Tre immagini mi picchiano in testa
Foto mai scattate
l' oro, il tramonto con le barche in silhouette, il trullo
di Guido Alberto Rossi
Sono abbastanza sicuro nell’affermare che a tutti fotografi del mondo, dai più grandi e famosi ai fotoamatori più asini, sia capitato di stare già con il dito contratto per scattare una foto perfetta e poi all’ultimo momento qualcosa è andato storto e la bellissima immagine è rimasta solo piantata nella memoria di un qualche neurone.
Forse ai fotografi di studio non è mai capitato, dal momento che hanno tutto perfettamente sotto controllo, ma magari a qualcuno che stava fotografando un bel gelato e nel momento del clic è andata via la luce ed è tornata solo quando il gelato era ormai sciolto può essere successo, peccato era tutto perfetto. Ma non è irreparabile, basta comprare dell’altro gelato e si riscatta, mentre al fotografo che sta scattando l’attualità o lo sport, se gli finiva il rullino (oggi la memory card è piena) nel momento clou, lo scatto non avviene e la foto perfetta non esiste.
Amici fotografi di moda o di beauty mi hanno raccontato che spesso nel momento migliore dell’espressione della modella o del suo movimento il clic è mancato perché, presi dalla concentrazione dell’inquadratura, non si erano accorti che la scheda era piena e dopo aver cambiato scheda e ripreso a scattare lei non è più riuscita ad avere quell’espressione perfetta durata solo tre secondi della vita. Ovviamente per il cliente non cambia niente, le foto sono comunque ottime e gli vanno bene, lui non ha mai visto quel sorriso magico durato tre secondi, ma al fotografo rimarrà per sempre in testa la foto non scattata.
Ad alcuni fotografi particolarmente sensibili capita anche di sognarli e rivivere il tutto come un incubo ricorrente.
Facendo della fotografia aerea, mi è capitato diverse volte che nel momento dello scatto con l’angolo migliore e luce perfetta la scheda era piena, nonostante l’avessi appena cambiata, ma con la macchina fotografica motorizzata alle volte ci si fa prendere il dito e la scheda si riempie subito. Prima dell’invenzione delle macchine digitali che hanno la possibilità di fare il video, i fotografi di sport dovevano prevenire il momento perfetto dell’azione, se lo vedevi nel mirino, sicuramente l’avevi mancato, ti rimaneva scolpito in testa, ma non avevi la foto. Oggi in quelle situazioni scatti/fai il “filmino” e poi scegli il frame perfetto e tutti dicono ma come avrà fatto a scattare nel momento giusto? Ci sono poi i casi dove il fotografo ha visto la situazione o il soggetto in situazione ideale, s’immagina già la foto e magari anche la vendita e poi arriva un soggetto umano (in genere in divisa) e rovina tutto magari solo per curiosità, ma il più delle volte perché è vietato fotografare.
Ho tre scatti mai scattati che da decenni mi girano ancora nel cervello, dandomi quasi fitte di dolore, in ordine cronologico: Anni 90, Sud Africa, servizio fotografico nelle miniere d’oro diTauTona. Tutto fila alla perfezione, sono accompagnato dal capo delle relazioni pubbliche che si fa in quattro per farmi fare delle belle foto, tanto da portarmi ad un chilometro sotto terra per fotografare i minatori che “trapano” la vena d’oro, che poi era fotograficamente uguale alla roccia che un altro operaio “trapanava” a pochi metri di profondità, però vuoi mettere l’esperienza di essere sceso per delle scale di catene nei buchi neri, illuminati solo dalla lampadina sul casco, cercando di non far sbattere le macchine contro le pareti del buco.
Abbiamo quasi finito il giro quando vedo che stanno caricando un enorme ascensore di circa 15 metri di diametro, che parte dalla superficie, perfettamente illuminato dal sole e con a bordo tantissimi operai neri con i caschi di plastica di vari colori, tutti hanno la lampadina accesa e i denti bianchi, a fianco c’è anche una scala da cui posso scattare comodamente dall’altezza giusta, il tempo di salire cambiare obiettivo, mentre nella mente incomincio ad immaginare lo scatto, arriva un addetto della sicurezza che ferma tutto e non mi lascia scattare perché teme che poi la didascalia sia negativa per la miniera. Ovviamente nasce una cortese discussione a tre, ma il vincitore è l’uomo in divisa perché ha più potere dell’uomo PR e poi è anche grande grosso e forse cattivo.
Anni 2000, USA, Cape Cod, reportage turistico. Il sole sta per tramontare, in primo piano ho ancorate nella baia le tipiche barche per la pesca alle aragoste, prevedo che il sole tra una quindicina di minuti si tuffi in acqua dietro la silhouette nera delle barche, cerco il posto migliore per scattare e proprio a portata c’è un pontile perfetto, un cartello dice che è riservato ai pescatori.
Non c’è un’anima viva in giro e così ignoro il cartello, monto cavalletto, macchina e grosso teleobiettivo, mancheranno cinque minuti per la foto perfetta, quando arriva una poliziotta su una strana moto a tre ruote, mi si avvicina e mi chiede se ho letto il cartello, le spiego del sole, che non c’è nessuno e che in massimo dieci minuti me ne vado. Mi risponde che se non vado via subito, lo considera resistenza a pubblico ufficiale e sarà costretta ad arrestarmi. Ovviamente ho preferito non aspettare il tuffo del sole e lo scatto perfetto che finire ammanettato.
Qualche anno fa, Italia, Puglia, siamo in macchina lungo una strada nei pressi di Locorotondo, perfetto trullo in pietra con tanto di muretto a secco, cielo blu ed una nuvoletta perfetta immobile sopra il trullo. Cerco freneticamente un punto per girare la macchina, trovare un buco per parcheggiare, quando i miei passeggeri: Laura, Annarita e Fabio si mettono di traverso e mi dicono che ne hanno abbastanza di soste per fotografare i trulli e guai se mi fermo (avremo fatto circa cinquanta soste prima di quella…sostiene Laura).
Ancora oggi gli rinfaccio lo scatto mai scattato, ma loro se ne fregano.