#303 - 19 marzo 2022
AAA ATTENZIONE - Questo numero rimarrà in rete fino alla mezzanotte del 19 aprile, quando lascerà il posto al numero 350. Ora MOTTI per TUTTI : - Finchè ti morde un lupo, pazienza; quel che secca è quando ti morde una pecora ( J.Joyce) - Lo sport è l'unica cosa intelligente che possano fare gli imbecilli (M.Maccari) - L'amore ti fa fare cose pazze, io per esempio mi sono sposato (B.Sorrel) - Anche i giorni peggiori hanno il loro lato positivo: finiscono! (J.Mc Henry) - Un uomo intelligente a volte è costretto a ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti (E.Hemingway) - Il giornalista è colui che sa distinguere il vero dal falso e pubblica il falso (M. Twain) -
letteratura

Uno spazio in omaggio al Sommo Poeta

Endecasillabi sciolti e ritmati nella lingua dell'Urbe

La Commedia

Canto III - 2^ Parte

di Angelo Zito

‘Sti dannati, vissuti senza vive,
ciaveveno le vespe e artri insetti
che je mordeveno su le carni gnude.

Er sangue, che colava da le facce,
s’ammischiava cor pianto fino a li piedi
e dava er pasto a vermini schifosi.

Girai lo sguardo avanti e artra gente,
ammassata a la riva d’un gran fiume,
me fece chiede ar maestro: “Chi sò quelli

e qual’e l’intenzione de la smania
che cianno de passà all’artra riva,
si ho visto bene qui trammezzo ar buio?”

Disse così: “ Te sembrerà più chiaro
quanno che arriveremo proprio in pizzo
a la sponna infernale d’Acheronte”

Mortificato tenni l’occhi bassi
pe’ ppaura d’avello infastidito,
e m’azzittii andanno a quela riva.

E se fa incontro, gridanno, su ‘n traghetto
un vecchio da la barba bianca e longa,
“Che annate cercanno anime marvagge?

Scordateve de tornà a véde er cielo:
ce penso io a portavve a l’altra riva,
ner buio eterno, in mezzo a foco e ghiaccio.

E tu, che ancora ciai er sangue callo,
tiette lontano da questi che sò morti”.
Visto che nun facevo manco un passo,

riprese a dí: “trovete ‘n’antra strada
pe’ ppoté arivà a quela sponna,
e cérchete ‘na barca più leggera”

“Carmete Caro’ ”, fece Virgijo,
“l’ha deciso er Signore che è legge
quello che !ui vôle, stamose zitti”.

Je s’abbassò er pelo de la barba,
ar barcarolo de quela palude,
l’occhi du cerchi carichi de brace.

E quell’anime ignude e senza forze,
capíta la crudertà de quanto detto,
tremareno, sbiancanno de colore.

S’intesero bestemmie e offese a Dio,
ar genere umano, ai genitori, ar seme
e ar ventre che l’aveva partoriti.

Poi riuniti, piagnenno tutt’assieme,
s’accostareno ar bordo de quer fiume
che segna la concrusione der distino.

Caronte addemoniato, l’occhi infocati,
carica su la barca li dannati
e dà de remo in testa a chi sta addietro.

Come d’autunno le foje a una a una
lasceno er ramo che se sente perso
a véde a tera quello ch’era suo,

a ‘sta maniera l’anime dannate
se fionneno a la riva a una a una,
come ucelli attirati da un richiamo.

Attraversato l’Acheronte tristo,
sò appena sbarcati all’artra riva
che a la partenza s’affolla ‘n’antra schiera.

“ O frate mio”, così me chiama er duca,
“quelli che hanno vissuto ner peccato
tutti ariveno qua da ogni parte,

smaniano pe’ attraversà ‘sto fiume,
spinti da la legge scritta in cielo,
che trasforma la paura in desiderio.

‘Sta riva nun accoje anime oneste;
si hai sentito Caronte che smaniava
da solo pôi capí er significato ”.

Finito de parlà, l’aria e la tera
cominciorno a vibrà come un tremoto
e lo spavento diventò sudore.

Da la tera bagnata sorse un vento,
‘na luce rossa fiammeggiò pe’ ll’aria,
me sentii mancà a l’improvviso

e caddi come cade chi cià sonno.

La Commedia

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