Shaliran
Il Piccolo fiore sorridente
Quarte parte
di Ruggero Scarponi
- Come le figlie maggiori di Rudash si lamentarono col loro padre per causa di Khalina
Le figlie maggiori di Rudash si chiamavano Genir e Jalen. Come voleva la tradizione, le prime due figlie andavano promesse secondo il desiderio del padre che per esse sceglieva i migliori partiti della onorevole città di Shawrandall. Allora queste si presentarono a Rudash per parlargli. Parlò per prima Genir la primogenita e disse - Padre si sta per concludere il mese di H’aruk e tu trattieni ancora presso di te la tua figlia terzogenita Khalina. Il tuo cuore di padre, per tropo affetto, non rende giustizia a me e a mia sorella Jalen. - Chiese allora di parlare Jalen - E’ vero padre, tu ci fa torto evitando di condurre Khalina al mercato per essere venduta. I nostri promessi, infatti, la vedono nella tua casa e di lei sono presi grandemente. Allontanala senza indugio, come prescrive la legge, e le tue figlie avranno felici nozze, come vuole la tradizione.
Così rispose Rudash - figlie, figlie mie, nulla è più caro a vostro padre del vedervi giungere a felici nozze. E nulla è più caro a vostro padre del benedire i frutti che ne verranno e vogliano gli Dei che siano abbondanti. Ma quanto oggi mi chiedete, o figlie, è molto duro - E’ la legge, è la legge! - risposero in coro le due figlie. - E’ vero, come scritto e tramandato da innumerevoli anni - acconsentì Rudash, - ma la legge che governa le cose dell’uomo non ha riguardo per il suo cuore, per il cuore di un padre. - E’ la legge, la legge! - insistettero le figlie. - Figlie, o figlie mie, perché non avete compassione di colui che vi tenne sulle sue ginocchia, di colui che vi ha nutrito patendo il duro giogo della fatica e del dolore? Perché non rammentate oggi le amorevoli cure, le notti insonni e il costante desiderio di colui che negando a se stesso i propri beni li ha già destinati per la casa dove troverete la nuova dimora. O figlie, figlie mie, lasciate che a questi vecchi occhi non sia negato l’amorevole sorriso di mia figlia Khalina. Oggi io vi chiedo, lasciate che Khalina resti in questa casa fino all’ultimo dei miei giorni che oramai si fa prossimo.
Questo implorò Rudash giungendo le mani in segno di preghiera alle proprie figlie.
- Quemosh il primo tra i figli di Rudash trascina l’anziano padre davanti ai giudici
Vide Quemosh, il primo tra i figli di Rudash, che l’anziano padre tardava nella decisione di condurre al mercato Khalina per venderla, come prescriveva la legge, che assegnava ai primogeniti due terzi del ricavato così che potessero scegliere una degna moglie e costituire una nuova famiglia. Vide anche, Quemosh, che il padre accampava ogni giorno una scusa per far sì che passassero tutti i giorni del mese di H’aruk e trattenere in tal modo presso di sé la sua figlia terzogenita. Così, infatti, prescriveva la legge, che le terzogenite figlie potessero essere vendute solo durante il mese di H’aruk. Sentito il parere dei suoi amici, le cui sorelle erano già state vendute, Quemosh, trascinò l’anziano genitore davanti ai giudici per riceverne giustizia. Così costoro lo interrogarono. - Quemosh, figlio di Rudash, perché intenti causa contro tuo padre? In cosa costui ha mancato nei tuoi confronti? Parla dunque senza timore, i giudici dell’onorevole città di Shawrandall ti ascolteranno con orecchio attento e imparziale, ma bada a te Quemosh, bada di dire il vero, che lo spergiuro contro il proprio padre è grave peccato contro la legge e contro l’uomo e severa la pena prevista. Ora parla, ti ascoltiamo. – Così rispose Quemosh. - Onorevoli giudici e tutto il popolo di Shawrandall, sono stato costretto a intentare causa contro mio padre. Egli infatti con scuse e inganni mi nega il mio diritto. Egli infatti trattiene presso di se la sua terzogenita figlia per il suo piacere di padre, negandomi il ricavato della vendita essendo prossimo il termine del mese di H’aruk oltre il quale, come tutti sanno interdetta è la vendita delle terzogenite.
Così parlò ai giudici e al popolo Quemosh figlio di Rudash. I giudici lo ascoltarono attentamente prima d’interpellare l’anziano genitore. - Rudash tu che sei tra i più degni e onorati sudditi di Shawrandall, cosa rispondi alle accuse di tuo figlio? - Rudash si alzò, appoggiandosi al bastone perché si sentiva stanco in quell’ora pomeridiana. E Con voce stanca ma ferma parlò ai giudici. - Questo mio figlio, disse, con ragione mi intenta causa. - Dunque, gli chiesero in coro i giudici, confermi la tua colpa? - Confermo di aver contravvenuto a una legge iniqua e crudele che anziché tutelare i più deboli li sacrifica all’egoismo dei più forti - Ma ciò che dici è un grave oltraggio al tribunale e al popolo, rifletti bene prima di parlare, che dura è la punizione per chi osa ribellarsi alle istituzioni. - Intervenne allora Quemosh, - pietà onorevoli giudici, stanco e anziano è mio padre, non prendete in considerazione ciò che dice, sono parole dettate dal sentimento di un uomo fiaccato dagli anni. Egli mi riconosce il mio diritto pubblicamente. È questo che chiedo. Che il vostro nobile consesso udito ciò, emetta giusta sentenza. Come figlio sarò sempre devoto a mio padre per tutti i giorni della sua vita.
I Giudici si ritirarono per consultarsi tra loro e prima di sera emisero la sentenza. - Quemosh figlio di Rudash,- disse uno dei giudici,- tu ti sei rivolto a questo tribunale per avere giustizia contro tuo padre. Rudash questo tribunale ti riconosce colpevole e ti obbliga a risarcire tuo figlio Quemosh nella misura del prezzo più alto pagato per l’acquisto di una fanciulla sulla piazza dell’onorevole città di Shawrandall in questo mese di H’aruk giunto al suo fine, oppure non disponendo di tanti denari consegnerai tua figlia a Quemosh a cui questo tribunale concederà ancora tre giorni oltre il mese di H’aruk per esporla sulla piazza di Shawrandall. Così è stabilito e cosi sia scritto e tramandato per innumerevoli anni.