Dai primi reporter... alla banca di famiglia
1967 : L'inizio
di Guido Alberto Rossi
Il bello di fare il fotografo è che puoi scegliere di seguire le tue passioni ed i tuoi interessi, puoi spaziare dalla moda alla gastronomia allo, still-life o ai viaggi e l’avventura. Riesci ovviamente meglio in quello che ti piace e se sei uno serio, rifiuti i lavori che non rientrano nel tuo campo, anche se sei al verde. Anche perché ci sono buone probabilità che se scatti delle foto tanto per farle, fai un brutto lavoro e quindi meglio non farlo ed evitare figuracce.
Avevo deciso fin da piccolo che volevo fare il fotografo di viaggi, ovviamente dopo che avevo scartato di fare il pompiere ed il cowboy.
L’idea della mia futura professione mi era entrata nel cervello, sicuramente perché mio padre oltre ad essere un fotografo amatoriale era abbonato al National Geographic fin da prima della mia nascita e quindi le fotografie della grande rivista gialla erano, insieme ai soldatini, i miei hobby.
Ancora oggi, insieme al golf la considero tale, con la differenza che mentre me la cavo con la fotografia, con le mazze sono un pela brocco. L’altra ragione, perché ormai è solo un divertimento, è dovuta al fatto che grazie alle mega agenzie che hanno aperto i loro archivi ai fotografi della domenica che scannandosi a vicenda hanno portato il mercato della foto di viaggi a dei prezzi ridicoli anche per un fotografo del Bangladesh.
Il mio primo servizio fotografico pagato era uscito nel settembre del 1966, su Sport Illustrato, l’allora settimanale della Gazzetta dello Sport, era un reportage con tanto di copertina riguardante il gran premio di Monza che si era appena svolto. Passai il resto dell’anno e l’inizio del 1967 a barcamenarmi tra servizietti fotografici e qualche volta i libri del liceo, quando il 5 giugno scoppia in Israele la Guerra dei 6 giorni, (infatti è finita il 10 giugno).
Ovviamente per me fotografo in erba acerba, è un’ottima scusa per scansare gli esami e relativa bocciatura e magari iniziare seriamente la professione dei miei sogni. Ora che convinco mia mamma a finanziarmi, ad ottenere un visto per Israele, comprare il biglietto aereo arriva luglio, ma ormai il dado è tratto e decido comunque di partire.
Per l’accredito avevo la lettera di una mini-agenzia fotografica, specializzata in foto di moda, che era un one man show, di Alessandro Mossotti, la cui Anna, (sconvolgente segretaria per un teen ager) aveva deciso di scrivere. Così mi trovo a bordo di un aereo della El Al diretto a Tel Aviv con tanto di borsa di macchine fotografiche, per mia fortuna nel sedile a fianco si siede un distinto signore di nome Gabriel Fish, detto Villa, che oltre ad essere il concessionario della BMW a Tel Aviv, sta tornando a casa perché è nella riserva dell’esercito come autista di camion ed è stato richiamato. Ovviamente gli faccio mezzo milione di domande, che vanno, dal costo dell’albergo al costo della merenda a come ci si sposta etc. Insomma, diventa il mio Google di viaggio.
Con mia sorpresa all’arrivo, mentre aspettiamo i bagagli, mi invita a stare a casa sua, in modo che così risparmio l’albergo, offerta che colgo al volo e che è l’inizio di una amicizia che dura ancora oggi, anche con il resto della sua famiglia.
Il mattino seguente, Gabriel deve andare al quartier generale a presentarsi e io devo prendere il pass per poter fotografare, che ottengo anche grazie a Santi Visalli, che conosco in quella occasione. Comunque, il problema principale è che la guerra era finita e comunque anche se durava di più, non sarei riuscito a fare una foto, perché l’esclusiva era dei fotografi Israeliani, il resto del mondo doveva accontentarsi di quel che passava il convento. Il mio problema era che dovevo restituire il finanziamento materno e quindi era bene darsi da fare e inventare qualche servizio. Non era poi così difficile, bastava guardarsi un po' in giro e le idee venivano: come vedendo le donne poliziotto, per me milanese erano una novità e quindi chiedere subito il permesso, per fotografarle in varie situazioni della loro giornata.
C’erano i caschi blu dell’ONU, che dovevano controllare che la pace reggesse e quindi vai con il secondo reportage.
Una sera a cena a casa di Gabriel, scopro l’esistenza di una diva israeliana chiamata Rina Ganor amica della famiglia Fish, vai con il terzo reportage.
Incomincio ad andare su di giri e a cercare altre situazioni e ne trovo nei campi profughi di Gaza, gestiti dall’UNRWA, qui altre foto, in seguito altre foto nei Kibbutz al confine con i territori arabi. Qualche altro scatto di carri armati e trincee abbandonate le faccio in un tour organizzato dall’ufficio stampa dell’esercito.
Più scatto e più mi rendo conto che ho intrapreso una strada che mi piace da matti e che non ho certamente più intenzione di tornare al liceo e ripetere l’anno 1967, ci sono troppe avventure interessanti in giro per il mondo, per lasciarle perdere, bisogna solo inventarsi cosa andare a fotografare.
Il prestito sono riuscito a restituirlo, anche con un piccolo guadagno. A breve, altri prestiti saranno concessi da banca "Cornelia" per finanziare altri viaggi e nuove attrezzature.