Continua la narrazione di una nuova avventura antica e attuale
In Viaggio lungo lo Jonio alla scoperta della...
Magna Grecia
Sui passi di George Gissing - ottava puntata
di Giuseppe Cocco
Iniziata la visita a Catanzaro con le precedenti 7 pagine, la proseguiamo con queste altre 5 che iniziano, ancora una volta, con l'affermazione e convinzione che Catanzaro sia la città più salubre del Sud Italia, senza rivali, grazie alla sua ventosità.
Ma la cima tempestosa non si ferma al vento, è tempesta di pregi.
Mi apre il cuore sentirlo parlare in maniera entusiastica della mia amata Città.
Tutto è meraviglioso, la cordialità è massima, perfino gli accattoni, i ragazzi che giocano per la strada, persino i fichi d'india, che nell'immaginario collettivo appartengono alla Sicilia, Gissing consiglia a chi li ama, d'andare a gustarli a Catanzaro.
Parla di una Catanzaro pittoresca nei suoi edifici costruiti in maniera approssimativa effimera e scombinata, vissuta in corso di cantiere.
Notiamo sulle porte delle Case immagini sacre, spesso mal dipinte e a proposito delle caratteristiche dell'Albergo ci soffermiamo su un cartello attaccato alla porta della camera che induce gli ospiti a utilizzare l'ottima cucina per non ferire i sentimenti del proprietario Coriolano Paparazzo.
Ed ecco entrare in scena Paparazzo, colui il quale ispirò col suo nome Federico Fellini, che così chiamerà il fotografo della Dolce Vita, facendolo assurgere a simbolo mondiale, come fotografo specializzato in gossip.
Durante una serata passata al Caffè più grande della Città, Gissing ha modo di apprezzare l'eloquenza e la capacità di scambiarsi pensieri ragionando su argomenti astratti; di conversare di argomenti intellettuali spesso con frasi che non hanno equivalente sulle labbra della gente comune della sua Patria che lo portano a confrontare i Catanzaresi agli Inglesi, facendogli concludere che vi sia una radicale distinzione di pensiero che porta i locali ad avere un rispetto innato per le cose dello spirito, che manca totalmente all'Inglese tipico.
Insomma, se nei Bar Inglesi, talvolta si è sentito oppresso dal tedio e dal disgusto, qui, nel Caffè di Catanzaro gli pare di assistere a un'assemblea di saggi e filosofi (sic!).
Dopo la bella, lunga ed entusiasmante visita a Catanzaro, 5 pagine e mezza, per raccontare Squillace, altra cittadina che Gissing ha lungamente desiderato visitare, ancora una volta spinto da un'amore storico, in quanto dimora di Cassiodoro (Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore) nato a Scolacium nel 485 circa e morto a Scolacium nel 580 circa, è stato un Politico, Letterato e Storico Romano, che visse sotto il Regno Romano-Barbarico degli Ostrogoti e successivamente sotto l'Impero Romano d'Oriente.
Percorse un'importante Carriera Politica sotto il Governo di Teodorico il Grande, ricoprendo ruoli tanto vicini al Sovrano, da far pensare in passato a un effettivo contributo diretto al progetto del Re Ostrogoto; oltre che Consigliere, fu Cancelliere del Re e il Compilatore delle sue lettere ufficiali e dei provvedimenti di legge; collaborò anche con i successori di Teodorico fino al 540.
Al termine della Guerra Gotica si stabilì in via definitiva presso la nativa Squillace (CZ), dove fondò il Monastero di Vivarium con la sua Biblioteca.
La figura di Cassiodoro si era radicata nella sua immaginazione, sempre vivida, dopo aver letto i 2 volumi delle sue lettere lettura che risultò più fruttuosa dello studio di tutti gli storici moderni.
Quindi dopo esserci informati sulle previsioni del tempo e, seppur variabili, la mattina alle 8 di mattina si decide di partire, stavolta abbandonando il treno, visto che Squillace si trova all'interno, per seguire la strada maestra per un viaggio di 4 ore per coprire 29.2 km.
Prendiamo quindi una carrozza coperta per fortuna, visto che, come previsto, appena partiti scoppia il temporale, brutto come i temporali che da queste parti sanno essere come uragani e in breve far diventare i letti delle fiumare da sassosi a correnti gonfie e precipitose, color ocra gialla, e le strade un tappeto di fango.
Scesi a Marina di Catanzaro, svoltiamo lungo la litoranea e poi tiriamo su verso la rupe su cui sorge Squillace che di tanto in tanto durante l'avvicinamento, nelle svolte, in alto e lontana, la vedevamo con le sue case bianche.
Mentre ci avviciniamo, cerchiamo qualche segno di strada in salita, ma la forte pioggia non permette di vedere alcunché.
Di tanto in tanto il vetturino è costretto a fermarsi per far riposare i cavalli, soprattutto quando iniziamo la salita; intanto a metà salita, la pioggia comincia a diradarsi e c'è una pausa nel temporale, mentre mancavano 30 minuti all'arrivo.
La Squillace abitata è un paese molto piccolo ma ha un albergo che si trova all'ingresso del paese.
L'idea è fermarci per 2 o 3 giorni; e dopo 29.2 km arriviamo a destinazione.
Ancora una volta, davanti a noi una baracca misera e sudicia che millanta essere albergo e ci si prepara un pasto spaventoso.
E quello che si vedeva dall'esterno peggio era all'interno.
Il pranzo, in una camera da letto trasformata provvisoriamente in sala da pranzo, tutto coperto di polvere e sporcizia, è ancora più terrificante di quanto si sarebbe potuto immaginare; quindi tra peperoni piccantissimi, maiale puzzolente ed immangiabile, vino come un veleno, si finisce con un digiuno in breve tempo, nel dubbio sul da farsi.