Un meritato riconoscimento nella storia dell'arte del '900
Lido di Spina - Museo Alternativo
Remo Brindisi
Padre della Nuova Figurazione
di Roberto Bonsi
Chi di voi si rammenta di un pittore del Novecento il cui nome è Remo Brindisi?
Dalle carte ormai ingiallite e dalla polvere della “storia dell’arte” tiriamo fuori il nominativo di questo artista del pennello, il cui nome nel suo più che corretto senso verbale, indica il suo desiderio, la sua voglia di muoversi, di andare avanti e di nuotare in quel mare spesso “forza nove” che è la vita.
Il Brindisi, e qui denotiamo non il nome della città salentina al suo riguardo, bensì, l’atto spontaneo di fare un qualsiasi tipo di augurio e per diversificati motivi, tra familiari, parenti-stretti, amici e conoscenti, compreso l’ambito del lavoro. Allora, dunque, un riconoscente “cin-cin” ed in “alto i calici” per questo maestro del bello dipingere.
Egli nacque nell’ “Urbe capitolina”il 25 aprile del 1918, e…“volò” via lontano da questa nostra Madre Terra, per stabilirsi - infine - nella sua residenza in quella che è una delle “Sette perle” del mare ferrarese, quello forse più intriso di Romagna che di ferraresità.
Vi scriviamo del Lido di Spina, località bagnata dall’Adriatico che si trova nei pressi della bella cittadina lagunare di Comacchio, e da qui anche la dicitura di “Lidi di Comacchio”.
La sua morte avvenne l’anno 1996. I suoi genitori furono lo scultore abruzzese di Penne, Fedele Brindisi ed Elisa Rebutti. Egli fu l’ottavo di ben undici figli (n.d.a.: allora le madri erano molto prolifiche). Correva l’anno 1935 quando il giovane allora appena diciassettenne Remo Brindisi ebbe modo di frequentare il corso di scenografia presso il “Centro Sperimentale di Cinematografia” della Capitale. Passo’ poi alla locale “Accademia delle Belle Arti” e prese parte alle lezioni della “Scuola Libera di Nudo” inserita nell’ambito della stessa Accademia.
Al termine di questi studi dal vero, riuscì ad ottenere l'ambita borsa di studio che gli permise di frequentare in quel di Urbino nelle Marche l' Istituto Superiore d’Arte per l’Illustrazione del Libro. Ottenuto il diploma decide di … cambiare aria e di trasferirsi nella bella Firenze, dove poco dopo riesce ad aprire un suo studio o meglio scrivere, un suo “atelier” in Via della Scala.
La sua primissima mostra d’arte personale è datata 1940. Scoppia però anche per l’Italia l’impegno bellico della “Seconda Guerra Mondiale”, ed il Brindisi, riesce a trovare una soluzione ottimale: chiamato alle armi, viene destinato all' “Istituto Geografico Militare”, sempre nel capoluogo toscano, e quindi come si suol dire con un eufemismo, il giovane Remo, … “giocò in casa”.
Nel corso del 1943 e dopo l’avvenuto armistizio, si mette in mostra nel mondo culturale fiorentino, città medicea per eccellenza, e frequenta altri artisti al pari suo, come Ardengo Soffici, Ottone Rosai, e diversi altri. L’anno successivo venne fatto prigioniero dai tedeschi, ma per fortuna sua, riuscì poi a fuggire e visse da clandestino a Venezia, questo fino al fatidico e fortemente atteso giorno della “Liberazione”.
Sempre restando nel capoluogo della Venezia Euganea, strinse un sodalizio con Carlo Cardazzo di professione gallerista d’arte, che gli concesse l’opportunità di ampliare la sua attività artistica e di dare così un maggiore impulso alla realizzazione di diverse sue mostre di pittura.
Nel 1947, dopo tutto il suo peregrinare di vita vissuta, segue il Cardazzo in quel di Milano, dove è lì nella grande città della “Madonnina” che quest’ultimo apre una sua ennesima galleria d’arte che si chiamerà: “Il Naviglio”, dove per numerose volte esporrà anche Remo Brindisi.
Il “Dopoguerra” meneghino risulterà poi essere molto vivo e pulsante e anche trascinante, per la voglia di vivere e di assaporare in pieno la tanto agognata libertà, il raggiungere gli obiettivi desiderati, a lungo osteggiati a caura della crudeltà della guerra e dal regime che si impose sugli italiani.
Polemiche e reazioni a non finire anche nel mondo dell’arte, fatto anche di un “sottobosco” e di malversazioni, di arricchimenti illeciti e di povertà quasi indissolubili, Una sorta di ripetuta "Bohème" come quella parigina nel periodo della “Belle Epoque”.
Furono accese delle ulteriori polemiche, in questo caso tra gli aderenti al Movimento dei “Realisti” contro quello degli “Astrattisti”. Brindisi trova conforto ampliando ancor di più la cerchia delle sue conoscenze e di seguito delle amicizie, e tra queste si menzionano “grandi” personaggi come il poeta siciliano ma trapiantato a Milano, Salvatore Quasimodo ed il pittore albanese Ibrahim Kodra.
Remo Brindisi si accosta al movimento "Realismo" che lo vede contrapposto al pittore Renato Guttuso, anch’egli proveniente dalla terra di Sicilia. Questa netta contrapposizione lo convince e lo induce a rompere ogni legame con il movimento.
Tra il 1956 ed il 1961, quindi nel pieno del “boom economico italiano” postbellico, Brindisi decide di cambiare il suo stile pittorico che lui stesso “battezza” con la locuzione di “Nuova Figurazione”, e qui -a detta dei critici - egli si mostra come un … “cantore epico dei miti e dei drammi storici del nostro tempo”, e di fatto la sua pittura vive così di una nuova stagione più aperta alla contemporaneità del vivere e con uno sguardo attento verso l’Europa e l’America. In questo specifico caso furono così frequenti suoi viaggi esplorativi a Parigi e a New York, città propulsive dove tra l’altro egli risiede per davvero lunghi periodi.
Si incontra con L’ “Esistenzialismo” (n.d.a.: vedi Parigi), e di nuovo, ma con una forma ancor più moderna di “astrattismo”, meglio definita come “Espressionismo astratto”. Nel contesto del mondo siamo ormai e da tempo alle prese con una società di fatto disumanizzata, e comincia sempre più ad imperare una sorta di tecnologia avanzata, la ben nota “Civiltà delle Macchine” che nacque e si mise in azione per ben due volte, partendo dall’Inghilterra ottocentesca.
Brindisi ebbe modo di raggiungere e di appropriarsi di un notevole senso estetico anche nel campo del disegno e dell’incisione. La sua maestria nel dipingere fa ricordare lui nella sua amata campagna abruzzese, ed altre immagini “bucoliche” del luogo, l'aspetto spesso voltato verso Oriente al riguardo della bella Venezia, l’intensa sublimazione della figura femminile, la cattiveria od ancor meglio la ferocia dell’uomo sull’uomo.
Egli correlava i suoi quadri anche di una certa fantasia onirica e dalla purezza del segno.
La villa di LIdo di Spina, allora di sua proprietà, è da tempo divenuta una “Casa-Museo” chiaramente a lui intitolata, e ora di appartenenza del Comune di Comacchio, dove al suo interno sono raccolte alcune delle sue più importanti … “ fatiche” cromatiche.
Remo Brindisi nei suoi trascorsi è stato anche Presidente del Consiglio di amministrazione della “Triennale” di Milano. Ricordiamo qui un particolare, quando nel corso del 2021 una sua pronipote di nome Linda presentò proprio nella “Casa Museo” dell’illustre pittore, una tesi di laurea che la riguardava, facendo sì che che nel suo tomo risultassero, l'architettura e gli spazi della villa del prozio, la collezione di dipinti non suoi, all'incirca duecento, ed I lavori, o meglio l’opera di Brindisi. La pronipote svolse la tesi di laurea dopo aver frequentato l'Accademia delle Belle Arti” di Brera. “Buon sangue non mente” ci viene da scrivere, dopo Remo Brindisi e dapprima suo padre Fedele, ecco la giovane Linda che ha seguite le loro stesse orme.
I resti mortali di Remo Brindisi sono sepolti nella “Casa-Museo”, definito “Alternativo” ( inaugurato presente l’artista, nel lontano anno 1970) per via della sua peculiarità di esposizione così ben definita nel bel mezzo della variegata natura circostante.