Nottata
di Ruggero Scarponi
Franco si girò su un fianco poi sull’altro e finalmente si mise supino. Aprì gli occhi, se li stropicciò un poco e istintivamente guardò verso le tapparelle che lasciavano filtrare la luce arancione dei lampioni, sulla strada davanti casa.
È ancora notte, pensò e subito andò con lo sguardo a cercare la sveglia con le cifre luminose che teneva sul comodino.
Le 3.52 lesse. Restò sveglio ad occhi aperti a guardare il soffitto. Tanti pensieri gli mulinarono in testa convulsamente. Sua moglie Gisella, percepì quei lievi movimenti perché, pur dormendo ancora, gli si strinse al fianco circondandogli il torace con un braccio.
Il corpo morbido e caldo di sua moglie gli trasmise una sensazione di piacevole intimità che durò poco, per la verità, per lasciare spazio al pensiero della grana che avrebbe dovuto affrontare quel giorno stesso.
Egli avrebbe volentieri lasciato correre ed evitare discussioni e tensioni con i vicini dell’appartamento accanto ma Gisella era stata irremovibile. Dal momento che la signora Daniela si rifiutava di riconoscere il danno, bisognava procedere con l’avvocato.
Franco aveva tentato di convincere Gisella che per un danno di circa 300 euro non valeva la pena di mettersi in mano a un avvocato che oltre alle spese gli avrebbe fatto perdere chissà quanto tempo per non parlare poi del disagio di convivere negli anni a venire con dei vicini sempre pronti a vendicarsi alla prima occasione.
Gisella l’aveva presa male. Se fosse per te gli aveva urlato, aspra, ti faresti mettere i piedi sopra la testa dal primo che alza la voce senza neanche protestare e magari ringraziandolo pure…Loro, continuò riferendosi ai vicini, sanno benissimo di essere in torto perché io, (e sottolineò, io) gliel’ho fatto presente subito. Ho suonato alla porta e ho mostrato a Daniela cosa avevano combinato. Pure, però, si era pentita Gisella di quelle parole che sapeva bene che suo marito non meritava e non di meno, dopo essersi scusata, aveva preteso che almeno un parere all’avvocato andava chiesto, così aveva detto, senza impegno ma solo per sapere se era possibile far trionfare la giustizia.
Franco tentò un’ultima resistenza cercando, con modi pacati, di far ragionare sua moglie. Capisco, aveva detto che tenevi a quel vaso, che oltre ad essere un ricordo di famiglia, valeva almeno 300 euro e che i signori dell’appartamento accanto sono stati quantomeno maldestri se per attaccare un quadro alla parete hanno sferrato tali mazzate da provocare un’onda d’urto le cui vibrazioni avevano causato la caduta del vaso dalla mensola dove era alloggiato. Ma tutto era stato fatto senza malizia, in maniera, come si è detto, maldestra ma involontaria. E poi c’era la questione di come dimostrare che il vaso era caduto a causa di quell’evento.
Gisella paziente aveva ascoltato suo marito fino alla conclusione e poi soave come una colomba gli aveva detto che capiva tutte quelle ragioni e che era stato ingiusto da parte sua pretendere che lui si facesse carico della sgradevole vicenda per cui avrebbe preso su di sé il carico e sarebbe andata lei stessa a parlare con l’avvocato con la promessa che non avrebbe preso nessuna iniziativa senza averlo prima consultato.
A quel punto Franco aveva capitolato e aveva promesso che sarebbe andato l’indomani, dopo l’ufficio, dall’avvocato De Juliis che era anche il consulente legale dell’azienda dove lavorava, per farsi dare un parere.
Proprio mentre gli passavano per la mente questi pensieri sentì la gamba di Gisella sfiorargli il ventre per poi allacciargli tutte e due le gambe.
Si sentì letteralmente avvinghiato dal corpo di sua moglie che ora aveva anche appoggiato la testa sulla sua spalla per cui percepiva distintamente il respiro caldo di sonno che la donna emetteva ritmicamente.
In quella posizione i suoi movimenti erano piuttosto ridotti a meno di non voler svegliare Gisella nel tentativo di liberarsi dall’abbraccio cosa che Franco non avrebbe fatto per tutto l’oro del mondo.
Con molta circospezione passò un braccio sotto il corpo di Gisella e l’abbracciò a livello della vita e poi l’accarezzò, leggero, dal fianco in su, lungo la schiena, fino alla base del collo.
La donna sembrò non avere nessuna reazione continuando beatamente a dormire.
Allora Franco con una piccola torsione del collo riuscì a sfiorare con la bocca quella semi-aperta di Gisella.
Ne assorbì il respiro, una, due volte e poi di nuovo adagiò la testa sul cuscino restando ad occhi aperti a fantasticare.
La donna si mosse un poco come se tentasse di aderire sempre più al corpo del marito pur rimanendo addormentata.
E Franco favorendo il movimento di lei la serrò un poco di più con la mano alla vita.
Provò un intenso piacere. L’idea che una donna bella e giovane come Gisella si stringesse a lui in quel modo lo rendeva orgoglioso e felice.
Più volte, infatti, si era domandato per quale meravigliosa alchimia una donna bella e raffinata come Gisella avesse potuto innamorarsi di lui che bello di sicuro non era.
Era forte, fisicamente, e molto anche e forse questa forza fisica aveva attratto sua moglie. Ma in quanto a bellezza, poteva dirsi un uomo decisamente brutto. Tarchiato, tozzo addirittura, con un occhio mezzo chiuso che gli era rimasto come ricordo dei tempi in cui si era dato alla boxe e quelle cosce sproporzionate che lo rendevano goffo, una specie di gorilla, dovute all’allenamento con i pesi, in palestra, senza istruttore. Aveva sviluppato spalle, bicipiti e cosce ma in maniera sgraziata.
Però ora che ci pensava si ricordò di un particolare che non aveva mai approfondito.
Una sera, era già sposato, rientrando da una seduta di allenamento in palestra si accorse di aver dimenticato le chiavi di casa nell’armadietto. Tornato indietro per recuperarle aveva involontariamente ascoltato, senza essere visto, una conversazione tra alcune ragazze che avevano appena finito di allenarsi. Una di loro, una certa Sabine, una francesina molto graziosa, fidanzata con il proprietario del centro sportivo a un certo punto entrando nella conversazione con le sue amiche che stavano parlando di ragazzi, disse che l’unico con cui avrebbe tradito il suo Roberto era…e fece il suo nome, con il signor Donnini disse, esattamente.
Quindi alle donne per qualche misterioso motivo doveva piacere e questo lo lusingava.
Di nuovo tentò di muoversi con la testa il meno possibile ma quel tanto da permettergli di scorgere l’ora nella sveglia sul comodino. Le 4 .10. Poteva contare su quasi due ore prima della sveglia mattutina fissata alle 6.
E Gisella era tutta addossata a lui placida e morbida.
Negli ultimi tempi, pensò, faceva all’amore con Gisella al mattino, prima della sveglia e solo una o due volte la settimana, alla sera, prima di addormentarsi, di norma questo avveniva il venerdì o il sabato, potendo giocare fino a tardi, senza problemi con i tempi del risveglio.
Guardò verso le tapparelle e gli sembrò di scorgere insieme alla luce dei lampioni che filtrava anche il vago chiarore dell’aurora.
Si sentì pieno di energia e pieno di desiderio per sua moglie.
Allora con delicatezza fece scivolare pian piano la gamba di Gisella, quella che lo aveva avvinghiato, lungo la sua gamba destra e poi portò il braccio che le teneva alla vita fin sotto il collo. Si girò cautamente sul fianco, portò una gamba sotto alle due gambe di Gisella e l’altra sopra, all’altezza delle cosce. A questo punto Gisella si risvegliò e un poco sorpresa disse, che fai…
Niente, rispose con un sussurro Franco, solo che ti ho imprigionata e ti tengo tutta per me.
Gisella ridacchiò divertita. E fecero all’amore.