#125 - 30 marzo 2015
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Racconto

Reginetta

Ovvero, il viaggio del Re (favola barocca) - terza ed ultima puntata

di Ruggero Scarponi

Sua Maestà Re Luigi, sorpreso e contrariato per la piega che stava prendendo lo spettacolo, si volse istintivamente a ricercare il commediografo di corte, che, pallido, a mani giunte, pregava Gesù, la Madonna e tutti i santi, mentre con una smorfia di compatimento sperava di rabbonire almeno un poco il sovrano.
Nessuno sapeva cosa fare. Il marchese di Noalles che assisteva allo spettacolo assieme alla marchesa, fu sul punto di correre a far abbassare il sipario, ma sua moglie saggiamente lo trattenne, che una tale decisione presa alla presenza del Re sarebbe stata considerata un’imperdonabile scortesia.
I nobili e le dame, invece, compreso che non stavano assistendo ad una trovata originale, organizzata per divertirli, ma ad un clamoroso fiasco, iniziarono dapprima discretamente e poi apertamente a ridere e a sghignazzare all’indirizzo della povera Reginetta, sempre più sola e smarrita in mezzo al palcoscenico.

Dopo qualche minuto di quella gazzarra si alzò furente Sua Maestà.
Aveva gli occhi rossi di collera. Al solo vederlo perfino Sua Maestà la Regina divenne pallida. Nel Teatro scese immediato un silenzio tragico.
Re Luigi serrò la bocca guardando torvo, prima Reginetta che non si era accorta di quanto stava avvenendo e continuava la sua tragicomica pantomima, e poi il povero Marchese di Noalles, che tutto sudato e pallido si era abbrancato ai braccioli della poltrona.

  • Signor Marchese di Noalles! – tuonò Re Luigi – Signor marchese di Noalles, sappiate che né noi né i nostri amici della nobiltà, siamo mai stati più insolentemente trattati. Vi ritengo direttamente responsabile di questa ignobile farsa che forse potrà divertire dei volgari campagnoli, non certo Sua Maestà la Regina, né Noi con tutta la nobiltà. Fate cessare per amor del cielo questa pagliacciata e ritiratevi subito dopo nel vostro appartamento, domattina vi farò conoscere le mie decisioni e cosa riservo ai villani e agli insolenti. Buona sera signore.
    Tutti nella taverna erano a bocca aperta. Il mercante di Francia si era nuovamente fermato. Si capiva che un groppo di commozione gli serrava la gola.
  • Reginetta! – urlò un giovane, - forza, dicci che cosa fece.
  • Eh si, la povera Reginetta – continuò il mercante – la povera, che colpa ne aveva? direte tutti. Ma si può far fare una figura del genere ad un Re? Re Luigi non era uno sciocco e aveva compreso cosa era avvenuto e che la ragazza fosse sì, deliziosa, ma un po’ deficiente. Purtroppo si sentiva punto nell’orgoglio, e non poteva lasciare che un simile episodio lo trascinasse nel ridicolo proprio agli occhi della sua altezzosa nobiltà.
  • E allora? Fecero in tanti, curiosi di sapere l’evolvere degli avvenimenti.
  • E allora Re Luigi il giorno dopo riunì un consiglio della Corona e dopo essersi consultato con il fido Cinq Mars, emanò un proclama nel quale intimava al Marchese di Noalles di presentarsi a mezzogiorno nel cortile del castello per infliggere alla povera Reginetta, colpevole di lesa maestà, con il suo ingiustificabile comportamento, niente meno che la pena capitale, mediante la spada.

Naturalmente tralascio tutti i particolari che seguirono l’immediata notifica del proclama.
Gli stessi nobili restarono allibiti alla reazione del Re. In fin dei conti si sentivano un po’ responsabili non avendo avuto pietà della giovanetta sul palcoscenico. Erano ben coscienti, infatti, che deridendo lei, avevano deriso il sovrano. Così come avevano ben compreso che punendo il buon Noalles insieme a Reginetta, il Re era come se avesse voluto punire loro e soltanto per non aumentare il senso del ridicolo che aveva voluto riversare su due innocenti tutta la colpa. La tragica ingiustizia, infatti, avrebbe cancellato il grottesco episodio.
E insomma fu così che a mezzogiorno alla presenza dei sovrani, dei nobili, e di tutti gi abitanti del castello, in una corte brulicante di soldati furono trascinati il Marchese e Reginetta per dare attuazione alla sentenza del Re.
La marchesa non ce l’aveva fatta a partecipare a quel rito spietato ed era rimasta sconvolta e semisvenuta nella sua camera.
Il marchese che sembrava apparentemente calmo teneva per mano Reginetta, bella e inconsapevole di quanto stava per avvenire.
Rullarono i tamburi.
Ad un cenno del Cinq Mars il marchese sguainò la spada.
Risuonarono tre squilli di tromba.
Reginetta guardò il Re, la regina era assente, non aveva voluto assistere, dato il suo stato. Reginetta guardò anche i nobili, le dame e tutta quella gente che la fissava con gli occhi sgranati e la bocca aperta.
Reginetta sorrideva contenta che tutta quella gente guardasse solo lei e forse nella sua mente malata si era fatta l’idea che la sua interpretazione della sera prima fosse stata tanto apprezzata da volerla ancora al centro dell’attenzione.

  • Padre – fece appena in tempo a mormorare, piena di meraviglia e d’entusiasmo, che il marchese con uno sguardo vitreo e senza muovere un muscolo del viso, fu per trapassarla con la spada.
  • Ohhhh! – urlarono tutti nella taverna –
  • Ohhhh! – Urlarono tutti nella corte del castello – Disse il mercante di Francia, ma su tutti si levò ancora una volta Sua Maestà Re Luigi – fermatevi! Fermatevi subito Signor Marchese, per amor del Cielo! Presto signore, si sospenda subito questa esecuzione, e per mio ordine, rinfoderate la spada e fate ricondurre questa nostra Reginetta a sua madre.- E poi aggiunse - esulti oggi con noi tutta la Francia! Voi signore, da questo preciso istante, non più Marchese, ma Duca di Noalles, in fede mia, siete il più fedele tra tutti i sudditi. Perché voi, avete ubbidito al mio comando e avete puntato la spada dritta al cuore di vostra figlia, senza tentennare un momento, seppure di fronte alla più turpe delle ingiustizie. Sia d’insegnamento a tutti che questo nobile signore, che da oggi chiamerò con il titolo d’amico, non è arretrato di un passo, pronto a sacrificare per il suo Re la cosa che di sicuro ha più cara al mondo, ponendo in una fede cieca ma santa, tutta la sua vita e quella della sua Reginetta. Vi dobbiamo le nostre scuse monsignore e quelle di tutta la nobiltà. Ma siamo altresì grati a questo felice incidente per averci offerto la prova che anche nei distretti più lontani da Parigi e dalla corte da cui siamo onorati ogni giorno, si coltiva e cresce rigogliosa la pianta secolare dell’onore e della più sincera devozione. Grazie signore, e grazie a vostra moglie e soprattutto alla nostra beneamata Reginetta che da oggi proclamiamo senza indugio, a titolo onorario, prima donna de l’Academie de France.

Dopo aver riportato il discorso del Re il mercante di Francia tacque, visibilmente commosso.

  • Il giorno seguente – aggiunse - le loro Maestà e tutto il seguito, ripresero il cammino verso la costa oceanica. Ma quella sosta presso il modesto feudo dei Noalles sarebbe stata ricordata a lungo e - da sola - commentò un giorno Re Luigi con il suo fido Cinq Mars – sarebbe bastata a giustificare un viaggio.
    Tutti nella taverna avevano ascoltato in religioso silenzio e con trepidazione per quella che temevano sarebbe stata la tragica sorte di Reginetta.
    Ma quando alla fine ebbero compreso con quale astuzia e magnanimità Sua Maestà Re Luigi era riuscito a cavarsi dall’impiccio, trasformando in glorioso ciò che era apparso come ridicolo, saltarono in piedi esultando. Il Mercante di Francia fu subissato d’applausi, baci e abbracci e al termine della giornata poté registrare con piacere che l’esibizione nella taverna gli aveva fruttato più che una settimana di mercato avendo venduto a quei rustici avventori quasi tutta la sua mercanzia.
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