Festival di Trieste
IL 15 novembre termina il 36° Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste. Un ritorno in presenza e in piena capienza, che sollecita emozione e sollievo.
Il Festival del Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste offre un'edizione ricca di eventi e di novità. A cominciare dalla sede: la Sala Luttazzi del Magazzino 26, nel Porto Vecchio.
Il Festival, è una delle prime grandi manifestazioni culturali ospitate in questo spazio, che la città ha appena riconquistato con una magnifica operazione di rigenerazione urbana. È una scelta che testimonia la vocazione per i nuovi orizzonti che guida da sempre il Festival e la sua capacità di guardare al futuro, senza perdere le proprie radici, proprio come il Porto Vecchio triestino. Il ritorno in presenza non preclude lo streaming, che è arrivato per rimanere, date le potenzialità che offre.
Quest'anno i film autorizzati dai registi e dai produttori potranno essere visti dal pubblico dell'Italia, dell'Unione Europea e del continente americano su due piattaforme, Movies ed Efilm. Crediamo fermamente in queste nuove opportunità e anche per questo il Premio del Pubblico, dotato di 1000 euro, sarà assegnato esclusivamente al film con il maggior numero di visualizzazioni online.
A inaugurare la 36° edizione del Festival, la prima proiezione in Italia di El tango del viudo, opera prima del maestro franco-cileno Raúl Ruiz, già proiettato in anteprima mondiale dal Festival di Berlino 2020 e rimasto fermo da allora, a causa della pandemia.
Trieste è riuscita ad aggiudicarsi quest'esclusiva grazie al suo prestigio e alla sua reputazione nel mondo della cultura latinoamericana. Il film ha una storia straordinaria, che merita di essere conosciuta. Rimase senza audio poco dopo la sua realizzazione, poi se ne persero le tracce. Venne ritrovato soltanto nel 2017, in una vecchia sala cinematografica di Santiago del Cile. Valeria Sarmiento, la vedova di Ruiz, scomparso nel 2011 a Parigi, è riuscita a ricostruire i dialoghi grazie alla lettura labiale, insieme a una sua collaboratrice e a un team di esperti. Un lavoro immane, che ha permesso di recuperare il debutto alla regia di uno dei maestri del cinema cileno e internazionale. Raúl Ruiz è una figura difficilmente incasellabile: nella sua produzione ci sono oltre 200 lavori, di tutti i generi e di tutte le lunghezze. A segnare la sua vita, come quella di tutta la sua generazione, il colpo di Stato di Augusto Pinochet, che lo costrinse, 32enne, alla fuga in Argentina e poi, dal 1974, all'esilio a Parigi. Visse il golpe come il peggiore degli affronti a livello sociale, ma soprattutto esistenziale; tra i suoi film, Palomita blanca fu sequestrato per quasi vent'anni dalla dittatura, perché scomodo e schietto nel dimostrare l'evidente corruzione politica. In Francia continuò la sua attività cinematografica e i suoi film parteciparono a numerosi Festival europei (tra i titoli più importanti, Le tre corone del marinaio, La ville des pirates, ispirato alla storia di Peter Pan).
Ma è negli anni Novanta che ebbe finalmente l'opportunità di dirigere film con un alto budget, da Tre vite e una sola morte con Marcello Mastroianni, a Genealogia di un crimine, interpretato da Catherine Deneuve e Michel Piccoli e con cui vinse l'Orso d'Argento al Festival di Berlino, nel 1997.
Fino a tentare l'impresa più straordinaria, la traduzione per il grande schermo dell'ultimo volume di Alla ricerca del tempo perduto, Il tempo ritrovato.
Osò l'impossibile e fu un successo: talento, audacia, autocritica e profondo rispetto per la cultura gli permisero di creare un film più che degno del capolavoro letterario di Marcel Proust, grazie anche alla preziosa partecipazione di attori come John Malkovich, Emmanuelle Béart e Catherine Deneuve, che, con Chiara Mastroianni, Michel Piccoli e Nicolas Sarkozy, allora Presidente della Repubblica Francese, parteciparono al suo funerale, nel 2011. Ci ha lasciato tantissime opere e ci addentriamo in esse con curiosità documentaristica, con profondo rispetto per un lavoro fatto non solo di produzione tecnica, ma anche, e soprattutto, di un amore sconfinato per l'umanità e per i suoi diritti imprescindibili.
Orgoglio per questo primo Evento Speciale, così come dell'altro, Isabel, la historia íntima de la escritora Isabel Allende, documentario di Rodrigo Bazaes che ricostruisce gli anni in cui la celebre scrittrice cilena lasciò tutto per assistere sua figlia Paula, gravemente malata. Raúl e Isabel, due figli del Cile traumatizzato dal colpo di Stato del 1973 e che però non si è mai arreso e ha continuato a testimoniare la sua forza e il suo spirito ribelle. E al Festival si raccontano le storie dell'America Latina che non dimentica le sue origini, che non ama gli schemi precostituiti e che non smette di indagare e di indagarsi; la ritroverete intatta, con la sua energia indomabile, con le sue contraddizioni e con i suoi punti di vista, a Trieste.