Shaliran
Il Piccolo fiore sorridente - 28
di Ruggero Scarponi
-Yabel offre la dote di nozze alle due sorelle maggiori di Kalina
Entrava in quei giorni il tempo del narfur costituito dalle tre sacre decadi dei mesi di Melk, Ar e Ghor.
Infatti, al culmine del ciclo di Kos, quando il sole splendeva al pieno della sua luce, nella città di Shawrandall, il Grande Sacerdote del tempio Karashan annunciava ai fedeli la festa dell’unione cosmica.
Nelle prime decadi dei tre mesi estivi si rinnovava il mistero della creazione del mondo.
La sacra prediletta tra tutti gli dei Naor si univa con il suo promesso Ebid secondo un rituale tramandato da tempo immemore dal popolo della rivelazione, l’antico popolo dei Rho signore dei quattro fiumi universali, dai quali era stato generato il mondo.
Nella prima decade del mese di Melk, il molto venerabile Ebid, figlio del Cielo e della Stella degli infiniti orizzonti, raggiungeva la vetta della montagna di Mahar, per inginocchiarsi ai piedi del celeste trono e pronunciare il nome della sua promessa sposa, la sacra prediletta tra tutti gli dei Naor.
Il fiore di Ran che mai sfiorisce nel sacro tabernacolo effondeva allora il profumo dei mille e mille tempi e delle auree sempre splendenti.
La sacra prediletta tra tutti gli dei si faceva promessa del suo promesso al cospetto del mondo.
Nella prima decade del mese di Ar si celebravano le nozze divine e la sacra prediletta recava in dote l’acqua e l’aria e il suo promesso la terra e il fuoco. Nei sempiterni palazzi si compiva la festa nuziale prima dello scambio del dono imperituro. Nell’ultimo giorno della decade di Ar, infatti, Ebid e Naor si scambiavano il dono Karashan, l’amore salvifico e creatore principio del se’ pensante e delle cose eterne.
Nella prima decade del mese di Ghor gli dei accoglievano dalla sacra prediletta, tramite i quattro fiumi universali, i frutti dell’unione indefettibile. I doni del copioso e incontenibile amore fuoriuscivano dalle celesti dimore manifestando al mondo dei mortali la benigna volontà degli dei magnifici e soprattutto della sacra prediletta tra tutti gli dei Naor.
In quei mesi, nel tempo del narfur, nelle decadi festive, nell’onorevole città di Shawrandall i giovani e le giovanette, ricevuta la paterna benedizione, si scambiavano le promesse nuziali.
Secondo la tradizione tramandata da innumerevoli anni le giovani fanciulle andavano promesse recando una dote in beni della casa in preziosi o denari. Mentre i giovani promessi recavano la dimora coniugale e la parte stabilita delle ricchezze della casa del loro nome. Per questo Yabel che aveva condotto con sé nel suo palazzo al tempio Karashan le due sorelle maggiori di Kalina, Genir e Jalen vedendo che non potevano acconsentire ai loro promessi perché avevano perso con i beni della propria famiglia anche la loro dote, fu mosso da grande compassione e decise di donare egli quanto avrebbe fatto per loro Rudash, il vecchio padre. Diede ordine infatti, all’intendente di palazzo, di approntare le doti per le due giovani, complete di finissimi lini e ricchi preziosi. Poi chiamò le due fanciulle e le benedisse e disse loro di convocare i promessi per l’indomani che li avrebbe accolti come parenti del sangue.
Intanto nulla sembrava turbare la festa nella città assediata.
Il nemico appostato oltre il vallo di legno non sembrava intenzionato a intraprendere operazioni offensive limitandosi a rafforzare le posizioni e a scrutare le possenti mura.
All’interno, tornata la calma dopo le turbolenze dei vagabondi e isolato il morbo pestifero in pochi quartieri periferici, il cibo abbondante e l’acqua nelle pubbliche fontane allontanavano il pensiero della guerra. Le attività giornaliere erano riprese e i mercanti e gli artigiani erano tornati a far mercato dei loro prodotti.
La città di Shawrandall benché assediata era una città enorme, si diceva allora, la più grande del mondo e le attività di una moltitudine di cittadini indaffarati la rendevano sempre attiva e operosa. I magazzini stipati di merci sopperivano alla mancanza di scambi con l’esterno e i teatri e i divertimenti avevano ripreso ad attirare i cittadini nelle calde serate del tempo del narfur. A poco a poco i cittadini si adattavano a quella vita nella città assediata e dopo alcuni giorni quasi nessuno saliva le alte mura per scrutare le forze nemiche.
Le orazioni dei celebri avvocati nel foro giudiziario, le lezioni dei filosofi nelle rinomate scuole, le osservazioni astronomiche dei sapienti nissum, avevano ripreso in pieno nelle abituali sedi e la guerra appariva come una cosa lontana e forse irreale. Il Consiglio degli Anziani era però preoccupato del morbo pestifero. Di tanto in tanto qualche nuovo cadavere veniva scoperto al di là dei quartieri isolati. Il Consiglio allora per evitare il diffondersi del panico aveva ordinato di tenere nascoste quelle notizie. Ma gli stessi cittadini ne negavano l’esistenza adducendo a febbri o malesseri vari le morti che colpivano qualche vicino o famigliare. Subito dopo, però, specie di notte, arrivavano i soldati e bruciavano quanto era possibile obbligando tutti coloro che erano stati a contato con il malato a recarsi nei quartieri isolati.
Il Consiglio, nel caso che il morbo avesse aumentato la sua virulenza aveva predisposto un piano molto drastico. Avrebbero scacciato fuori dalle mura tutti i malati e bruciato senza pietà le loro case pur di mantenere il più possibile saldo l’apparato difensivo. I cittadini erano ignari in quei foschi tempi che il Consiglio degli Anziani aveva deliberato di sacrificare la popolazione pur di impedire al nemico di averla vinta sull’orgogliosa Shawrandall.
Animati da un autentico furore gli Anziani del Consiglio vegliavano senza un attimo di riposo, sulle mura, sul diffondersi del morbo, sulle riserve alimentari e sulle truppe. Per questo decisero di chiedere al Gran Sacerdote di far pronunciare dallo sha uraz e pta-nurim Yabel l’anatema contro il nemico. Chiedevano essi agli dei di riconoscere il primato dell’onorevole città nella quale era stato eretto il più sacro dei templi, il tempio Karashan e disperdere miracolosamente il nemico.
Ma di tutte queste preoccupazioni nulla sapevano i venditori di ciambelle kresh, le dolci ciambelle di pasta, miele e semi di kresh tanto amate dai bimbi che attendevano con ansia il tempo del narfur per gustarle. E nulla sapevano i sarti del quartiere Nor intenti a preparare gli abiti per la cerimonia del quashem, il fidanzamento ufficiale tra i giovani che si erano promessi in quel tempo di narfur. E nulla sapevano gli osti che nelle loro botteghe lungo il Kalbir e l’alberato Shamir richiamavano a gran voce i viandanti per fermarsi a bere un bicchiere del dolce sidro di beqel e magari qualche bicchiere del forte vino yassim.
Il tempo sembrava essersi fermato e nulla faceva presagire l’arrivo della tempesta che avrebbe cambiato per sempre la vita dei cittadini dell’onorevole città, sconvolgendo abitudini e tradizioni, tramandate da innumerevoli anni.