girato in Spagna nel corso di una sua fortunata tournée. La sua popolarità era vastissima: tanto che in Vaticano ebbe occasione di cantare davanti a Pio XII, e si esibì alla presenza dei presidenti di vari paesi.
Nel ’59 dal suo libro Yo, pecador venne tratto un film dall’omonimo titolo, diretto dal regista messicano Alfonso Corona Blake: interpretava il giovane Mojica un somigliantissimo Pedro Geraldo; il cast comprendeva grandissimi interpreti come l’argentina Libertad Lamarque e i messicani Sara García e Pedro Armendariz, ma non mancava neppure José, che in veste di se stesso raccordava le varie tappe della sua vita ricordando. Il suo successivo film, il drammatico Seguiré tus pasos di Alfredo B. Crevenna, una coproduzione messicano-peruviana dove lavorò con Juliano Bravo e Manuel López Ochoa, uscì nel 1966 e fu l’ultimo al quale prese parte. Poco dopo, a causa di un problema di scarsa circolazione arteriosa, venne sottoposto all’amputazione di una gamba nell’ospedale di Lima.
Divenuto quasi sordo, José Mojica si spense nella capitale peruviana il 20 settembre 1974, stroncato da una grave forma di epatite, all’età di settantotto anni e sei giorni. Venne sepolto nelle catacombe del convento in cui aveva servito. Cinque anni prima, in occasione dei suoi cinquant’anni di carriera, l’Instituto Nacional de Bellas Artes di Città del Messico gli aveva reso omaggio.

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