#304 - 2 aprile 2022
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Un paese di cui si è parlato poco, ma... oggi all'attenzione di molti

Uno strano posto

di Guido Alberto Rossi

Uno strano posto

Nel 1971 andai a Taiwan per un reportage generico su questa Cina non Cina, ma che oggi Beijing vorrebbe far diventare Cina-Cina.
Allora a Beijing o nella China Mainland, come la chiamano i taiwanesi, c’era al potere Mao e già lui voleva far di tutto un fascio.

Uno strano posto

Un servizio fotografico su questa isolona in mezzo al mar cinese meridionale a sole cento miglia dalla costa Cinese-Cinese doveva avere un po' di tutto: dai templi confuciani ai militari e, quindi, il viaggio organizzato nei minimi dettagli dall’ufficio PR taiwanese, aveva incluso visite a caserme qua e là e una gita all’isola di Quemoy o Kinmen o Cancello Dorato, che è un isolotto di soli 152 km quadrati a sole 6 miglia dalle spiagge della Repubblica Popolare Cinese ed è veramente uno strano posto.

Uno strano posto

Sono partito un mattino presto, accompagnato dall’addetto stampa dell’esercito taiwanese o meglio della Repubblica di Cina, maggiore Ma, a bordo di un bimotore Douglas DC3, che era già molto vecchio negli anni 70 e che volò molto basso sul mare per le circa 180 miglia che separano Taipei da Quemoy, secondo il maggiore Ma era per evitare i radar della Repubblica Popolare Cinese, forse allora era così.

All’arrivo ci aspetta una jeep con autista e come prima tappa, ci porta a visitare una residenza per anziani, ovviamente gestita dall’esercito, ovviamente non era un posto avventuroso ma che avrebbe fatto sicuramente la felicità dei miei colleghi, amanti delle foto in bianco e nero e dei reportage su manicomi e carceri minorili.
Io in realtà speravo qualcosa di meglio, ma così era il programma della visita e quindi così doveva essere.

Uno strano postoUno strano posto

La seconda tappa è un villaggio sulla costa, disabitato e bombardato dai Cinesi-Cinesi che hanno i cannoni dalle parti di Xiamen e che a giorni fissi tra le 12,00 e le 14,00 tirano qualche colpo su queste case però, siccome non vogliono fare molti danni, non mettono l’esplosivo nei proiettili, ma li riempiono di volantini propagandistici.
Qui però è Xiamen, meglio starci poco, giusto il tempo di qualche foto e via, perché non si sa mai, magari i Cinesi-Cinesi, decidono di cambiare giorno e ora, senza dirlo e ci può arrivare in testa un proiettile da venti chili senza esplosivo. È veramente un posto strano.

Terza tappa un boccone alla mensa del quartier generale locale dove mi presentano diversi ufficiali, i pochi che parlano inglese sono contenti che io sia lì a documentare come loro sono pronti a fermare le orde nemiche in caso d’invasione, personalmente penso che se fossi il generale nemico, per attaccare Taiwan passerei al largo da questo posto strano, ma ovviamente non dico niente e mi gusto un ottimo maiale agrodolce.

Uno strano postoUno strano posto

La quarta e quinta tappa comprendono la visita alle batterie costiere, ai bunker ed agli altoparlanti alti tre metri che quando il vento è in favore mandano messaggi democratici ai Cinesi-Cinesi, sempre quando il vento è in favore mandano anche piccolissime barchette a vela con a bordo messaggi democratici che dovrebbero servire per far cambiare idea politica agli abitanti di Xiamen che però mi dicono che anche loro, oltre ai bombardamenti, mandano le barchette messaggere quando gira il vento.

Uno strano posto

Il giro è finito e il programma dice che si riparte per Taipei. Oggi penso che a Quemoy, sia tutto diverso, con i social, non credo abbia più senso usare gli altoparlanti e le barchette. Ho guardato su Google se per caso in questi anni l’esercito della Repubblica di Cina ha costruito un campo di golf, ma l’unica scarna informazione è di cinque campi di lusso a Xiamen, dai Cinesi-Cinesi.

Uno strano posto

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