E fu così che dalla spiaggia della base dei Marines di Da Nang un mattino dei primi di dicembre del 1968, mi trovai con due giornalisti americani su un elicottero Chinook in volo per seguire l’operazione Meade River a circa 20 chilometri Sud di Da Nang, in una zona chiamata Dodge City, un nome un programma.
Un fotografo guarda un qualsiasi paesaggio e il suo cervello incomincia a dividere il tutto in piccoli rettangoli e vede anche con gli occhi dei vari obiettivi, praticamente scompone e ricompone quello che vede e cerca di sintetizzare con lo scatto tutto lo scenario, in modo che la fotografia scattata dia un’idea precisa, ma condensata, di quello che ha visto.
All’arrivo un altro funzionario mi accoglie come se fossi parente di Balbo e mi fa vedere anche i registri del 1931, mentre fotografo il tutto mi si accende un barlume di speranza, che forse alla fine un piccolo reportage ci scappa e magari qualcuno lo vuole, tra me e me credo più in una vincita al totocalcio, ma non si può mai dire né in un caso che nell’altro.
Comunque sia, è anche una questione di gusti e quindi non si può trarre giudizi salomonici.
Alcuni giorni fa, mi è capitato di vedere le foto scelte per la finale del prestigioso premio World Press e ho visto alcune immagini in B/N di Indios amazzonici; francamente penso che a colori sarebbero state molto più forti e magari avrebbero anche potuto vincere, forse il fotografo che le scattate si è ispirato al mitico Salgado, beh non c’è riuscito, comunque alla fine ha vinto una foto a colori.
Sono partito un mattino presto, accompagnato dall’addetto stampa dell’esercito taiwanese o meglio della Repubblica di Cina, maggiore Ma, a bordo di un bimotore Douglas DC3, che era già molto vecchio negli anni 70 e che volò molto basso sul mare per le circa 180 miglia che separano Taipei da Quemoy, secondo il maggiore Ma era per evitare i radar della Repubblica Popolare Cinese, forse allora era così.
Ero molto scettico sul fatto che avrei scattato delle foto con l’aggeggio, magari avrei visto le mail, ma sicuramente per me il telefonino era essenzialmente per comunicare a voce, anche correndo il rischio di parlare con dei robot... Neanche lontanamente immaginavo che mi sarei convertito a scattare con l’aggeggio.
Più scatto e più mi rendo conto che ho intrapreso una strada che mi piace da matti e che non ho certamente più intenzione di tornare al liceo e ripetere l’anno 1967, ci sono troppe avventure interessanti in giro per il mondo, per lasciarle perdere, bisogna solo inventarsi cosa andare a fotografare.
Quando nel 1973, con Ennio Jacobucci finimmo il giro in auto per il Vietnam, la cosa che ci sembrava più logica era andare in Cambogia, visto che eravamo già da quelle parti e che con pochi dollari potevamo volare a Phom Penh.
L’interesse per il Vietnam incominciava a scendere mentre quello per la guerra in Cambogia saliva, era ovvio che doveva essere la nostra prossima tappa.
Certamente non può essere paragonata alla costruzione delle piramidi o semplicemente alla costruzione di una casetta alla periferia di Caracas, ma per ottenere i permessi necessari per volare e scattare foto dal cielo egiziano è stata un’impresa lunga cinque settimane che mi vedeva andare avanti e indietro ogni giorno, dalla mia camera d’albergo al ministero della difesa egiziano al Cairo, sperando sempre che fosse la volta buona e che il ministro avesse firmato tutte le carte necessarie.
Dalla Malesia all' Indonesia alle Filippine; dall'Africa agli Usa,
l' acqua abbraccia la terra nel segno della bellezza
Acqua dal cielo
di Guido Alberto Rossi
Quindi, niente di meglio che stare nell’aria del cielo e fotografare l’acqua.
Queste foto sono state scattate negli ultimi 25 anni. Probabilmente in questi anni qualche villaggio di pescatori è cambiato o scomparso, qualche fiume ha cambiato corso a causa di una diga, mentre gli scatti più recenti profumano di “file”
La mamma di Geyla gli regalò una vecchia macchina fotografica, dal momento che aveva dovuto vendersi la sua Leica per poter campare nella Grande Mela. I suoi primi scatti finivano nelle agenzie, che a poco a poco gli commissionavano sempre più servizi fotografici che poi si tramutavano in dollari e così iniziò il decollo del suo lungo volo.
La regola vuole che ogni reportage di viaggio che si rispetti, per essere completo deve contenere anche delle foto della gente del luogo, non importa se riguardi la Finlandia o la Polinesia, ma ci deve sempre essere una presenza umana del luogo, meglio se inserita nel suo ambiente e fa qualcosa di tradizionale...
I primi due voli li ho fatti nel 1968 in Vietnam. Ai tempi la politica americana era di lasciar provare ai reporter tutto quello che volevano, importante era compilare i moduli giusti ed avere in cambio visibilità mediatica.
Il primo volo fu su un Cessna A37 chiamato Dragonfly è un piccolo aereo da combattimento a due posti affiancati, che allora veniva usato in supporto alle truppe di terra come bombardiere leggero.
Doveva essere un viaggio di piacere fatto con calma, ci eravamo dati circa un mese di tempo da dividere tra la spiritualità Hindu, curry e fotografie, non avevamo nessun obbligo professionale, eravamo semplicemente due diversamente giovani signori in viaggio di piacere; invece, si è trasformato in una faticosissima gara all’ultimo scatto.
...perlustrato il tratto, dalla Secca dei Pignocchi alla Punta Faraglione, seguendo la batometrica dei 25 mt. dentro la baia del Campese, in questo tratto di fondale i sommozzatori hanno trovato: tubi di varie dimensioni, un piede di motore fuoribordo, dei resti dello scafo di una barca, copertoni vari e un oggetto metallico cilindrico non identificato. Il giorno 24 è stata recuperata la rete fantasma che avvolgeva in parte la Secca Zannea, nella baia delle Cannelle ...
Esistono tre tipi di ladri di fotografie: il 40% sono quelli asini che lavorano nel settore e non conoscono le leggi basi del diritto d’autore e ignorano che un fotografo professionista mangia con il frutto delle sue immagini. Il 55% sono quelli che sanno come stanno le cose, ma “rubano” le foto nella speranza di non essere presi e quindi di risparmiare. Il 5% sono i Non So, quelli che sono convinti che il lavoro altrui sia anticostituzionale e quindi ne va della loro libertà, questi in genere appartengono anche alle tribù dei no-vax, Qnon, terrapiattisti etc.
Noi (fotografi) dipendiamo dai taxi, credo che tutti i miei colleghi siano d’accordo sull’importante ruolo svolto dai taxi e anche degli autisti di limousine, di auto fuori strada e dei guidatori di tuk-tuk e rickshaw, nello svolgimento della nostra professione.
Personalmente ho scattato più foto belle grazie a tutti questi autisti che usando il cavalletto.
Senza i taxi ai tempi della pellicola sarebbe stato impossibile fare le riviste illustrate, era uso comune che le redazioni chiamassero i fotografi e le agenzie e ordinavano delle foto, come oggi facciamo con le pizze a domicilio.
Come scegliere tra una vasta gamma sempre più ricca tecnologicamente
La macchina fotografica
di Guido Alberto Rossi
Direi che il primo punto da stabilire è il budget, parola odiosa ma sempre al primo posto in quasi tutte le nostre scelte di vita. Stabilito quanti euro si possono spendere la scelta può essere per un paio di marche fino a qualche decina di altre marche e modelli, man mano che il budget si restringe.
La Tanzania è un paese grande tre volte l’Italia con magnifiche bellezze naturali, vulcani estinti, montagne, tanti fiumi e laghi, tra cui il Lago Vittoria e coste con spiagge infinite bagnate dall’Oceano Indiano.
Uno di questi vulcani è il Kilimanjaro che si trova a Nord Est sul confine con il Kenya e proprio qui a 5.895 mt di quota mi capita uno dei maggiori spaventoni della mia vita. Abbiate pazienza ve lo racconto alla fine, del resto tutte le storie iniziano dall’inizio.
Dal dagherrotipo ad oggi : evoluzione, involuzione
Photoshop
di Guido Alberto Rossi
Secondo me Photoshop è un po' come una pistola, se usata per difenderti da orde selvagge è positiva, se invece viene usata per una rapina nei tuoi confronti è negativa...
Molte grandi agenzie hanno immediatamente detto di amare i loro fotografi, sposando così lo slogan delle multinazionali degli hamburger che dicono di amare i loro vitelli.
Mentre da noi in aria il cielo è blu dipinto di blu, a terra nella maggior parte degli aeroporti è bianco e nero, scritto in piccoli caratteri con tanti timbri multiformi ed un mix di enti che mangiano tutta questa burocrazia e non si parlano tra loro.
La Dea Fortuna popolarmente è raffigurata come una bella signora bendata che non guarda in faccia a nessuno e dispensa favori, situazioni positive etc. insomma, fa in modo che la vita qualche volta sia più facile.
Penso che questa simpatica Dea abbia una sorella che si occupa esclusivamente dei fotografi, perché è una categoria che senza poca o tanta fortuna non batterebbe chiodo e quindi senza un preciso aiuto divino sarebbe una categoria di professionisti sfortunatissimi che in alcuni paesi verrebbero relegati nella categoria degli intoccabili e una volta morti si reincarnerebbero in ragni o qualche altro orribile essere vivente.
...e come per magia mi trovai in mano un Press Pass per i box del Gran Premio di formula uno di Monza. Pura magia...era la mia grande occasione e scattai come un matto tutti i piloti e tutte le macchine, una per forza doveva vincere.
Vinse Ludovico Scarfiotti su Ferrari e Alberto mi comprò il mio primo reportage che fu pubblicato anche con tanto di copertina.
Da quel giorno la collaborazione con lo Sport Illustrato divenne più importante del Liceo linguistico.
L’idea ci sembrava ottima due fotografi italiani in giro per un paese in guerra sull’orlo del collasso, praticamente abbandonato dall’alleato principale. Non c’erano molte foto della vita civile del paese e non ci risultava qualcuno avesse fatto una cosa simile.
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