#276 - 19 dicembre 2020
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Racconto

Lo sciopero di Babbo Natale

di Ruggero Scarponi

Era cominciata nell’estate, o forse in primavera, prima, molto prima dell’autunno, comunque.
Al Vecchio era venuta una sorta di melanconia, forse, direste voi, una depressione.
Nel volgere di qualche settimana aveva perso la sua caratteristica gaiezza, il buon umore, e persino il colorito che si era fatto grigio, da rubicondo che era.
E poi aveva cominciato a fare una cosa che non aveva mai fatto, nella sua vita, aveva cominciato a lamentarsi.
Passava le lunghe giornate dell’estate nordica chiuso in casa andando avanti e indietro da una stanza all’altra brontolando e sempre di malumore. Se la prendeva con le persone in primo luogo e con i bambini in particolare. Si lamentava della loro ingratitudine.
Andava spesso in cantina dove erano riposti certi bauli. Ne apriva uno a caso e ne estraeva dei fogli di carta, delle lettere. Erano quasi tutte lettere di bambini.
E’ tutto un chiedere! sbraitava, non sanno fare altro. E poi promesse, promesse che non mantengono mai! Che razza di fannulloni e di bugiardi!
AH! Quest’anno non so proprio se mi va di fare tanta fatica per portare i regali di Natale. Insomma, un po’ dovrebbero meritarseli, mi pare.
Babbo Natale si lamentava e si lamentava e non si decideva a tirar fuori il rospo che gli rodeva dentro.
Lamentarsi lo faceva star male, non era nella sua natura, nondimeno sentiva che qualcosa bisognava fare.
Si mise davanti a uno specchio che lo ritraeva per come era diventato, un vecchio brontolone.
Prese un bel respiro, si guardò dritto negli occhi e disse, mai che qualcuno si preoccupi per me! Prima devo sorbirmi tutte quelle lettere zuccherose che dietro all’esposizione di tanti buoni sentimenti nascondono solo l’interesse venale di ricevere dei regali. E poi devo sudare sette camicie per consegnarli in tempo durante la Santa Notte, magari anche col freddo e con la neve. E vogliamo dirla tutta? Passato Natale nessuno si ricorda più di me per un intero anno fino al dicembre successivo. E tutti quei ridicoli pupazzi che mi ritraggono con la faccia da citrullo e un nasone rubizzo come fossi un ubriacone. Per non parlare di quegl’altri pupazzi con un sacco sulle spalle appesi ai balconi che sembra quasi che di mestiere io faccia il ladro. Sarebbe ora di finirla con queste pagliacciate. Il Natale è una cosa seria.
Insomma Babbo Natale era scontento.
Il suo malumore era diventato talmente evidente che persino le renne che pascolavano nel recinto si erano messe a bramire per qualsiasi cosa. Avevano da ridire su tutto, se una nuvola offuscava il sole, se qualche inserviente addetto al loro servizio, tardava un minuto a rinnovare l’erica fresca nelle mangiatoie e persino se qualche turista si metteva a fotografarle. Non parliamo poi se qualche maschio si avvicinava ad annusare una femmina! L’annusata sembrava che la stessero scuoiando viva, per come s’adontava, lanciando certi bramiti rancorosi che si udivano per tutto il circolo polare artico.
Era tutto un bramire dalla mattina alla sera e dentro la casa di Babbo Natale era anche peggio.
Vedrai tu, borbottava il vecchio, che bella sorpresa vi preparo quest’anno…!

E senza terminare la frase andava su e giù per le stanze di casa senza trovare pace.
Insomma tra l’agire e il non agire c’è una bella differenza.
E Babbo Natale fintanto che brontolava e si lamentava non faceva danno alcuno e un po’ gli serviva come sfogo, diciamo pure.
Però quell’anno era diverso. Babbo Natale voleva davvero mettere in atto il suo proposito e restarsene al caldo della sua casa durante la Santa Notte lasciando i bambini di tutto il mondo senza regali.
Passò l’estate.
Passò l’autunno.
Giunse dicembre e gli elfi nelle fabbriche di regali non riuscivano proprio a capire che diavolo stese succedendo.
Perché mai, diceva il capo-officina, Babbo Natale non si fa vivo con la lista dei regali? Se tarda ancora un poco non faremo in tempo a rispettare le consegne. Migliaia di bambini resteranno senza regali di Natale, ma insomma, che sta facendo il Vecchio, non si sarà mica rimbambito?
A questo punto anche le renne che avevano bramito in lungo e in largo durante estate e autunno, non vedendo che nessuno veniva a rivestirle con nuovi finimenti com’era d’uso da un anno all’altro, cominciarono a preoccuparsi.
Che abbiano abolito il Natale? Pensò qualcuna tra le più sagaci. Non era mai accaduto ma con quelle bestie di uomini non si poteva mai sapere. Ne combinavano di tutti colori, quelli e abolire il Natale non era certo il peggio che sapessero fare.
Ma Babbo Natale resisteva. Chiuso in casa, sprofondato su una poltrona restava ostinatamente inerte. L’istinto gli avrebbe suggerito di saltar su a fare, a preparare, a programmare. Ma niente! Stavolta aveva deciso che avrebbe fatto tacere il cuore e mandato a quel paese i buoni sentimenti, ci voleva una bella lezione per tutti quei profittatori e ingrati.
Mi metto in sciopero, sentenziò gravemente il Vecchio e allora vedranno cosa sono capace di combinare, poi dovranno venire a supplicarmi e allora…S’immaginava Babbo Natale schiere di papà e mamme con il volto contrito che lo supplicavano di tornare a fare il suo lavoro per amore dei propri figli. E s’immaginava anche di provarci soddisfazione ma qualcosa lo faceva dubitare e tuttavia era risoluto a fare qualcosa di eclatante di sbalorditivo qualcosa che i grandi e i piccoli di tutto il mondo non avrebbero scordato mai più. Le renne nel recinto si erano fatte tristi. Vagavano su e giù con le corna imbiancate di neve lanciando brevi e sconsolati bramiti verso la casa di Babbo Natale. Muur, muur, facevano nella speranza di vedere apparire il Vecchio, prima o poi. Qualcuna si faceva prendere persino dai sensi di colpa e diceva a testa bassa, vedete, vedete cosa abbiamo combinato con tutto quel bramire in estate. L’abbiamo disgustato e avrà trovato qualche altra soluzione per trasportare i regali. E allora con gli occhi pieni di lacrime entravano silenziose nella rimessa delle slitte e dopo averle leccate affettuosamente rimanevano mute in attesa che qualcuno venisse ad attaccarle.
Oramai la cosa non poteva più essere taciuta e una delegazione di elfi andò a bussare alla casa del Vecchio.
Questi aprì la porta e al vedere lo spiazzo davanti casa occupato da tutti quegli omettini dallo sguardo smarrito provò una stretta al cuore ma non disse nulla. E prima che qualcuno di loro iniziasse a parlare fece un cenno con la testa come per dire che no, per quell’anno non ci sarebbe stata nessuna richiesta di giocattoli.
Come si era indurito Babbo Natale!

Era cambiato persino nella persona. Si era dimagrito, lo sguardo gli si era spento ed era sempre triste, fin dal primo mattino. E soprattutto aveva anche smesso di brontolare.
Anche le renne avevano cessato di bramire e sconsolate si erano accasciate a terra accanto alla palizzata del recinto, lasciando che la neve le ricoprisse fino a primavera.
Nell’officina gli elfi avevano spento le macchine e si preparavano a passare in famiglia il natale più triste della loro vita. In più c’era la preoccupazione che forse avrebbero perso per sempre quel lavoro tanto amato e ricompensato dalla moneta più preziosa del mondo, la gioia dei bambini.
Giunse la mattina del 23 dicembre e Babbo Natale era sempre del suo proposito di far saltare la consegna dei regali, quando udì uno scampanio al cancello di casa. Era Jonas il capo degli elfi.
Aspetta! disse Babbo Natale, ora vengo ad aprirti e si diresse verso il cancello.
Ho portato una bottiglia d’idromele, disse l’Elfo perché vorrei proprio brindare con te e festeggiare questa idea che hai avuto dello sciopero. Io sono completamente dalla tua parte. Qualcuno doveva pur dargliela una lezione a tutti quei mocciosi infingardi.
Babbo Natale ebbe un sussulto. Finalmente qualcuno che non lo riprovava. Vieni, vieni in casa amico mio, disse facendo strada al vecchio Elfo e facendolo accomodare nella poltrona più comoda del suo salotto. Jonas cominciò a lodare Babbo Natale e a enumerare i tanti torti che doveva aver subito in tutti quegli anni in cui non si era mai preso un momento di riposo pur di consegnare in tempo i regali di Natale a tutti bambini del mondo.
Eh! Esclamava, quanta ingratitudine!
Altroché, confermava babbo Natale e giù a raccontare tanti aneddoti che lo avevano amareggiato nella sua lunga attività di lavoro.
Babbo Natale si infervorava sempre più nel ricordare quelli che a suo giudizio erano i torti che gli erano stati fatti dalle famiglie e dai bambini stessi.
E intanto Jonas con orecchio attento e occhio vigile provvedeva a che il boccale del vecchio fosse sempre pieno di quell’idromele speciale che aveva tenuto da parte per un’occasione speciale.
E’ vero, aggiungeva Jonas, è proprio come dici tu, caro Babbo Natale e mi ricordo bene di quando fu che…,e mi ricordo anche di quella volta…e di quell’altra…!
Vero, vero confermava Babbo Natale, meno male che ci sei tu come testimone, amico mio e sei uno che ha capito che questo sciopero fa più male a me che ai bambini ma se lo faccio è per un senso di giustizia, per far trionfare la verità che altrimenti…E scolava il boccale che Jonas gli aveva appena riempito.
E continuava Babbo Natale, se ti facessi vedere quante lettere sono arrivate anche quest’anno! Non una che sia modesta, che sia la voce del cuore. Sempre a chiedere, chiedere e basta! Possibile che nessuno si domandi mai, come sto, io? Eppure lo sanno che per portare i regali durante la Notte Santa devo affrontare il freddo, la neve, la pioggia, il gelo nell’aria e nelle strade deserte, dico, ma sono proprio tutti senza cuore, insensibili! E allora vedranno quest’anno! Chissà che faccia faranno tutti quanti la mattina del venticinque dicembre!
A quel punto Jonas, con discrezione si era alzato dalla poltrona e con fare casuale si era messo a girellare nei pressi del baule dove Babbo Natale teneva le letterine dei bambini di quell’anno.
E mentre il Vecchio tra lunghe sorsate di idromele sfogava tutto il suo rancore, Jonas avvicinatosi al baule ne trasse alcune letterine. Com’erano carine, pensò intenerito, con tutti quei disegnini, le scritte colorate con la porporina, i cuoricini, insomma c’era dispiegata tutta la gaia fantasia dei bambini in trepida attesa della festa più bella dell’anno. Fugacemente senza farsene accorgere ne lesse il contenuto di alcune e poi sorridendo di compiacimento le rimise al loro posto.
Eh, caro Babbo Natale, disse a un tratto Jonas con una certa gravezza, che sebbene il tuo sciopero sia sacrosanto, mi vien da pensare che ci andranno di mezzo chissà quanti bambini che, invece, si sono comportati bene e molti tra loro, forse, si sono anche preoccupati per te…
Ma che! Sbottò il Vecchio. E quando mai! Ma fammi il piacere, anzi se vorrai prenderti la briga di frugare tra tutte le lettere arrivate non ne troverai una che sia sincera, dove a parlare, sia davvero il cuore e non un arido interesse.
Suvvia, suvvia, si affrettò a chetarlo Jonas, di sicuro è come dici tu, pure mi domando, lo dico così, per giocare con le ipotesi, mi domando e dico, se cercando tra tutte quelle lettere se ne trovassero almeno dieci che fossero…insomma voglio dire, faresti torto anche a loro?
Bè, anche io, lo dico solo per ipotesi, rispose Babbo Natale, se trovassi dieci lettere dettate dal buon cuore, io, io, attaccherei le renne alle slitte e farei quello che ho sempre fatto, ma l’ho detto solo per ipotesi, che tanto una simile combinazione non la credo possibile.
E, scusami sai, Babbo Natale, lo incalzò Jonas, ma a me piace giocare con le ipotesi e allora mi vien fatto di pensare che se fossero cinque invece di dieci, faresti torto, a quei bambini.
Certo che no, rispose pronto Babbo Natale. Ma a trovarli cinque bambini così! Concluse ridendo sgangheratamente.
E allora perdona l’insistenza di un vecchio elfo un poco sciocco, continuò Jonas. Ma se alla fine ne trovassi una sola, che faresti?
A quel punto Babbo Natale tacque e si fece scuro in volto. Poi fissando Jonas negli occhi, disse, vecchio furbo l’hai dunque scovata, vero?
Jonas si era posto di fronte al Vecchio e gli tendeva una letterina.
E’ stato un caso, disse, ho ficcato una mano tra tutte quelle lettere e la prima che ne ho tratto fuori… Babbo Natale scosse la testa, il mento gli cadde sul petto.
Conosco quella letterina, disse ed è il motivo di tutto il malumore e il rancore di questi mesi. Non sono arrabbiato con i bambini, accidenti! Ma con me stesso. Se quel bambino non avesse scritto, se non avesse… A quel punto Babbo Natale si sciolse in un pianto dirotto.
E’ un solo bambino in tutto il mondo, gridò Babbo Natale. Uno solo che mi ha scritto per chiedermi come sto, uno che mi ha chiesto di non portargli doni per non farmi fare troppa fatica, capisci? Un bambino buono capace di preoccuparsi più per gli altri che per sé stesso.
Ecco perché mettere in atto lo sciopero mi fa stare così di malumore.
Lo sciopero sarebbe giusto nei confronti di tutti gli altri, ma non per quell’unico bambino, accidenti!
E allora tu, disse pronto Jonas, segui quello che ti dice il tuo cuore, solo così tornerai ad essere Babbo Natale. Per quell’unico bambino farai felici tutti i bambini del mondo, pensaci e tornerai a godere della gioia che porti nelle case dei bambini.
Eh? Disse sorpreso il Vecchio, tu dici che sarebbe ancora possibile? Ma la fabbrica ha spento le macchine e le renne si sono rannicchiate sotto la neve.

E’ vero, confermò Jonas, ma gli elfi hanno continuato a lavorare di notte e per quanto riguarda la lista dei regali abbiamo preso per buona quella dello scorso anno e poi vi abbiamo aggiunto qualche novità… E le renne? Chiese con apprensione Babbo Natale, per colpa mia saranno intirizzite dal freddo e intorpidite sotto i cumuli di neve.
Per le renne non ti preoccupare. Sotto i cumuli nevosi si sta caldi e poi non gli abbiamo mai fatto mancare l’erica fresca.
E allora tu dici che anche quest’anno potrei…si potrebbe…
Basta che tu faccia un fischio, disse Jonas tutto contento.
E allora si! rispose Babbo Natale.
Poi andò sulla veranda di casa ed emise un fischio prolungato.
Dal recinto delle renne, queste sentendo il tanto atteso richiamo, scattarono sugli zoccoli scrollandosi di dosso la neve.
Era un vero spettacolo, sembrava che il recinto delle renne si fosse trasformato in un gioco di fontane di neve. Ogni volta che una renna si rizzava sugli zoccoli faceva esplodere in aria cumuli di neve come fosse lo zampillo di una fontana meravigliosa.
Anche il sole quel giorno pensò di visitare il campo di Babbo Natale trattenendosi per pochi minuti, è vero, si sa che durante l’inverno al circolo polare artico il sole resta nascosto per quasi tutte le ventiquattr’ore, ma così ridente e caloroso che mise a tutti dentro una gioia e una voglia di fare che era un piacere. E così anche quel natale i bambini di tutto il mondo ricevettero i doni tanto attesi.
Nei giorni a seguire, poi, Babbo Natale si mise con calma a rileggere le letterine dei bambini e scoprì che in verità ce n’erano molte scritte con il cuore. Chi gli chiedeva in dono la concordia in famiglia, chi la guarigione di una persona cara, chi di portare il proprio dono a un bambino povero chi…insomma di bambini buoni ce n’erano davvero tanti nel mondo e se prima Babbo Natale non se ne era accorto era perché una volta tanto si era voluto chiudere nel suo risentimento rifiutando di vedere ciò che era evidente.
E adesso dopo aver fatto il suo servizio si sentiva felice e sereno, solo, aveva finito quell’ottimo idromele e se Jonas gliene portasse un’altra bottiglia sarebbe proprio il più bel Natale del mondo.

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