Realizzato da quattro studenti dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico
Roma
Teatro Vascello
Error materia
di Eva Mari
La drammaturgia della prima sezione si fonda su una riformulazione dell’opera collodiana a partire dalla nascita del burattino fino al momento della sua morte, dove terminava la prima stesura per volontà del suo autore.
La messinscena, articolata secondo un codice multidisciplinare, si fa espressione di linguaggi diversi che confluiscono l’uno nell’altro, da quello verbale a quello fisico a quello sonoro e musicale. In questo senso il lavoro vuole allontanarsi dal linguaggio scenico tipico del teatro di prosa, per confrontarsi con i linguaggi della contemporaneità, in particolare alla ricerca di un dialogo con le possibilità offerte dal mondo del sound design.
La narrazione procede per un’alternanza di quadri, ognuno dei quali sviluppa un tema, che abbiamo scelto di sviscerare e riorganizzare in una nuova drammaturgia, contrapponendo la funzione-Pinocchio alle funzioni che azionano la macchina delle sue avventure: gli Altri. Questi risultano svincolati dalla nomenclatura classica dei “personaggi della favola” e diventano funzioni agenti, responsabili di portare avanti la narrazione attraverso la trasformazione dei suoni, degli spazi, dei tempi dell’azione. Così come nella favola il burattinaio Collodi muove la sua creatura senza fili trascinandola negli eventi e gestendola a proprio piacimento, così la nostra narrazione si serve dello spazio teatrale come una nuova “scatola magica”, capace di confondere, ingannare e sottomettere chi la visita. Il sistema di illusioni tipico della scatola magica del teatro all’italiana è tuttavia ribaltato, per cui l’illusione è ampiamente dichiarata, come scelta stilistica.
Alla logica della “macchina”, che impiega sempre nuove strategie e seduzioni negando ogni possibilità di autoaffermazione, il burattino resiste e si ribella in modo forsennato. La natura vegetale di Pinocchio lo rende per definizione inadeguato ad affrontare le vicende del mondo umano. Tuttavia egli sceglie di abbandonare la sicurezza della casa paterna per avventurarsi nel mondo, mosso da curiosità, desiderio di conoscenza e di affermazione di sé. La tenacia, il coraggio, la fiducia nel prossimo e questa resistenza ostinata alle aggressioni del mondo esterno che lo vuole a tutti i costi forzare in una natura che non gli appartiene, lo rendono un eroe a tutti gli effetti, un eroe di libertà in cui ognuno di noi auspica riconoscersi. Ci piacerebbe permettere al linguaggio di prosa di confluire, confondersi e fondersi a quello evocativo del sound design, al fine di riproporre una vicenda sempre attuale, che rivendica il tentativo di mantenere una coerenza con se stessi, in contrapposizione alle minacce violente del sistema sociale, che vincolano l’individuo all’appartenenza ad un canone, cui Pinocchio ostinatamente si ribella.
La scelta di affrontare la rivisitazione e di mettere in scena la riscrittura di una favola così nota come quella di Pinocchio, nasce prevalentemente da una riflessione sul rapporto tra la nostra generazione e il mondo cui ci si affaccia a seguito della formazione, il “mondo del lavoro”. In uscita da un’accademia che ci ha tutelati per un arco di tempo lungo tre anni, ci affacciamo al mondo così come Pinocchio si affaccia alla vita dell’ambiente che lo circonda: un mondo ricco di opportunità e verso il quale egli è inevitabilmente attratto, ma che allo stesso tempo è denso di insidie, minacce, possibilità di fallimenti e incomprensioni. Sono i meccanismi di un sistema produttivo ormai affermato, all’interno del quale vogliamo sì inserirci per poter dar corpo alla nostra voce, ma che allo stesso tempo può spaventare, dentro cui occorre sapersi destreggiare e che occorre, ai nostri occhi, problematizzare. È un percorso di creazione che sceglie non casualmente la favola come strumento espressivo. Di modo che possa permettere anche a chi non è nato e cresciuto ai tempi di Collodi, di rintracciare e condividere le tematiche che costellano la vita di una creatura che entra in contatto con la realtà di un mondo, verso cui nutre un senso inevitabile di fascinazione.