Se è vero che sono gli uomini a caratterizzare i luoghi, a dare loro riconoscibilità,
a renderli affascinanti, è poi vero che sono i luoghi a restituire ricordi, affetti, nostalgie,
a pretendere un costante richiamo, una sottile ragnatela che avvolge i nostri desideri.
Il Mare di Sicilia
6 - Panarea 1963
di Angelo Zito
Appuntamento da PEPPEMARIA a Panarea.
In treno fino a Messina e poi: l’isola. L’imbarco però è da Milazzo. Riprendo il treno, sorpresa: la prima barca parte tra due giorni. Trovo un alloggio, un letto, in uno stanzone che ne contiene altri discretamente separati da lenzuola. Ma i disagi fanno parte dell’avventura. Arrivato dopo circa 2 ore di barca chiedo della casa di Peppe Maria. Me ne indicano una a un paio di chilometri. Con il mio zaino mi incammino ma... “Forse è la casa Peppe Maria che sta dalle parti dell’imbarco”, e mi offrono da bere. Rifaccio la strada già fatta, Il sole intanto cuoceva. Finalmente su un muro di un grande terrazzo la scritta PEPPEMARIA. Provo inutilmente a dare una voce, mi avventuro sul terrazzo e nell’angolo lontano una porta, la apro e, meraviglia!, una doccia. Giro il rubinetto ma esce una sola goccia. Non sapevo che l’acqua doveva essere pompata con una leva.
È l’inizio del mio film d’amore con Panarea.
Non sapevo di Sicilia
Mano nella mano,
poche gocce di Malvasia
e una canzoncina a mezza voce.
Mai avevo visto un cielo
così pieno di stelle.
Panarea
in quegli anni
non aveva luce elettrica
ma solo stelle
che davano conforto agli innamorati.
“Scopritevi” diceva con intenzione
Giuseppe Bonannella
servendo latte e caffè,
e la sera avvolto in un lenzuolo,
con un alloro in testa:
“Popolo di Troia, ascoltate figli...”
sfogava le sue fantasie
su noi villeggianti
fuori del tempo.
Oggi a Panarea le stelle
si sono fatte timide,
in paese c’è l’elettricità.