#115 - 22 dicembre 2014
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Editoriale

La febbre

di Dante Fasciolo

I prossimi 15 giorni
misureranno la febbre del nostro tempo.
In nessun altro periodo dell’anno come in questo
frenesia e scoramento si rincorrono.

Il nostro mondo occidentale soprattutto
muove scomposto e vorticoso i suoi passi quotidiani,
l’aria di festa sprona passioni e desideri
e annulla freni di resipiscenza.

Seppure immerso in beffardi labirinti,
il pensiero non può non correre al disagio del mondo,
ancora una volta fugacemente, ma quanto basta
per un sussulto del cuore.

Questa nostra festa cristiana, il Natale,
annuncia ancora una volta il Messia
e richiama con l’imperio dell’amore
alla responsabilità dell’accoglienza.

Vicina, se il nostro prossimo è dietro l’uscio di casa,
lontana, se flebile bussa alla nostra coscienza…
enorme massa di uomini anonimi,
donne e bambini, diseredati del mondo.

Di fronte ai miserandi che bruciano giustizia,
di fronte agli sciocchi che credono di cancellare il dovere
negando tradizioni e simboli di pace,
noi, i più, entriamo nel recinto tiepido dell’impotenza.

Noi, i più, chiudiamo le finestre, tiriamo le tende
neghiamo luce alla casa e all’anima,
ora che abbiamo affogato sentimenti e valori
nelle luminarie di sfacciati, anonimi, prepotenti supermercati.

Paghi e soddisfatti? No! Siamo sconfitti.
Le nostre nequizie escono vincitrici,
nell’eterna lotta tra l’essere e l’apparire,
e la nostra febbre cresce col crescere dell’indifferenza.

Ci aspettano cibo e vini abbondanti….
ma nella casa manca la luce…quella scia luminosa
capace di rischiarare l’universo;
la luce che da tempo indica una via da percorrere,
per un nuovo equilibrio che abbracci terra e cielo.

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