La vera storia di
Eleonor Chandler
di Ruggero Scarponi
Accadeva sempre così. Quando si era ai primi di giugno e l’anno scolastico volgeva finalmente al termine, di domenica a pranzo, quasi sempre durante il dolce o il caffè, mio padre prendeva improvvisamente la mano di mia madre e la baciava. Subito dopo le diceva:
- Cara, se non hai nulla in contrario, anche quest’anno potremmo andare a passare due settimane a Cramble bay.
Detto questo, baciava nuovamente la mano di mia madre e si metteva in attesa della risposta che immancabilmente era: - Ma certo, caro. Farà un gran bene anche ai ragazzi.
Solo allora noi figli potevamo esprimere la nostra felicità con un urlo di gioia slanciando le mani in alto in segno di vittoria.
La nostra famiglia, a quel tempo, era composta da mio padre, Walter Whitman, mia madre Margareth, la mia sorella maggiore Jenny, il mio fratello maggiore Paul, da me che mi chiamo Robert e dall’ultima nata , la piccola Emilie.
E sempre appena terminato di festeggiare la notizia, tutti volgevano furtivamente lo sguardo verso di me, con mezzi sorrisi e ammiccamenti, finché qualcuno, quasi sempre la piccola Emilie non s’incaricava d’infrangere il segreto. - Così anche quest’anno Robert – diceva, sussiegosa, con la sua vocina infantile, aveva otto anni, - andrai a trovare la tua Eleanor.
Io un po’ arrossivo, e poi scappavo via inseguito dalle risatine compiaciute di papà e mamma e dai lazzi più o meno innocenti degli altri fratelli.
In effetti, quantunque io fossi riservatissimo sulla questione, non era più un mistero che ci fosse della simpatia tra me ed Eleanor Chandler.
C’eravamo conosciuti tre anni prima e subito avevamo stretto amicizia. Io avevo dieci anni e lei nove ed eravamo diventati inseparabili.
Con lei che abitava tutto l’anno a Cramble Bay, figlia di una famiglia di pescatori, avevo vissuto giornate memorabili nell’esplorazione dell’isola o a fare il bagno nelle calette più nascoste, o su una vecchia barca a remi che prendevamo in prestito dal nonno di Eleanor e dove avevo imparato a pescare o sui tanti scogli e isolotti che circondavano le frastagliate scogliere di Cramble Bay sui quali ci divertivamo ad attraccare fingendoci terribili pirati. Impossibile, a tanti anni di distanza, non provare un velo di commozione al ricordo di quei giorni pieni e felici.
Con Eleanor ci scrivevamo durante l’inverno, per Natale e per il compleanno che lei festeggiava a gennaio e io in aprile e poi attendevamo impazienti l’arrivo dell’estate per trascorrere di nuovo insieme mille avventure di sogno. Con Eleanor non mi ero mai arrischiato a dimostrarle il mio affetto, ma un pomeriggio mi feci coraggio e le detti un bacio sulla guancia, nella grotta del pellicano dove eravamo andati a giocare. Lei non disse nulla, ma il giorno seguente mi ricambiò mentre pescavamo con la barca al largo della Punta del Faro. Dopo ci guardammo sorridenti e tutto finì lì, ma eravamo felici di stare insieme. L’ultimo anno in cui andammo con la famiglia nell’isola, Eleanor, mi mise a parte di un antico segreto, di cui i pescatori di Cramble Bay erano gelosi custodi. Infrangendo un giuramento mi portò al vecchio faro, poco prima che facesse notte, un’ora prima che venissero a cercarci per la cena.
Mi prese per mano e mi condusse attraverso un sentiero nascosto dalla folta vegetazione e che portava ad una radura. Data l’ora tarda, era buio pesto, non si riusciva a vedere neanche dove mettere i piedi. Giungemmo alla base dell’antica torre del faro e lì Eleanor si fermò e si voltò verso di me. Io non riuscivo neanche a vedere il contorno del suo viso, ma lei mi disse: - Senti Robert ti interessa conoscere il più grande segreto di Cramble Bay?
- Cavolo Eleanor – risposi eccitato – che roba è, certo che m’interessa…
- Allora devi giurare, Robert, devi giurare che quanto ti mostrerò non lo dirai a nessuno, d’accordo, se tu lo svelassi, per me sarebbe la fine, gli isolani non me lo perdonerebbero.
- Giuro, Eleanor – Dissi gravemente – E se non dovessi rispettare…
- No – m’interruppe – No, non dire nulla, solo non dovrai rivelare a nessuno qunto ti mostrerò o per me sarà la fine. Ricordalo Robert, ricordalo.
- Ma Eleanor – obiettai – se hai tanto timore, perché mi riveli questa cosa…
- Ma non capisci Robert? Davvero non hai capito perché?
- Io, io – risposi balbettando – Eleanor no, non capisco…
- Oh! Robert, quanto ti voglio bene, piccolo mio!
Restai sconcertato, mentre Eleanor armeggiando intorno a qualche meccanismo che non riuscii a vedere, fece scattare la serratura di una porticina che conduceva all’interno del faro. - Mah! Le donne – pensai – Chi le capisce!
- Vieni Robert, - disse tendendomi la mano - , è buio qui, fai attenzione ci sono le scale e sono ripide.
Faticosamente salimmo su, fino al piano, dove si trovava il fanale utilizzato un tempo per le segnalazioni luminose. Avevo il fiatone, dovevamo aver scalato non meno di un centinaio di scalini e tutti belli alti attorcigliati intorno all’antica torre. - Ecco Robert – disse Eleanor – guarda, questo è il nostro segreto.
Pensai a uno scherzo, sulle prime. Guardai dall’ampia vetrata che circondava il terrazzino. Fuori il mare si confondeva, scuro con il cielo. Si sentiva distintamente il rumore delle onde che si infrangevano sulla scogliera e tutto appariva tetro e misterioso. Provai un senso di freddo e un brivido mi corse lungo la schiena. - No Robert, non verso il mare, qui, qui vicino a me.
Allora mi voltai e nella penombra intravidi bene il suo grazioso visetto. Provai forte l’impulso di darle un bacio. Era una situazione strana e terribile, ma intima. - Ma insomma Robert, guarda in terra…
Feci come diceva. Ma, subito, ammutolii letteralmente. - Eleanor – dissi con un filo di voce – ma…tutto…tutto questo…da dove viene?
- Questo è il nostro segreto. Sarai capace di mantenerlo vero? Non mi tradirai Robert?
Non riuscii a risponderle. Ero senza parole.
Mi girai e presi a scendere i gradini, incurante del buio, quasi di corsa. - Non mi tradirai Robert, vero?
Mi gridava dal pianerottolo Eleanor. - Hai giurato.
Ma io non le rispondevo e scesi i gradini della torre più in fretta che potei.
Raggiunsi la base del faro e attesi Eleanor.
Arrivò dopo qualche minuto. Mi passò davanti e insieme ritornammo a casa.
Passarono anni da quella vacanza.
Io divenni ricco, molto ricco, grazie a quanto mi aveva mostrato Eleanor.
Per questo decisi di far ritorno a Cramble Bay, volevo ritrovarla, ero stato assalito da una struggente nostalgia. Volevo rivedere la mia piccola Eleanor. Vedere come era diventata nel frattempo, se si era sposata…
Giungemmo con mia moglie a Cramble Bay sul finire del giugno dello scorso anno.
Una sera, mentre cenavamo in un grazioso ristorante sul molo, decisi di raccontarle la storia. - Cara dissi alla fine, spero, non ti dispiacerà se faccio qualche ricerca della piccola Eleanor, in fin dei conti è a lei che debbo tutto.
Mia moglie fu molto comprensiva e il giorno seguente ci mettemmo in giro.
Tuttavia nonostante avessi conservato nella memoria tanti particolari e mi esprimessi in termini di grande precisione circa i luoghi e i nomi delle persone, nessuno fu in grado di fornirmi notizie a riguardo di Eleanor, quasi che la fanciulla fosse stata una mia fantasia. - Non te la prendere Robert caro, disse mia moglie, in fin dei conti sono passati quasi cinquant’anni da allora.
- Si… però – abbozzai a rispondere. E una vaga inquietudine prese a gravarmi nell’anima.
Non dissi nulla ma di notte non mi riuscì di prendere sonno.
Una mattina mentre passeggiavo lungo la scogliera con mia moglie, incrociammo un anziano marinaio. - Colei che cerchi ha avuto il fatto suo…- Disse in un sussurro a fior di labbra.
Non potevo credere.
Provai a replicare, ma il vecchio marinaio aveva appena svoltato dietro alcuni scogli che lo persi completamente di vista. - Robert – mi disse irritata mia moglie – mi sembra che ti stia facendo prendere un po’ troppo dalla suggestione. Lascia perdere queste sciocche storie e rientriamo a casa piuttosto.
- Hai ragione cara – risposi – forse sono solo un po’ nervoso…
Attesi la notte. Quando fui certo che tutti stessero dormendo profondamente, corsi rapido verso l’antico sentiero che avevo percorso cinquant’anni prima con Eleanor. Giunsi alla radura, cercai il meccanismo che consentiva l’apertura della porticina. Lo trovai e riuscii a far scattare la serratura. Mi infilai come un fulmine su per le scale e giunsi al pianerottolo.
Non ebbi cuore. Come temevo, trovai un piccolo scheletro. Riconobbi il vestitino che portava Eleanor quella sera e che ora rivestiva un povero mucchietto di ossa. Si capiva che la ragazza era stata legata, imbavagliata e probabilmente lasciata morire di fame.
Ebbi orrore di me stesso per quanto le avevo fatto.
Per questo ho deciso di scrivere questa storia.
Io, Robert Whitman, in volontario esilio su questa isola sperduta, dove ho deciso di concludere i miei miserabili giorni, affido a questa bottiglia e alle onde dell’oceano la vera storia di Eleanor Chandler, che mi amò di un amore sincero ricevendone in cambio il tradimento. Imploro chiunque trovi questa bottiglia, dopo aver letto la storia, di pregare per Eleanor Chandler. Per me no. Che non lo merito.
Firmato Robert Whitman.