#318 - 19 novembre 2022
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Cinema

Dalla serie di articoli dedicati a personaggi del Cinema e del teatro

I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"

Maria Cebotari

Diari di Cineclub n°81, III 2020

Di

Virgilio Zanolla

Maria CebotariMaria Cebotari

Il personaggio di questo mese è una sfortunata attrice e cantante lirica rumena, la cui limpida voce di soprano venne definita «divina e irripetibile» dal direttore d’orchestra Herberth von Karajan, che al pari del celebre compositore Richard Strauss la considerava la migliore che avesse mai sentito, superiore anche a quella della Callas: Maria Cebotari; una ‘dimenticata’ - come vedremo - solo in Italia.

Maria era nata il 10 febbraio 1910 a Kischròinew, oggi Chișinău, la principale città della Moldavia: all’epoca capoluogo della Bessarabia, avendola nel 1812 i turchi ceduta all’impero russo, ma divenuta territorio rumeno al termine della prima guerra mondiale.
Figlia d’un insegnante, quinta di dodici fratelli, apparteneva a una famiglia modesta: grazie all’intuito del suo parroco, - colpito dalla stupenda grana della sua voce, mentre, bambina, ella cantava solista nelle chiese -, dopo gli studi compiuti alla scuola normale femminile Florica Niță, fu avviata allo studio della musica e del canto, prima presso la locale Cappella Metropolitana condotta da Mihail Berezovschi, e dal 1924 al Conservatorio “Unirea”, sempre a Chișinău.

Maria Cebotari

Qui Maria conobbe il conte Alexander Virubov, attore e direttore del Teatro d’Arte di Mosca col quale era in tournée; questi cercava una ragazza che potesse cantare in russo, e affascinato dalla voce e dalla bella presenza di quella sedicenne la fece debuttare in palcoscenico con la sua compagnia nel Cadavere vivente di Tolstoj, facendole interpretare alcuni motivi popolari russi.
L’esibizione di Maria ebbe grande successo e Virubov, che s’era innamorato di lei, la scritturò per il seguito della tournée, portandola a Bucarest, poi a Parigi, infine a **Mosca,*** dove lei, che ricambiava il suo sentimento, lo sposò nonostante i genitori disapprovassero e acquisì la cittadinanza sovietica, pur mantenendo quella rumena e rumena considerandosi sempre. Viburov (un “russo bianco”, essendo aristocratico) sapendo destreggiarsi abilmente con le autorità bolsceviche che in Russia avevano preso il potere, aveva potuto mantenere certi privilegi, come la direzione del Teatro d’Arte moscovita e il permesso d’esibirsi all’estero, a patto di mostrarsi sempre ligio e deferente al regime comunista. D’altronde, nel ’29 essi lasciarono la Russia e presero residenza a Berlino.

Maria Cebotari

Nella capitale germanica Maria apprese la lingua tedesca e perfezionò le sue doti canore, studiando lirica tre mesi con Oskar Daniel alla Hochschule für Musik. Grazie anche alla sua avvenenza, nel ’30 esordì davanti alla macchina da presa nel ruolo di una cantante nel film La slitta (Troika) di Vladimir Striževskij, una storia drammatica che aveva quali principali interpreti Hans Adalbert Schlettow, Hilde von Stoltz e Olga Tschechowa; la pellicola, girata muta, uscì sonorizzata nelle sale il 9 aprile di quell’anno, grazie ai nuovi impianti di registrazione.
Qualche tempo dopo, sostenuto un provino davanti al direttore dell’Opera di Stato di Dresda Fritz Busch, Maria lo impressionò a tal punto che questi le offrì un contratto con la compagnia di quel teatro, per la parte di Mimì ne La Bohème di Giacomo Puccini. Ella accettò: e il 15 aprile del 1931 debuttò al Sächsische Staatsoper di Dresda riscuotendo un clamoroso successo. Venne poi subito chiamata da Bruno Walter al Festival di Salisburgo, per interpretare la Prima Dama nel Flauto magico di Mozart ed Eros nell’Orfeo ed Euridice di Christoph Willibald Gluck, ottenendo entusiastici consensi; e così a Riga in Lettonia e al Deutsches Operahaus di Charlottenburg (Berlino).

Negli anni che seguirono, riscosse nuovi trionfi esibendosi nei principali teatri d’Europa: al Covent Garden di Londra, all’Opéra di Parigi, allo Staatsoper di Vienna, al Costanzi di Roma, alla Scala di Milano, allo Staatsoper Unter den Linden di Berlino, allo Stadttheater di Zurigo, allo Státní Opera di Praga... ma anche in tournée al Metropolitan di New York.
Per l’eccellenza delle sue interpretazioni, nel ’34 ricevé il titolo di Kammersängerin («cantante da camera»: la massima onorificenza germanica riservata a personalità del mondo musicale, un tempo concessa solo da principi e re): e coi suoi ventiquattr’anni Maria era l’artista più giovane a cui esso fosse mai stato concesso. Alla voce di purissima lega, morbida, duttile e di grande estensione, alla dizione perfetta, ella univa il pregio d’una grande espressività, sicché non solo sapeva conferire alle sue esibizioni notevole efficacia scenica, ma in una stessa stagione era in grado di passare con estrema naturalezza da ruoli lirici a ruoli drammatici, dalla Susanna de Le nozze di Figaro di Mozart alla Carmen di Bizet, alla Violetta de La Traviata di Verdi e alla Salomé di Richard Strauss. Proprio Strauss compose per lei la partitura dell’opera comica La donna silenziosa (Die Schweigsame Frau), su testo di Stefan Zweig, che debuttò con successo il 24 giugno ’35 allo Staatsoper di Dresda, con Maria nel ruolo d’Aminta e la direzione orchestrale di Karl Böhm (Zweig essendo ebreo, per quello ‘sgarbo’ al regime Richard Strauss dové dimettersi dalla carica di presidente della Camera musicale del Reich).

Maria Cebotari

Nel ’36, l’anno in cui Maria firmò il contratto che la legò come prima donna allo Staatsoper Unter den Linden di Berlino, ella tornò al cinema: a insistere pare vi fosse pure l’allora potentissimo Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich; ciò, sebbene l’artista non fosse membro del partito e, si ha ragione di credere, in privato lo disapprovasse. Il suo primo film da protagonista fu Canto d’amore (Mädchen in Weiss) di Victor Janson, a fianco di Ivan Petrovich: una commedia musicale dov’ella era Daniela, una ragazza di buona famiglia che vincendo la disapprovazione dei suoi cari riesce ad affermarsi come cantante d’opera. Il suo ruolo successivo l’ebbe nel ’37 in Starke Herzen im Sturm di Herbert Marsh, un film di propaganda anticomunista dov’era la cantante lirica Marina Martha, interprete della Tosca di Puccini; era suo partner il trentottenne viennese Gustav Diessl, uno degli attori più interessanti della sua generazione: il quale, dopo un precoce matrimonio sbagliato, aveva vissuto qualche anno con l’attrice e ballerina Camilla Horn, allontanata dai set per il suo antinazismo.
Durante le riprese del film, Maria e Gustav s’innamorarono: il risultato fu che per poterlo sposare Maria chiese subito il divorzio da Virubov.
Intanto, apparve in un nuovo film, una produzione italo-germanica diretta da Carmine Gallone: sia nella versione tedesca (Mutterlied, ’37) che in quella italiana (Solo per te, ’38); Maria era Fiamma Appiani, soprano moglie del tenore Ettore Vanni, interpretato da Beniamino Gigli. La storia era povera cosa, ma vedere in duetto due dei primi artisti lirici del mondo regalava intense emozioni: Gigli (che con lei aveva già cantato in una fortunatissima Bohème) affermò che Maria era uno dei migliori soprano con cui si fosse esibito.

Maria CebotariMaria Cebotari

Ottenuto non senza fatica il divorzio da Virubov (che aveva vissuto in larga misura coi soldi della moglie, sperperandone i guadagni nei giochi d’azzardo), il 15 agosto 1938 ella sposava a Charlottenburg Gustav Diessl. Quell’anno stesso Maria fu chiamata in Italia per il nuovo film di Gallone, Giuseppe Verdi (noto anche come Divine armonie): biografia romanzata del compositore di Busseto, interpretato da Fosco Giachetti, con Germana Paolieri, Gaby Morlay, Pierre Brasseur; lei aveva il ruolo di Teresa Stoltz, il grande soprano ceco che fu l’ultimo amore di Verdi.

Nei due anni seguenti, ella continuò a esibirsi a ritmo incessante nei principali teatri d’Europa, regalando interpretazioni indimenticabili anche nella Gilda del Rigoletto di Verdi, nella Sophie del Cavaliere della rosa di Richard Strauss, nella Konstanze del Ratto del serraglio di Mozart; eccelse nella Madama Butterfly di Puccini, tanto che von Karajan la giudicò la migliore Cio-Cio-San di sempre. Nonostante quest’attività, trovò tempo per interpretare altri tre film in Italia, tutti diretti da Gallone: Il sogno di Butterfly, L’allegro cantante (’39) e Amami Alfredo (’40). Il primo è una moderna rivistazione dell’opera di Puccini, dove Maria è Rosa Belloni, soprano interprete di Butterfly in teatro, nella cui vita reale c’è però davvero un Pinkerton nella persona di Harry Peters (Fosco Giachetti), americano e padre di suo figlio. Il secondo, coproduzione italo-germanica girata a Roma, Vienna e sul Lago Maggiore, è una commediola con Johannes Heesters e Maria de Tasnady imperniata su un tenore dongiovanni; dove in verità la sua partecipazione è dubbia. Nel terzo lei è Maria Dalgeri, una celebre cantante che a rischio della vita si spende per valorizzare l’opera del compositore Giacomo Varni (Claudio Gora), suo fidanzato.

Maria CebotariMaria Cebotari

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, Maria rallentò notevolmente l’attività artistica, anche per la nascita dei figli Peter e Fritz. In Italia con Gustav, mentre lui lavorò con Isa Miranda, Valentina Cortese, Paola Barbara e Doris Duranti, lei nel ’42 (con grande partecipazione) fu Maria Teodorescu in Odessa in fiamme ancora di Gallone: una coproduzione italo-rumena girata nelle due lingue parte a Roma, parte in Romania e a Odessa; la storia d’una cantante lirica che la guerra separa dal figlio e dal marito: tutt’e tre vittime dell’invasione bolscevica della Bessarabia, si ritroveranno a Odessa nel corso di un terribile incendio. Il film quell’anno vinse il premio Biennale al Festival di Venezia; inneggiava alle forze dell’Asse, liberatrici della Romania dal giogo comunista; ma aveva intenti patriottici e sugli orrori bolscevici diceva la verità.
Il successivo impegno di Maria sul set, l’ultimo, si trattò ancora una volta d’un film italiano e la vide nei panni a lei più congeniali: Maria Malibran di Guido Brignone (’43), biografia romanzata del grande soprano francese del primo Ottocento, dov’ebbe accanto il marito, Rossano Brazzi e Renato Cialente. Al termine della guerra, dati i film di propaganda tedeschi e italiani a cui avevano preso parte, Maria e Gustav vennero arrestati per collaborazionismo dalla polizia militare americana, anche se nessuno di loro aveva mai avuto tessere di partito. Rioccupata la Bessarabia, i sovietici, distrutte tutte le copie rinvenute di Odessa in fiamme, chiesero il rimpatrio di Maria per processarla, ma non l’ottennero, perché le autorità americane opposero che ella aveva perso la cittadinanza russa con la scomparsa dell’Impero zarista, non dopo l’adesione della Bessarabia alla Romania, e non era quindi mai stata cittadino sovietico.

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Da quella brutta esperienza Diessl non si riprese più: e dopo un attacco cardiaco, il 20 marzo 1948 si spense a Vienna. Rimasta vedova, Maria tornò a esibirsi con successo nei principali palcoscenici d’Europa, nel ’47 legandosi in particolare allo Staatsoper di Vienna; ma cominciò a soffrire di atroci dolori alla cistiffellea; svenuta in scena mentre cantava nell’operetta di Sigmund Romberg Il principe studente, il 4 aprile ’49 venne operata: il chirurgo che eseguì l’intervento si accorse che la ragione di quei dolori era un tumore al pancreas ormai in metastasi: così non poté che ricucirla senza dirle nulla. Imbottita di pesantissimi antidolorifici Maria si spense a Vienna due mesi dopo, il 9 giugno, ad appena trentanove anni, tre mesi e trenta giorni. Al suo funerale, «una delle manifestazioni più imponenti di amore e onore che un artista defunto abbia mai ricevuto», accorsero migliaia di persone; fu sepolta accanto al marito nel cimitero di Döblinger Friedhof.
Per testamento, ella aveva affidato i figli alla cura del loro educatore Hedwig Cattarius: nel ’54, alla morte di questi, essi vennero adottati dal pianista Sir Clifford Curzon e dalla di lui moglie Lucille Wallace-Curzon. In patria, in Russia e in Germania Maria non è stata dimenticata: una copia di Odessa in fiamme, rinvenuta a Cinecittà e oggi visibile anche su You Tube, è stata mostrata nel 2006 in Romania, destando grande impressione; film, libri e documentari, promossi anche dal figlio Fritz Diessl-Curzon, rievocano la sua storia; Chișinău le ha intitolato il suo Teatro di Stato, uno dei principali viali cittadini e un importante premio.

Maria Cebotari

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