Mantova -galleria Arianna Sartori
Invito alla luce
La Galleria “Arianna Sartori. Arte & Object Design” di Mantova, nella sala di via Ippolito Nievo 10, presenta una interessante selezione di dipinti del Maestro Luigi Ravasio (Bergamo 1930 - 2018).
L’esposizione intitolata “Invito alla luce”, organizzata da Giuditta Ravasio figlia dell’artista e curata da Arianna Sartori, inaugurata il 29 maggio, resterà aperta al pubblico fino al 17 giugno 2021 .
Nell’era delle elaborazioni digitali, - come bene ha scritto Francesca Buonincontri - il lavoro di Luigi Ravasio si distingue per uno straordinario magistero “artigianale”: i volteggi dei suoi “nastri” librati nel campo rarefatto del dipinto, lungi dall’essere originati dalle ardite esplorazioni spaziali di forme geometriche create dal computer con programmi di progettazione numerica o vettoriale, sorgono da rigorosissimi calcoli prospettici consegnati con puntigliosi disegni a matita, e dal tradizionale impiego della pittura a olio, stesa in campiture nitide e brillanti.
Una pittura dunque estremamente filtrata: il rigore dell’astrazione geometrica sembra volersi affermare come valore in tutta la sua purezza e inattingibilità, una chiave di affaccio a mondi non solcati dalle inquietudini del contingente, ne sfiorati da tentazioni di contaminazione linguistica che percorrono, invece, la ricerca artistica contemporanea.
La pittura di Ravasio impone allo spettatore che vi si accosta, una pausa di sospensione, lo costringe a compiere un’esperienza per così dire, di “decantazione di peso” - fisico e psicologico - a favore di un’intensificazione delle facoltà dell’immaginazione fantastica, accese dalle spericolate incursioni spaziali delle sue forme dinamiche e dal cromatismo ora squillante, ora orchestrato con raffinati accordi di tono.
Affiora nelle sue tele una dimensione fortemente giocosa e vitale, che traduce un desiderio di libertà, di vivacità ritmica, che si alimenta delle seduzioni del colore, che ama anche impennate bizzarre, che risolve sempre l’invenzione in una sorta di composizione musicale lieve e rassicurante. Questo estro creativo convive senza sforzo con il rigore inappuntabile della fase progettuale che nulla lascia al caso e predilige forme nitide come il banco di prova della propria perspicuità.
La matrice formale e ideologica di tale pittura è da ricercare nella fiduciosa razionalità del “concretismo” europeo e delle più vicine esperienze milanesi del MAC; il dinamismo avvolgente del “nastri” colorati, pur nelle circoscritte dimensioni della tela, lascia anche trasparire un’attenzione a valori di espansione ambientale, pure riconducibile allo scena milanese degli anni ‘50 e ‘60, dalle “formule spaziali” di Fontana agli spazi “elastici” di Gianni Colombo; la ricerca dinamica viene ulteriormente sviluppata verso gli esiti di grande sicurezza formale che solo un deciso balzo verso la grande scala li libererebbe dai rischi di compiacimento virtuosistico.
La rarefazione stilistica della pittura di Ravasio non esclude l’affiorare di una sorridente metafora sul mondo delle forme che si insinuano nella nostra vita: le evoluzioni audaci delle sue scie colorate lasciano intravedere una genesi che abbraccia tanto l’organico quanto il tecnologico, allusioni fitomorfe o alla dinamica dei fluidi richiamano movimenti di congegni meccanici, voli di bolidi, ma come esperiti in una dimensione di realtà virtuale, liberati dalle resistenze di attriti e di pesi.
Un mondo scintillante di forme prive di consistenza, eppure chiassose, vitali, energetiche; una prefigurazione delle esperienze percettive del vicino futuro?