La vita grama...
...di uno scippatore
di Ruggero Scarponi
Che cosa è rimasto di Natascia? Pensava tra sé, Antonio, mentre rincasava sul far del mattino.
Che cosa resta dell’avventura con la bella universitaria che gli aveva fatto battere il cuore, dieci anni prima?
Se tutto non fosse andato così di fretta, così velocemente!
La vita si era messa a correre e a lui sembrava quasi di non aver vissuto essendo rimasto solo un mediocre spettatore.
Natascia era una bella ragazza, allora.
Piena di vita, piena di talento.
Poi il destino l’aveva fatta incontrare con lui.
Lui che sul Corso cittadino, durante la passeggiata pomeridiana l’aveva presa di mira per quella borsetta che lei portava in mano.
Un urto improvviso, la borsa afferrata con dita d’acciaio e via, uno scippo a regola d’arte e quasi neanche il tempo di rendersene conto, per la vittima, per Natascia.
Ma poi certi occhi grandi e neri l’avevano disarmato.
Ci aveva pensato tutta la notte.
Per quegli occhi non aveva nemmeno ardito di guardare il contenuto della borsetta e già al primo mattino si era deciso a riconsegnarla.
Si era avvicinato alla ragazza, il giorno seguente, mentre prendeva il caffè con i compagni di università, in un certo locale molto elegante.
Si era avvicinato, franco, senza timidezza mentre lei, che lo aveva riconosciuto, si era irrigidita, muta. Solo gli occhi, grandi e neri, le brillavano in viso.
Lui si era avvicinato fino al punto di suscitare irritazione tra i compagni della ragazza, come un invadente molesto, quando disse:
Signorina, mi scusi, questa è sua. Non l’ho aperta e la riconsegno integra. Il mio nome è Antonio se crede può denunciarmi.
Ma no, rispose Natascia con un bel sorriso, che dice! Anzi, venga a sedersi qui vicino e prenda qualcosa insieme a noi, mi farebbe piacere.
Così era andata, povera Natascia dagli occhi grandi e neri.
Che sfortuna, una ragazza con un avvenire radioso davanti! Stregata da un poco di buono, pieno di sogni sbagliati.
Ma come mai che un bel ragazzo fine e intelligente come te si è messo a fare queste cose? Gli aveva chiesto un giorno mentre passeggiavano, al primo appuntamento.
E lui le disse tutto dei suoi sogni impossibili.
Disse che voleva vivere come un vendicatore dei poveri, rubare ai ricchi per…
Ma io non sono ricca! obiettò Natascia, eppure mi hai ugualmente presa di mira, sebbene poi tu ci abbia ripensato.
Vieni con me, le disse lui, ti mostrerò una vita che neanche immagini. Insieme potremo fare la felicità di tanti poveracci.
E noi? Come vivremo, di che vivremo noi? Chiese Natascia sbigottita.
Noi? Noi vivremo di poco, chi è felice non ha bisogno di molto.
Vivremo di furti e rapine? Chiese Natascia allarmata, tutta la vita?
A questo non dobbiamo pensarci, sarà la vita a suggerirci il meglio per noi.
Ma era bastato un piccolo errore per far crollare tutto quel castello di sogni per aria.
Uno scippo andato male. Natascia che impugna una pistola, lui che strattona una giovane donna che resiste e grida aiuto! Natascia che si spaventa, perde la testa e spara, per fortuna senza colpire nessuno. Poi l’intervento repentino della polizia e un sacco di guai.
Lei agli interrogatori non tradisce Antonio e si assume tutta la colpa, povera Natascia.
E lui si rende conto, per la prima volta, con quante fesserie ha nutrito il suo ego, la sua vanità.
Tanti sogni buoni per un fumetto da adolescenti ma per la vita, quella reale, ci sarebbe voluto dell’altro.
E lui a Natascia la vita gliel’aveva rovinata, forse, per sempre.
Natascia, infatti, non sembra più la stessa.
Al processo fu condannata. Fece qualche mese di detenzione, poi, gli avvocati di famiglia riuscirono a tirarla fuori.
Però, i costi economici furono molto elevati e si dovette vendere la casa al mare, dove andavano in vacanza tutti gli anni.
Papà, poi, a vedersi la figliola ammanettata e saperla dentro a una cella, fu sopraffatto dal dolore, dall’amarezza e dai sensi di colpa. Invecchiò precocemente e si calò in un mutismo triste, fino alla fine, che giunse rapida.
La mamma, invece, reagì meglio e si dette da fare per riorganizzare il futuro della figlia.
Con l’aiuto delle associazioni per il recupero sociale degli ex detenuti la mamma convinse Natascia a iscriversi a dei corsi di volontariato.
La ragazza iniziò un percorso faticoso ma a poco a poco riuscì a tornare sul sentiero della vita che aveva abbandonato per correre dietro a delle astruse fantasie.
Si rimise a studiare e si laureò con il massimo dei voti.
Poi, un po’ le amicizie maturate durante i corsi di volontariato, un po’ l’instancabile attività della mamma per farla tornare a una vita normale, un po’ la sua rabbia di seppellire un passato che rinnegava totalmente e finalmente Natascia trovò il lavoro per il quale aveva studiato con tanto impegno.
Di lui, di Antonio, il sedicente vendicatore dei poveri, non ha più voluto saperne.
Ma nell’ambiente si dice che conduca una vita triste e piuttosto grama.