Racconto di fotografia tra rischio e ubbidienza
Due episodi da non dimenticare
Storie di mafia
di
Santi Visalli
Durante la mia carriera di fotogiornalista ho avuto diverse opportunità di fotografare alcuni soggetti appartenenti alla Mafia. Sia vivi che morti.
Io allora vivevo a New York. Erano le 2 del mattino quando incominciò a squillare il mio telefono: Pronto Visalli? - si sono io - "Qui la redazione dell'Europeo, il direttore Melega le vuole parlare - Me lo passi pure - pronto Visalli cosa fai, hai letto i giornali? - No non ancora, sono le due del mattino, stavo dormendo - ah scusa volevo dirti è morto Carlo Gambino il boss di tutti i boss. ci saranno i funerali e ci dovresti fare un servizio - Non penso sia possibile, questi non fanno passare nessuno - devi fare a tuti i costi, qualsiasi cosa ti giovi, copriamo noi tutte le spese - Okay, dovrei affittare una limousine con autista forse anche un elicottero - ti ho detto che non badiamo a spese, mettiti subito in moto, ah e mandaci subito i rullini via fuori sacco* - (Allora non c’era il digitale, non si facevano scansioni e non esisteva il web). Tutto era primitivo rispetto ad oggi, ma bello, dovevi usare la Capoccia.
Melega era subentrato al leggendario Tommaso Giglio che aveva fatto
dell’Europeo uno dei settimanali più interessanti d’Europa.
Giglio si era circondato da giornalisti di razza: Alberto Ongaro, Enzo Magrì, Guido Gerosa.
con quali io ho lavorato per più di vent’ anni. C’erano anche altri giornalisti
che però sputavano veleno, ma io con questi non ci lavoravo. In seguito
Giglio partì per l’Argentina con l’incarico di risanare la Rizzoli a Buenos Aires,
vittima della P2, ”Un’altra Mafia”.
All’alba scesi in città ed incominciai a telefonare. Prenotai una limousine con
autista in livrea a tanto di cappello e guati. Era un irlandese e quando gli ho
detto cosa bisognava fare incominciò a tremare dalla paura. Avrei preferito un
siciliano ma al momento erano tutti prenotati per i funerali del Boss.
Io mi vestii tutto di nero avevo un impermeabile di cerata nero sotto il quale
nascondevo una Leica con un solo obiettivo (un 50mm). In testa avevo la
famosa coppola nera.
Per primo, assieme al mio tremante autista, mi recai
alla chiesa Lady of Grace Church a Brooklyn. Qui è stato facile fotografare:
c'erano centinai di fotografi ma non tutti professionisti. La maggior parte
erano della FBI e della Polizia Criminale. Loro usano sempre queste
occasioni per procurarsi foto di criminali. In un articolo l’indomani il New York
Times, descrivendo l’evento scrisse: tutti i mafiosi presenti erano stati
identificati sia dalla Polizia sia anche dalla FBI. Ad eccezione di una persona
con un impermeabile nero e la tipica coppola nera siciliana. Quello ero io.
Dalla chiesa partimmo per il cimitero. Entrati nell’autostrada per andare verso
il Queens, dissi al mio autista d’infilarsi al terzo posto del corteo dopo le prime
due macchine che seguivano il feretro. L’Autista, ancora più tremante di
prima, esegui i miei ordini e così siamo riusciti ad entrare nel cimitero e finire
il nostro servizio.
Qui nascosto dietro un albero riuscii a fare un altro rullino
ero contento, avevo scattato 3 rullini e mi avviai verso la mia macchina
quando due “gorilla” della famiglia Gambino m’incastrarono fra di loro e mi
presero la macchina fotografica. L’aprirono tolsero il rullino e senza dire una
parola mi restituirono la mia Leica.
Nel 1982 venni in Calabria per iniziare un servizio sulla Magna Grecia.
Era il Lunedì di Pasqua e fui invitato da alcuni amici a passare quel giorno in un
oliveto nei pressi di Locri.
Dopo un pò vicino a noi arrivò una numerosa
famiglia che prese posto sotto un enorme albero d’olivo. Il mio
accompagnatore mi disse che uno di quei signori era un grosso esponente
della Ndrangheta calabrese, e di stare calmo con le macchine fotografiche.
Ma io non lo volli ascoltare, l’istinto di fotografare era più forte di me. Allora mi
avvicinai al gruppo mi presentai come fotografo Siculo-Americano e chiesi il
permesso di fotografare. - Prego, fate pure - .
Loro avevano un giradischi ed al suono di Calabrisella Mia incominciarono a
ballare. Non potete immaginare la mia gioia. Avevo fatto un grasso scoop.
Finita la festa, un signore con una lupara sulla spalla mi fece cenno di
accompagnarlo. Mi prese sottobraccio e mi disse: - un patruni voli u rullinu, e voi questo favore non glielo potete rifiutare.
Ed io ubbidii!