In quel tempo suonava il...
Mitico Juke-Box
di Roberto Bonsi
Giovani, anzi giovanissimi, tutti quanti voi che siete gli esponenti della generazione “Alpha” (o: “screenagers”), sapete che cosa sono o meglio dire, cosa sono stati i “Juke-boxes”?
Per tutti coloro che erano giovani ben due generazioni fa, quella dei vostri nonni, oggi definiti, grazie al nuovo “slang” di stampo anglofono, più semplicemente “baby boomers” o più brevemente "boomers". Innanzi tutto, ma ormai è diventato un conosciutissimo linguaggio comune, l’“alpha” generazionale sta a significare od ancor meglio ad etichettare lo “young people", i giovani, gli ancor sbarbati od ancora per poco, nati dall’anno 2013 al 2019, e le sbarbine loro coetanee.
Parola strana per il nostro vocabolario, ma già una vita fa entrata nell’uso comune, il “Juke-box” è stato importato dall’America degli “Yankees” e non solo quella, insieme alla Coca- Cola, al chewing-gum", cioè per noi italiani, il “Caucciù”, e tanto altro ancora. Definire così quel popolo è un po’ ironico e scherzoso, ed a volte anche dispregiativo, un pò come dare a loro il titolo di ingenui, sempliciotti o addirittura stupidotti, per cui definiamo meglio loro, come degli americano-statunitensi.
“Juke-box”, vuol dire sentir parlare di un grosso apparecchio nel suo insieme, pieno di luci e di colori, che veniva installato in luoghi perlopiù di mescita ed a volte anche di ristorazione, nelle sale da ballo, negli stabilimenti balneari, ed altri luoghi pubblici, e nel suo interno è “caricato” con diversi dischi a 45 giri in vinile, allora fortemente in voga e che han dato lustro alla discografia italiana di quel tempo. Era il periodo del "boom economico” post-bellico. Qui in Italia, un Paese, nel suo ieri, ancora pieno di speranze e di illusioni poi venute a mancare, era uno strumento davvero molto in voga, ed i giovani, ma anche i meno giovani, impazzirono per i “Juke-boxes”.
C’era il ragazzotto di provincia, ma non solo lui, in preda ai primi ardori giovanili, che invitava al suono di un “juke-box” la ragazzina in fiore che piano piano stava sbocciando per diventare donna. Davanti a questo “totem” musicale, fenomenologia massificata degli anni ‘50 e ‘60. ci si scambiava un bacio furtivo e casto prima ancora di arrivare a quello definito alla “francese. Si ballavano, anche a volte un po’ impropriamente, dei balli latino americani oppure quelli caraibici, quelli “check to check” oppure l’ americanissimo “Twist” che faceva agitare i corpi ancor giovanissimi di quegli astanti di allora che celebravano così il loro “rito laico” davanti all' “altare” della novità, dalla musica"yè-yè" e non solo di quella, in quanto sempre importato dagli U:S:A .c’era anche il quasi acrobatico “rock ‘n roll”, che metteva a dura prova il ballerino e faceva svolazzare la gonna dell’indomita dama, portata in alto da robuste braccia maschili."Juke", che è per l'appunto, e come abbiamo già scritto sopra, una locuzione anglo-americana, è quasi una sorta di termine improprio che sta ad indicare,una casa di malaffare, una “casa chiusa”, un vecchio “postribolo”, e si parla anche dei “Juke-joints”, che furono dei bar e dei bordelli frequentati a tutto spiano o quasi, dagli afroamericani di quell'epoca. Mentre “box” è traducibile in lingua italiana con il termine: “scatola”. In poche parole e un pò per ripeterci, il “Juke-box” era un tipo di fonografo elettrico ed automatico, ed esso era composto da una specie di mobile in acciaio od altro metallo, che a suo volta conteneva un amplificatore acustico con un giradischi anch’esso automatico, e con un supporto non privo di numerosi dischi solo a 45 giri, che si impilavano per l’appunto con perfetto automatismo nell'apposito spazio, e grazie all'introduzione di una moneta da cinquanta lire per un solo ascolto, o di sole cento lire per sentire tre canzoni preferite, una dietro l’altra. Questo dunque era il nostro e per i tempi ormai andati, “Juke-box”.
Una nota a proposito dei dischi. Il 45 giri o “normal play” ed il più grande, il 33 giri (long playing), tutti in vinile, gli stessi furono realizzati, per non dire inventati, dall’ingegnere ungherese Peter Carl Goldmark, questo nei lontani anni ‘40.
Ad onor del vero e per la cronaca, il primissimo “Juke-box” fu l’ormai iconico "Wurlitzer 1015”, ed i successivi erano in genere di legno e contenevano appena 12 dischi a 78 giri. Il prototipo tra questi fu inventato da William s. Arnold e Louis Glass nell’anno 1890. Ma anche Thomas Alva Edison ed Emile Berliner contribuirono fattivamente a migliorare e a diffondere questa novità in musica. Correva l'anno 1889 ed era il 23 novembre, un sabato, quando in California e precisamente in “Frisco” cioè San Francisco, fu fatto entrare in funzione il primo “Juke-box” in assoluto, che fu collocato presso il “Palais Royal Saloon”.
Con un vero è proprio velocissimo salto, torniamo ora ai giorni nostri o meglio a qualche annetto addietro, e vi si scrive del 1946, quando in Ferrara, tranquilla e bella città dell'Emilia-Romagna, furono fondate le Distillerie Moccia, azienda agroalimentare che divenne poi nota in tutto il mondo per il suo gustoso e corroborante Zabov, divenuto oramai un “must” nel campo dei “Drinks”, e dei “cocktails”. Ma perchè siamo arrivati a scrivere di questa bevanda alcolica?. Semplice!. Dal 1964 al 2007 un manager dello "showbiz" di origini padovane, il compianto Vittorio Salvetti, ebbe la brillante idea di creare una rassegna musicale estiva che andava perlopiù negli stadi ed in TV su “Italia1, questo almeno nelle sue ultime edizioni, ed era amatissima dai giovani di allora, che siamo poi noi i “boomers” di oggigiorno. Il meccanismo della gara-spettacolo, era abbinato a tutti i “Juke-box” d’ Italia,e si votava con l’esecuzione del brano, la canzone preferita, e vi furono anche le serate finali dove veniva proclamato il pezzo vincitore. Lo “Zabov Moccia” fu il grande “anfitrione” o meglio dire, lo “sponsor” di quel programma di grande successo.
L’ultima volta che chi scrive ha avuto modo e casualmente, di vedere un “Juke-Box” funzionante, fu all’esterno di un ristorante di Gabicce Monte sulla sommità del Monte San Bartolo in provincia di Pesaro-Urbino, ma territorialmente ancora nella subregione: Romagna. Chi furono i primi cantanti italiani e stranieri ospitati nei ”Juke-boxes” nostrani?. Un “rebus” da ricerca per le giovani generazioni, ma un felice ricordo per noi vecchi “boomers”, ed alcuni di loro sono ancora in circolazione e sull’onda del successo, che cavalcano con grande bravura ed abilità. I primi che ad esempio, chi scrive ebbe modo di ascoltare nel “Juke-Box”, furono i “Beatles” i popolarissimi "scarafaggi" del nostro vivere di allora. -”... Eleanor Rigby picks up the rice in the church where a wedding has been …”-. Come di nicchia è tornato il 33 giri, e si auspica davvero anche il ritorno dei “Juke-boxes”, ma senza più i 45 giri e con i CD, ma anche questi sono ormai di fatto obsoleti, che fare?. viviamo tranquillamente di soli ricordi e si guardi baldanzosamente in avanti. Che bello essere stati adolescenti nei “mitici” anni ‘60, per noi “baby boomers” di oggi, e ci teniamo al “baby”, anche se ormai si è giovani soltanto dentro di noi. Quanti ricordi e quanti balli fatti con il “Juke-Box.