L'ora fatale
di Ruggero Scarponi
Giunto all’età di novantanove anni nel giorno di Giovedì Santo dell’anno di grazia **** il monaco
Angelino ebbe un capogiro, giusto il tempo di rivolgere il pensiero a Nostro Signore, poi strabuzzò gli occhi
e morì.
Così, almeno, era convinto che fosse avvenuto, il santo monaco.
Invece, si ritrovò qualche ora più tardi nella sua celletta, disteso sul suo lettuccio, attorniato da tutti i
confratelli che lo guardavano sorridenti.
Il Padre Guardiano gli teneva la mano e lo rassicurava con tenerezza.
Angelino impiegò qualche istante per comprendere come stavano effettivamente le cose e cioè che
nonostante lo avesse tanto desiderato non era morto.
Però era esausto e sentì il bisogno di scusarsi con il Padre Guardiano per il fatto che non trovava le
forze per alzarsi e attendere ai suoi doveri quotidiani.
Ma il Superiore lo rimbrottò bonariamente ordinandogli di restare a letto fintanto che non si fosse
ristabilito.
Angelino rispose con uno sguardo commosso e due lacrime gli rigarono le dure gote fino a perdersi
nell’ispida barba.
Poi si addormentò.
Quando riaprì gli occhi mancava poco al Mattutino e un monaco novizio che gli era stato accanto per
tutta la notte lo salutò con grandi effusioni baciandolo sulle mani, sulla fronte e sulle gote. Poi si mise a sua
disposizione offrendogli il crocifisso per la preghiera e sostò accanto a lui, in ginocchio, per riceverne la
benedizione.
Il vecchio monaco appoggiò la mano tremante sulla tonsura del giovanetto, pronunciò qualche parola
e lo licenziò con un segno di croce.
Rimasto solo cominciò a meditare.
Sono davvero molto vecchio, pensò e le gambe non mi reggono più. A cosa posso servire ancora nella
comunità? In questa casa ognuno ha il suo compito e restare in ozio non è contemplato. Non è giusto che si
venga accuditi e sfamati senza lavorare. Pertanto si risolvette, il monaco Angelino, che sarebbe stato
opportuno concludere la propria vita nelle braccia di Nostro Signore per liberare la casa e gli altri monaci
dalla sua ingombrante presenza.
Essendo uomo accorto e riflessivo cominciò a ragionare su quale potesse essere il momento migliore
per la sua dipartita. Tale pensiero lo preoccupava non poco perché desiderava che avvenisse nel momento
più opportuno, quello di minor incomodo per i confratelli.
Tuttavia, si disse, non mi sembra da buon cristiano lasciare questa valle di lacrime proprio oggi che è il
Venerdì Santo. Sarebbe un’imperdonabile superbia distogliere il pensiero dei confratelli dalle meditazioni
per il Cristo Morto e obbligarli a occuparsi di me che sono soltanto un povero vecchio monaco peccatore.
Né mi sembra il caso di rabbuiare la Santa Pasqua che è il giorno della Resurrezione, giorno di festa per
antonomasia, nella quale, specie i monaci più giovani trovano, una volta tanto, un sano momento di svago
e di ristoro.
Quindi, pensò, dovrò umilmente attendere tempi migliori ovvero tempi più consoni ai lutti e alle
mortificazioni.
Così il monaco Angelino, benché fiaccato dal male, dall’inedia e dalla debolezza fisica s’impegnò con
tutte le forze a non morire per non recare intralcio alla vita comunitaria.
Di nuovo s’assopì e al risveglio trovò che era venuto a fargli visita il Padre Guardiano.
Certo, pensò il vecchio monaco, con tutte le preoccupazioni che ha, il venerabile superiore sarà venuto
ad accertarsi che io sia sul punto di avviarmi sulla strada senza ritorno. Pover’uomo, so bene quante
energie deve distogliere dal lavoro quotidiano per accudire un inutile fardello quale sono oramai diventato.
Ma il Padre Guardiano lo guardava con tanta dolcezza e gli parlava con parole di sincero affetto.
Trascorsa la Settimana Santa il monaco Angelino, sempre più esausto e malato si predispose
spiritualmente per quando sarebbe giunta la sua ora fatale.
Si disse, mi basta poco, poco davvero. Sarà sufficiente abbandonarmi nella preghiera e subito sarò tra
le braccia di San Michele Arcangelo. Se Dio vorrà, aggiungeva umile e contrito.
Ma per intanto reggeva il fiato con i denti e non per attaccamento al mondo ma solo per spirito di
servizio ai confratelli.
Il vecchio monaco si arrovellava oramai da qualche giorno nella difficile scelta del momento migliore
per andarsene senza dare incomodo.
Al mattutino, no, pensava, che trovarsi un morto in comunità appena terminate le preghiere del
risveglio e prima di andare a colazione è un disturbo che neanche ci voglio pensare.
Potrei morire nell’ora tra il mattutino e la refezione.
Gli sembrò una buona idea.
Si mise allora a recitare le preghiere. Chiese perdono a Dio per i tanti peccati e stava per lasciarsi
andare quando fu scosso da un pensiero angoscioso.
A quell’ora rifletté tutte le migliori menti del monastero sono impegnate in studi, riflessioni e
applicazioni per dare la loro parte migliore alla Chiesa e all’umanità. Come posso distogliere tanto zelo con
le mie insignificanti questioni? Devo senz’altro evitare di disturbare il lavoro di ingegni tanto acuti.
E per questo decise di vivere ancora un poco, così per non disturbare.
Ma tali pensieri lo avevano affaticato e si assopì.
Nei giorni seguenti ogni volta che pensava al momento opportuno per giungere al cospetto di Dio e dei
Santi, subito ci trovava un inciampo, un disturbo e non si risolveva a fare il grande passo, seppure con
grande rammarico.
Fu così che una notte fu svegliato da un brusio sommesso.
Dopo qualche minuto in cui si stava chiedendo cosa mai potesse aver messo tanto subbuglio nella
comunità che stava riposando dopo le fatiche di una giornata di lavoro, entrò nella sua stanza il padre
Guardiano per informarlo che il suo vecchio compagno, l’anziano monaco Ilario, durante la notte li aveva
preceduti in Paradiso.
Il Padre Guardiano gli parlò con voce sommessa rotta dall’emozione e dalla tristezza per la grave
perdita ma anche piena di fiducia e di speranza di ritrovare l’amato compagno, a Dio piacendo, nel grande
Coro dei santi e dei beati in Paradiso.
Il monaco Angelino, per un istante invidiò il monaco Ilario che se n’era andato in modo tanto semplice
e pensò che quello era per lui un buon insegnamento. E un poco si rimproverò di non riuscire a fare
altrettanto. Tuttavia, dopo qualche giorno, sentendosi in forze si alzò all’improvviso, e desiderò fare una
piccola passeggiata nel chiostro.
E mentre passeggiava meditò a lungo sul senso dell’ora fatale e per quanto si sforzasse di
comprenderne il significato dovette ammettere con sé stesso che era una cosa davvero misteriosa e che
non valeva la pena di preoccuparsene, così preso da altre occupazioni continuò a vivere ancora alcuni anni
e non ci pensò più.