#303 - 19 marzo 2022
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterà  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerà  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Fotografia

Pronto clik

Protesi fotografica

di Guido Alberto Rossi

Nel 2009 il mio amico ortopedico Federico Damario, mi ha messo una protesi al ginocchio sinistro, ma questo non c’entra molto con questa storia, se non che è una protesi fissa, mentre nel 2014, Laura, stufa di vedermi con il mio telefonino privo di mail, fotocamera e altro, mi regalò per il mio compleanno un telefonino moderno al top della tecnologia.
E questo è diventato, la mia protesi mobile, perché ormai non esco di casa, se non con l’aggeggio in tasca. Non tanto per le telefonate, ma per la sua funzione di macchina fotografica.

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Ero molto scettico sul fatto che avrei scattato delle foto con l’aggeggio, magari avrei visto le mail, ma sicuramente per me il telefonino era essenzialmente per comunicare a voce, anche correndo il rischio di parlare con dei robot o delle segreterie telefoniche a cui potevi sempre lasciare detto qualcosa, che forse qualcuno avrebbe ascoltato. Neanche lontanamente immaginavo che mi sarei convertito a scattare con l’aggeggio.

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L’inizio è avvenuto con WhatsApp, un amico mi ha mandato un messaggio con foto allegata, fatto assai normale, ma per me rivoluzionario e qui il mio primo scatto. Ho fotografato il parafango strusciato per mandarlo al carrozziere, per avere un’idea del costo della riparazione, conseguentemente ho inoltrato il tutto all’assicurazione, senza muovermi da casa. Qui incominciai ad apprezzare l’aggeggio. Poi un giorno parlando con Nino Mascardi, davanti a un piatto di sushi, che non resistetti a non fotografare prima di mangiarlo, facevamo della filosofia fotografica da quattro soldi e Nino disse: che in realtà poco importava con cosa scattavi una bella foto, del resto a nessuno è mai interessato quale tipo di pennelli ha usato Leonardo da Vinci per dipingere La Gioconda e quindi a nessuno può importare con che macchina è stata scattata una bella foto, che sia con una macchina a banco ottico o con uno smart phone, l’importante è il risultato.

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C’è anche il fatto che il telefonino l’hai quasi sempre in tasca e se ti capita la situazione giusta, fai click, senza pensarci troppo, devi solo inquadrare il resto lo fa lui, messa fuoco, diaframma etc. e miracolosamente non sbaglia mai, mentre se non sei molto capace con la macchina fotografica vera, puoi anche sbagliare qualcosa, è difficile ma possibile, mentre lo smart phone, lo dice il nome stesso, tecnicamente non sbaglia mai.
Nino con il suo ragionamento mi ha aperto una porta; infatti, a differenza di colleghi che non ho mai capito perché, se per abitudine, gestualità o esibizionismo, girano sempre con una macchina fotografica analogica al collo, dovunque vadano anche di notte (però non li ho mai visti scattare). Io invece senza dare nell’occhio, ho l’aggeggio in tasca pronto al click, se serve anche di notte, perché misteriosamente l’aggeggio funziona anche al buio.

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Ma la mia dipendenza all’aggeggio si è cementata quando nel 2015 abbiamo fatto un lungo viaggio e nostra nipotina ci aveva chiesto di mandarle ogni giorno una foto (sul telefonino della mamma) così la tenevamo informata e quindi, quotidianamente scattavo diverse foto con lo stesso impegno che se me le avesse commissionate il Nat Geo. Praticamente quasi mensilmente le macchine fotografiche dei telefoni vengono perfezionate e potenziate nella risoluzione dei file, tanto è che sono nate alcune agenzie fotografiche che campano vendendo solo immagini ottenute con i telefoni, vengono chiamate in inglese: Mobile Photo, che già dal suono fa molta scena.

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Anche diverse delle agenzie importanti ormai accettano sia foto che video realizzati con i telefonini, se fate caso guardando i telegiornali, molto spesso ci sono dei filmati o delle immagini che documentano un avvenimento, quasi in tempo reale, realizzate da qualcuno che passava di lì per caso. Tecnicamente sono arrivate ad avere anche 20 megapixel, con questi file si possono stamparle in grandi formati su carta fotografica, con eccellenti risultati sia di definizione che di gamma cromatica.

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Oggi dovunque siamo, abbiamo intorno qualcuno che scatta una foto con il proprio smart phone e questo è molto positivo, ha creato una coscienza della fotografia che fino ad anni fa non c’era. Ci sono anche i fanatici dei selfie, associati ai social, che alle volte per farsi una foto, cadono nel burrone, per fortuna sono pochi.
Un buon consiglio è di salvare su un hard disk esterno tutte le foto scattate con il telefonino a cui teniamo, per non fare come il mio amico Massimo che le aveva salvate sul portatile, questo si è fulminato e ha perso tutti i file.
Qualche foto interessante fatta con il mio aggeggio l’ho messa anche sul mio sito e l’ho anche venduta, mentre mi diverto tantissimo a fotografare dei piatti succulenti e mandarli via WhatsApp ad amici golosi per fargli invidia ed al mio amico dietologo Nicola Sorrentino per alleggerirmi la coscienza.

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