Africa - Guinea Bissau
Bolama
di Guido Alberto Rossi
Se qualcuno ha mai sentito parlare di Bolama (Guinea Bissau), alzi la mano sinistra, se sa dove si trova, alzi la mano destra, se c’è stato di persona, alzi tutte e due le mani!
Io ci sono stato! Ma non è stato niente di particolare, non vorrei somigliare a Eugene Cerman che quando a Milano al Museo della Scienza e Tecnica ha presentato la nuova sala dedicata alle missione spaziale ha esordito dicendo: Quando sono stato sulla Luna …. frase che mi ha colpito tantissimo, perché ho conosciuto tanta gente che ha viaggiato e tutti raccontano quando sono stato là, poi sono stato per ben due volte a Parigi e via dicendo, ma uno che dice che è stato sulla Luna non l’avevo mai sentito e poi lui c’è stato ben due volte.
Il mio modestissimo viaggio nell’isola di Bolama invece è stato del tutto casuale e non credo neanche d’avere il primato, di essere stato il primo milanese ad averci messo piede, perché molto probabilmente tra tutti i nostri aviatori e specialisti che parteciparono alla trasvolata atlantica da Orbetello a Rio de Janeiro, con gli idrovolanti Siai-Marchetti e comandata da Italo Balbo nel 1931, c’era probabilmente tra loro un milanese.
Ma come mai degli aviatori italiani finirono in questa sperduta isoletta africana?
Presto detto, siccome non avevano abbastanza benzina per fare la traversata senza scalo, Balbo aveva scelto Bolama come base di rifornimento e qui purtroppo nella notte tra il 5 e 6 gennaio, si verificarono due incidenti che coinvolsero due idrovolanti e la perdita di cinque uomini.
Oggi c’à ancora il monumento in pietra dell’epoca, con tanto di fascio che li ricorda.
Quando ci sono stato nel 1968 avevo anche conosciuto e fotografato l’unico vigile dell’isola che raccontava che da bambino aveva visto tutto.
Ero finito in Guinea Bissau, allora colonia portoghese quasi per caso, o meglio per un compromesso finanziario e sete di reportage.
L’idea primaria era di andare in Biafra dove c’era una guerra, era appena iniziata, ne parlavano solo i giornali stranieri ed ero rimasto affascinato dal magnifico reportage fotografico di quel grandissimo mattacchione di Romano Cagnoni e volevo da buon giovane fotografo cercare di scimmiottarlo e quindi partii (sempre grazie ai finanziamenti di mamma Cornelia) alla volta di Lisbona, dove c’era una società tedesca che tra varie cose gestiva anche dei voli cargo per il Biafra e che portava insieme alle casse anche le persone.
Mi presentarono il capo, un gigantesco e sbrigativo signore dal forte accento tedesco che si presentò come Otto, (seppi in seguito che di cognome faceva Skorzeni, si proprio lui) che senza tanti giri di parole mi chiese mille dollari USA “one way “per portarmi in Biafra. Gli chiesi come facevo a tornare e quanto i sarebbe costato e, sempre senza giri di parole, mi rispose che il mio ritorno non era un problema suo.
La cosa decisamente era fuori budget. Ringraziai e salutai, pensando a come potevo integrare i fondi, ma anche tenendo sempre presente che i giovani fotografi free-lance amano molto non finire schiacciati dai debiti, quando scendendo verso il porto vedo una folla di donne piangenti che salutano dei militari in partenza su una nave. Chiedo cosa succede e mi spiegano che sono i figli e mariti che partono per la guerra in Africa, le così chiamate “guerras do ultramar” che erano scoppiate in Angola, Mozambico e Guinea Bissau.
Non ne ero minimamente a conoscenza (come al solito non interessavano alla stampa nazionale) Mi si riaccende la speranza di non tornare a Milano a mani vuote e così incomincio a programmare il viaggio. La TAP vola regolarmente almeno una volta alla settimana per tutte e tre le località, la tratta che costa meno e rientra nel budget è per Bissau, detto fatto a questo punto mi serve l’accredito e il visto del governo portoghese. Anche qui fila tutto liscio e quindi dopo un paio di giorni decollo.
All’arrivo trovo il sig. Manuel Da Silva, che informato del mio arrivo mi aspetta al terminal. Gentile e premuroso mi elenca tutte le cose interessanti da fotografare e mi informa che ha già preparato gli articoli in ordine di ‘importanza : visita alle suore che si occupano degli orfanelli, visita ai frati che accudiscono i lebbrosi ( non sono sicuro sull’ordine ) foto degli alberi di mango, che sono in piena produzione, visita ad un tipico villaggio per poter fotografare le varie occupazioni vecchie di secoli. Lo ringrazio moltissimo e gli spiego che non sono particolarmente interessato a questi soggetti, ma che vorrei fare delle foto e magari seguire le truppe portoghesi impegnate nelle operazioni antiterrorismo (ovviamente per gli africani erano patrioti) e che se riusciamo visto che è ancora mattino, prendere contatto con l’ufficiale addetto alla stampa e lasciare per fine viaggio gli altri “importanti” reportage.
Manuel costernato, m’informa che non è possibile, perché nel mio pass non è previsto. Gli spiego che a Lisbona mi avevano assicurato che era valido per tutto, Manuel con un gran dispiacere teatrale è desolato ma i suoi ordini dal Portogallo sono chiari, nei prossimi giorni vedrà cosa potrà fare per accontentarmi e mi suggerisce di prendere il battello ed andare a Bolama, dove c’è un bel monumento dedicato agli Italiani transvolatori. Qui la curiosità prende il sopravvento sulla mia ignoranza e vado a vedere.
All’arrivo un altro funzionario mi accoglie come se fossi parente di Balbo e mi fa vedere anche i registri del 1931, mentre fotografo il tutto mi si accende un barlume di speranza, che forse alla fine un piccolo reportage ci scappa e magari qualcuno lo vuole, tra me e me credo più in una vincita al totocalcio, ma non si può mai dire né in un caso che nell’altro.
Torno a Bissau ed il buon Manuel, sempre più affranto mi comunica che Lisbona non è in grado di cambiare il pass sui due piedi e che per poter fotografare i militari devo tornare a Lisbona e cambiare il pass, comunque lui per accontentarmi sa di un posto di blocco e magari lì riesco a fare qualche foto guerriera. Ci andiamo il mattino dopo e troviamo i quattro soldati che ci aspettano come se fosse Natale, si mettono in posa e io scatto lo scattabile. Alla sera a cena, faccio amicizia con un tecnico che ripara le macchine a raggi X all’ospedale militare il quale mi dice che se voglio, il giorno dopo mi può accompagnare e magari riesco a fotografare i soldati feriti.
Al mattino all’arrivo all’ingresso dell’ospedale c’è una Fiat 850, da cui scendono due signori che cortesemente si presentano come agenti della PIDE, (specie di servizi segreti) e mi chiedono di accompagnarli al comando. Come veri attori consumati, mi spiegano che visto che non mi sono attenuto al programma, sarò espulso con il primo volo in partenza il giorno dopo e che loro si prenderanno la briga di accompagnarmi all’aeroporto. Il giorno dopo è anche il mio giorno fortunato perché con l’aereo che prenderò è arrivato il governatore, generale Antonio de Spinola e quindi c’è una gran festa di benvenuto sulla pista, chiedo se posso fare delle foto e con mia sorpresa, mi danno il permesso anzi tutti paiono molto contenti, ne approfitto al volo, prima che qualcuno cambi idea e giù rullini a coloni e B/N , grazie a queste ultime foto ho portato a casa la pelle economica.