“Albero: L’esplosione lentissima di un seme” (Bruno Munari)
Albero - prima parte
di Roberto Bonsi
AlberoAlbero ...???. Secondo l’ “Enciclopedia Treccani”, l’ albero è una pianta perenne, di conformazione legnosa, che possiede un fusto di forma cilindrica denominato: “tronco”, il quale si espande in modo verticale con tutti i suoi rami, i quali possono avere una gran varietà di forme e di disposizioni, e su questi ultimi crescono le foglie, che sono di differente tipo, secondo la qualità e la natura dell’albero stesso”-.
Alcuni alberi possono raggiungere delle dimensioni davvero ragguardevoli, ed altri ancora, possono vivere anche mille e più anni. Gli alberi, soprattutto grazie ai loro processi di respirazione e di fotosintesi, aiutano a combattere il riscaldamento globale, e a dir il vero, ai giorni nostri il clima è messo un po’ “maluccio”, e qui lo scriviamo pensando anche all’eufemismo di tale termine.
Ci viene ora in mente il primo albero della storia, che secondo le “Sacre Scritture” fu un melo, dove Eva, la prima donna, offri al suo compagno Adamo, una mela, frutto che cambiò la storia del mondo, e così anche le sorti dell’uomo.
Secondo una stima recente varata dal “Global Ecosystem Ecology Eth” di Zurigo, oggi nel mondo vi sono circa 3mila miliardi di alberi.
E’ palese che più alberi ci sono e più anidride carbonica può essere assorbita, e quindi maggiormente si possono ridurre le letali emissioni di CO2.
Secondo il ricercatore svizzero, Thomas Crowther, con il piantare miliardi di nuovi alberi nel contesto mondiale, si potrebbero assorbire tutte o quasi, le quantità di CO2 emesse dalle attività umane, in un solo decennio.
I giardini ed i parchi pubblici comunali urbani ed extraurbani, tutte le aree verdi piccole e grandi, appartenenti all’arredo e al decoro urbano, e non solo; più le facciate delle case e gli angoli verdi degli edifici, contribuiscono a diminuire gli inquinanti e a ridurre le temperature, specie quelle estive.
Sempre scrivendo di Alberi, vi ricordate qui da noi, la famosa ed alquanto deleteria “Tempesta Vaia”?. Tale evento atmosferico per sua natura atipico, fu un disastro naturale, che avvenne dal 26 al 30 ottobre 2018, e furono colpiti duramente le Dolomiti e le Prealpi venete, e tale infausto evento fu originato a causa di una forte perturbazione proveniente dall’Oceano Atlantico. Ci fu un fortissimo vento caldo di Scirocco, che arrivò alla velocità di circa duecento chilometri all’ora, e tale fatto fece radere al suolo milioni di alberi, e furono completamente distrutti diverse migliaia di ettari di foreste alpine e subalpine, di intere boscaglie e di conifere. Ma perché tale compiuto disastro prese quel nome che si appurò essere di una donna? Particolare curioso e veritiero, è che sin dagli anni ’50 l’“Istituto di Meteorologia” della “Libera Università di Berlino”, faceva sì, che chiunque, pagando, potesse fare un dono ad una persona di suo gradimento, unendo il nome di tale persona con un preciso evento atmosferico, è cosi è stato anche nella straordinarietà di questa tempesta, che prese il nome della signora Vaia Jakobs, manager di una grande industria di materassi, ed il dono in questione fu concepito dal fratello di lei.
“Hibakujumoku”, cosa sta a significare questa lunga ed anche incomprensibile parola?. E' un termine giapponese, che indica gli alberi che sono stati esposti al micidiale bombardamento atomico americano-statunitense sulle città giapponesi di Hiroshima e di Nagasaky, questo nel lontano 1945, che di fatto ha messo la parola: fine alle cruente azioni belliche determinate dal “Secondo Conflitto Mondiale”. “Hibaku” significa: bombardato ed esposto a radiazione nucleare, mentre “jumoku” vuol dire: albero od anche bosco. La peculiarità del tutto sta nel fatto, che una buona parte degli alberi colpiti in quell’ area mirata, si sono salvati e si sono visti rigermogliare nelle loro radici, e qui si può davvero ben dire che l’uomo stupido e criminale, distrugge, mentre Madre Natura, ripara, risana e fa rifiorire ogni sua cosa. L’albero più vicino all’epicentro dello scoppio atomico fu un salice piangente, che a tutt’oggi è ancora in vita, e nel migliore dei modi, ed insieme a questo albero resistette, grazie alle sue radici, naturalmente nascoste nel terreno, anche un oleandro.
Usciamo ora dai quadri foschi della guerra, preoccupandoci anche del fatto che purtroppo ancora una volta, l’abbiamo a meno di duemila chilometri dall’Italia, e giungiamo così nella città di Ferrara.. Lì nell’antico “Monastero di Sant’Antonio in Polesine”, riposano per sempre, le spoglie della “Beata” Beatrice d’Este”, e in quel pio luogo sgorga anche un’acqua miracolosa. Nel suo giardino, quasi al pari di un piacevole “miraggio”, appare un ciliegio (Prunus Serrulata) davvero stupendo, che viene periodicamente visitato da stanziali, dai forestieri e dai turisti stranieri.
Ha scritto su quest’albero il noto ed apprezzato scrittore e poeta Roberto Pazzi, ferrarese di adozione, ma spezzino di origine; e qui vi mostriamo la parte finale di una sua poesia, che così, recita: -“… c’è il ciliegio giapponese che quasi non conosce frutto, è solo fiore. Come l’amore di Dio.”-. (continua)