#352 - 1 giugno 2024
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Cinema

I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"

Tito Guizar

I dimenticati, Diari di Cineclub109.


Di

Virgilio Zanolla

Quello messicano è probabilmente il cinema più ricco di cantanti-attori: nella sua epoca d’oro (1932-60) ne ha annoverati così tanti che si sarebbe quasi potuto dire, ogni cantante era attore; ricordiamo tra i più celebri Jorge Negrete, Agustín Lara, José Mojica, Pedro Infante, Antonio Aguilar, Javier Solís, Flor Silvestre, Lola Beltrán, Evangelina Elizondo, Toña la Negra, Eva Garza, Rosita Quintana. Al cinefilo del Bel Paese il nome di Tito Guízar forse dice poco: ma stiamo parlando di uno dei più noti e stimati artisti del paese dei mariachi, con una carriera durata settant’anni, molto apprezzato in tutta l’America Latina e negli Stati Uniti.

Tito Guizar

Federico Arturo Guízar Tolentino, questo il suo nome completo, era nato l’8 aprile 1908 a Guadalajara, capitale dello stato di Jalisco, da José María Guízar y Valencia, e Adela Tolentino de Guízar. Il padre era fratello del vescovo Rafael Guízar y Valencia, beatificato da Giovanni Paolo I e canonizzato da Benedetto XVI, mentre da parte materna era cugino del poeta e compositore Pepe Guízar, l’autore della celebre canzone Guadalajara, e dell’attrice Susana Guízar. Fu la madre a instillare nel giovanissimo Federico l’amore per la musica. Nel 1924, quand’egli contava sedici anni, grazie all’appoggio dello zio materno, il generale Francisco Tolentino, governatore ad interim dello stato di Jalisco, debuttò come cantante nel teatro Degollado della sua città natale, con buon esito. Federico continuò a cantare, abbandonando per amore del canto gli studi di medicina ai quali s’era inizialmente indirizzato. Lo zio futuro santo lo portò con sé in Italia e gli fece approfondire la tecnica vocale facendolo studiare per tre mesi presso il baritono Mario Sammarco, dopodiché, tornato in patria, il nipote si esibì con successo al teatro Politeama di Città del Messico. La sua famiglia era sufficientemente abastada (ricca): ciò spiega come egli abbia potuto permettersi lo studio del pianoforte, e rinomati insegnanti di canto anche in patria; più tardi, tra il 1931 e il ’38, a New York, il nostro giovane si perfezionò col celeberrimo tenore Tito Schipa, che gli era tanto caro da decidere di assumere il suo nome di battesimo quale proprio nome d’arte.

Tito Guizar

Nella metropoli americana si era recato già nel ’28, quando appena ventenne, già noto in patria per la bella voce tenorile, incise i suoi primi dischi per la sigla PHAM-EMMI: Orgullo e Serenata, due canzoni di Agustín Lara, accompagnato dall’orchestra di Eduardo Vigil y Robles e dai chitarristi Juárez H. Garcia e Antonio Bribiesca Castellanos (quest’ultimo, che divenne suo collaboratore storico, noto virtuoso chiamato quello de la guitarra que lloraba, della chitarra che piangeva, per l’intensità che sapeva trasmettere); ma al supporto orchestrale Tito preferirà spesso due strumentisti e la sua inseparabile chitarra. Nel ’31, sempre a New York, egli sposò la ventenne María Pilar del Carmen Noriega Segura, detta Nanette, ballerina, cantante e attrice, da lui amatissima, che gli dette i figli María Nina (1933-2009), Lilia, attrice e cantante (1938), e Federico detto Tito jr (1943-2023), e con la quale trascorse tutta la vita.

Tito GuizarTito Guizar

La popolarità acquisita con le canzoni lo portò ad Hollywood, che in quei primi anni del sonoro reclutava bravi interpreti per i suoi film musicali, girati spesso in più lingue per il mercato estero, soprattutto latinoamericano. Per lui, il passo dalla canzone al cinema fu breve: anche perché, essendo dotato di una figura attraente - era alto, elegante, composto, aveva lineamenti regolari, occhi azzurri e capelli castani - il pubblico, specie quello femminile, era sempre molto ben disposto a seguirlo. Tito debuttò davanti alla macchina da presa nella parte di un cantante di caffè ne Il gaucho nero (Under de Pampas Moon, 1935) di James Tinling, con Warner Baxter e Ketti Gallian: un film d’avventura, in cui, nel ruolo di una ballerina, esordì anche la diciassettenne Rita Cansino, poi nota come Rita Hayworth. In quel periodo venne reclutato dalla Columbia Broadcasting System, per tenere un programma radiofonico bisettimanale da Los Angeles, Tito Guízar y su guitarra, interpretando canzoni messicane e spagnole: la trasmissione ebbe molto successo.

Tito Guizar

Attivo nel cinema tanto negli Stati Uniti che in Messico, Tito apparve poi nel dramma romantico Allá en el Rancho Grande (’36) di Fernando de Fuentes, come il protagonista José Francisco Ruelas, accanto alla ventenne Esther Fernández: questa pellicola, che narrava la vicenda di due amici rivali in amore, è considerata la prima commedia d’ambientazione ranchera, e costituì anche il primo successo internazionale del cinema messicano, promuovendo da un giorno all’altro il suo giovane interprete nell’idolo delle platee latinoamericane. La storia di per sé appariva tutt’altro che originale, ma la pellicola era costellata di affascinanti numeri musicali, come certe pittoresche danze contadine; la canzone che dà il titolo al film, opera del compositore Juan Diaz del Moral e da lui interpretata, coi noti versi «Te voy hacer tus calzones como los usa el ranchero, / te los comienzo de lana y te los acabo de cuero» (Ti farò i calzoni come li usa il ranchero, / li comincio di lana e li finisco di cuoio), divenne popolarissima anche negli Stati Uniti; qui, il 20 aprile 1937, Tito si esibì in un concerto al Carnegie Hall di New York in cui riscosse grandi consensi; lo stesso fece più tardi al Waldorf Astoria.

Tito Guizar

Lo stesso anno egli vestì i panni del coprotagonista Antonio Rosales nel melodrammatico Amapola del camino (’37) di Juan Bustillo Oro e Antonio Guzmán Aguilera: dove fu a fianco di Margarita Mora, di Andrea Palma e del grande Pedro Armendáriz. Nel ’38, tornato a Hollywood, lavorò per la Paramount Pictures in due commedie musicali: Tropic Holiday di Theodore Reed, con le coppie Ray Milland-Dorothy Lamour e Bob Burns-Martha Raye, in cui fu il giovane cantante Ramón, eseguendo in inglese il romantico motivo Noche tropical; e The Big Broadcast of 1938 di Mitchell Leisen, ancora accanto alla Lamour e alla Raye, col comico W. C. Fields e a Bob Hope. Fu poi Julio Bertolín nel drammatico Mis dos amores di Nick Grinde, un film destinato al mercato in lingua spagnola, avendo come partners Blanca de Castejón ed Emilia Leovalli; infine vestì i panni di Mario del Valle nel romantico El trovador de la radio di Richard Harlan, accanto a Jean Brooks.

Tito Guizar

Queste prestazioni fecero di lui il più popolare rappresentante musicale del charro (il cowboy dello stato di Jalisco), una sorta di Roy Rogers in salsa guacamole, e insieme, con Dolores del Río, Lupe Vélez, Ramón Novarro e José Mojica, uno degli attori messicani più famosi di Hollywood. Anche il 1939 si rivelò per lui un anno molto propizio. Tito prese parte ad altri quattro film, soprattutto commedie d’ambientazione western, dove i suoi intermezzi musicali costituivano quasi sempre i punti forti: St. Louis Blues di Raoul Walsh, con la Lamour e Lloyd Nolan, Papà soltero di Richard Harlan, con Amanda Varela, El rancho del pinar ancora di Harlan, con Pilar Arcos, e The Llano Kid di Edward Venturini, con Jan Clayton e Gale Sondergaaard. Intanto, per la catena CBS condusse per sette anni El Gaucho, uno dei primi programmi bilingue della radio statunitense, continuando a esibirsi in vari locali, e a incidere canzoni con l’etichetta Víctor: particolare successo riscossero motivi popolari messicani e spagnoli interpretati con nuovi arrangiamenti, come La cucaracha, Cielito lindo e Granada; più tardi venne accolta molto bene anche You Belong to My Heart, la versione inglese di Solamente una vez, che Agustín Lara scrisse nel ’42 per José Mojica
(vedi “Diari di Cineclub” n°106, VI 2022, pp. 42-43).

Tito Guizar

Negli anni Quaranta prese parte a diciassette film, americani, messicani e argentini, soprattutto commedie musicali: tra cui De Mexico llegó el amor di Harlan e Allá en el Trópico di Fernando de Fuentes (entrambi ’40); Blondie Goes Latin (’41), di Frank R. Strayer e Robert Sparks; ¡Qué lindo es Michoacán! (’43) di Ismael Rodríguez; Adiós, mariquita linda (’44) di Alfonso Patiño Gómez; in Marina, ispirato dall’omonima zarzuela di Emilio Arrieta e diretto nel ’45 da Jaime Salvador, dove tornò a far coppia col soprano Amanda Ledesma, eseguì con successo alcuni brani da tenore lirico; in The Thrill of Brazil (’46) di S. Sylvain Simon, accanto ad Evelyn Keyes, Keenan Wynn ed Ann Miller, interpretò se stesso; nel western musicale On the Old Spanish Trail (’47) di William Witney, eseguì tre motivi: I’ll Never Love Again, Guadalajara (in coppia con Estelita Rodríguez) e l’aria Una furtiva lacrima tratta dall’opera L’elisir d’amore di Donizetti. Ebbero successo anche The Gay Ranchero (’48) di Witney, dove cantò le canzoni di Lara You Belong to My Heart e Granada, e Ahí viene Vidal Tenorio di René Cardona, a fianco della bella attrice colombiana Alicia Caro. Col cubano Cardona - che mostrava una straordinaria somiglianza fisica col nostro Pietro Germi, e in quanto attore e regista era suo perfetto omologo - Tito avrebbe lavorato in altri tre film, in due avendolo come regista e in uno come collega.

Tito Guizar

Egli se la cavò benissimo anche nelle storie sentimentali (come Brazil di Joseph Santley, ’44, con Virginia Bruce, Edward Everett Horton e Roy Rogers), e nei melodrammi: vedi Amores de ayer (’44) di Rodríguez, El gallero di Emilio Gómez Muriel, con Rita Macedo, ed En los altos de Jalisco di Chano Urrieta, con Blanca Estela Pavón (entrambi ’48).
Dopo De Tequila, su mezcal (1950) di Carlos Toussaint, accanto a María Luisa Zea, nel ’54 prese parte a due garbate commediole dirette da Cardona, Sindicato de telemirones e De ranchero a empresario, entrambe con Emilia Guiú. Nel ’55 lavorò nel drammatico El plagiario (1955) di Zacarías Gómez Urquiza. Fu drammatico e memorabile anche il successivo film, apparso quell’anno e diretto ancora da Gómez Urquiza, El pecado de ser mujer: un’opera che Tito coprodusse. La vicenda era pirandelliana: Javier Morales (lui) che vent’anni prima aveva abbandonato incinta la giovane María Luisa (Alma Rosa Aguirre), caduto in povertà, per errore viene dichiarato morto e capita al proprio funerale, ciò che lo costringe a fare i conti col proprio passato. Tra gli altri interpreti, nella parte del figlio di Javier e María Luisa, c’era anche suo figlio Tito jr. Mentre ne Los hijos de Rancho Grande (1956) di Juan Bustillo Oro, con Esther Fernández e René Cardona, il ruolo di Margarita fu appannaggio della sua secondogenita Lilia, al suo debutto davanti alla macchina da presa.

Tito GuizarTito Guizar

Nel ’58 Tito apparve in una trilogia di commedie musicali dirette da Rafael Portillo e interpretatate da Eduardo Noriega, Luis Aguilar, Pedro Vargas, Rebeca Iturbide e il celebre musicista, compositore e direttore d’orchestra cubano Pérez Prado, ‘El Rey del Mambo’: Locos por la televisión, Locura musical e Música y dinero. Quell’anno il nostro attore si produsse anche in un’altra commedia musicale, Música en la noche di Tito Davison, con un pletora di validissimi artisti tra cui Lola Beltrán, Katherine Dunham e Carmen Amaya.
Due anni dopo Guízar ebbe un primo incontro con la televisione, apparendo con la figlia Lilia in un episodio della prima serie di The Chevy Mystery Show (1960), una serie statunitense basata su storie di genere giallo. Aveva iniziato a diradare i suoi impegni cinematografici, tanto che in quel decennio prese parte solo al drammatico The Time and the Touch (’62) di Benito Alazraki, con Vicki Cummins e Xavier Marc. Non aveva tuttavia rinunciato alle apparizioni in tv, ai programmi radiofonici, alle tournées con concerti e alle altre esibizioni dal vivo, e proseguì imperterrito a registrare nuovi dischi, con le etichette Columbia, RCA Víctor, Peerles, Olympia e Orfeón Dimsa Okeh: canzoni (circa 10.000 in madrelingua, 50 in inglese, francese e italiano), e perfino cinque opere liriche integrali. Molti dei brani in spagnolo portano la firma di autori prestigiosi come suo cugino Pepe Guízar, Manuel Ponce, Ernesto Cortázar, Agustín Lara, Manuel Esperón, María Grever, Lorenzo Barcelata e altri ancora; egli stesso ne compose alcuni, parole e musica. L’età avanzata non aveva minimamente scalfito la sua voce, se è vero che a ottant’anni, eseguendo una canzone in un programma televisivo, si produsse in un acuto che durò ben diciotto secondi.

Tito Guizar

Tornò al cinema soltanto nell’83 in Allá en el rancho de las flores di Jaime Fernández, con Rosita Quintana, Cruz Infante, Amparo Arozamena. Dopo che nel ’67 era apparso nella telenovela colombiana El jugador de Ugo Betti, tra l’85 e l’86 partecipò nel ruolo di Juan a una nuova telenovela, Il segreto (De pura sangre). Rimasto vedovo, negli anni Novanta le telenovelas divennero il suo pane e gli diedero nuova vasta popolarità: fu Papá Pancho Pérez nella fortunatissima Miramar (’94), guest star in Bajo un mismo rostro (’95), Padre Honorio in María la del Barrio (’95-96); apparve in Mujer, casos de la vida real(’97), fu Don Panchito ne La usurpadora (’98), Agustín García in Libera di amare (El privilegio de amar, ’98-99), se stesso nella serie comica Derbez en cuando (’99) e pure in Marilyn Menson y los Rolling Gags (id.), dove fece la sua ultima comparsa televisiva. Due anni prima aveva preso parte all’ultimo dei suoi oltre quaranta film, il thriller drammatico Reclusorio (’97) di Ismael Rodríguez, con Marga López, Cuitláhuac Rodríguez e Kate del Castillo.
Tito Guízar è morto il 24 dicembre 1999 a San Antonio, in Texas, all’età di novant’anni, otto mesi e sedici giorni, a causa di una polmonite fulminante. La sua salma riposa in una tomba dell’Asociación Nacional de Actores (ANDA) del Panteón Jardín a Città del Messico.

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