Ministero Beni e Attività Culturali
Biblioteca di Archeologia e Storia dell'Arte
Sala della Crociera - Roma
Mina Cappussi :
Discronie Archetipi
Verso un nuovo Rinascimento
“Arte visionaria” quella di Mina Cappussi, che espone i suoi dipinti al Ministero dei Beni Culturali fino al 30 dicembre.
A fare da cornice alle visioni oniriche che stanno solleticando l’interesse dei critici e del mondo dell’Arte Contemporanea, una sala di incredibile bellezza, quella della Crociera, nella sede storica del Ministero dei Beni Culturali che conserva le scaffalature originarie, seicentesche, risalenti al periodo in cui fu sede della Biblioteca Major, fondata da *S. Ignazio di Loyola** su modello dell'Università di Parigi.
E’ qui che trovano posto, tra volumi antichi, affreschi, legni torniti e volute dorate, i dipinti di un’artista che si è affacciata da pochissimo al mondo dell’arte, ma che ha già collezionato riconoscimenti di tutto rispetto.
Tra questi la selezione riservata a 12 artisti con esposizione in permanenza, presso il Museo Macia di Arte Contemporanea di San Josè di Costa Rica; la selezione per Premio Expo di Bologna 2014 con inaugurazione il 23 gennaio 2015 a cura del prof. Philippe Daverio; Call for Artists Dave Bown Project - USA; Premio Expo Bologna V Edizione: selezionata per Art Expo New York 2015; Mostra presso l’Ateneo delle Arti e delle Scienze in Bergamo Alta; Auditorium Isernia; Palazzo Ducale di Torrevecchia Teatina.
Ospitata dal dicastero simbolo dei Beni Culturali del Bel Paese, Mina Cappussi fa parte dei 20 artisti recensiti da Giorgio Mondadori nella pubblicazione curata da Giammarco Puntelli sugli Artisti Contemporanei del nuovo rinascimento, Movimento del Metateismo fondato da Davide Foschi (nelle librerie a marzo 2015).
Giornalista, scrittrice, poetessa, curatore del Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo, Mina Cappussi ha vinto quest’anno il Premio PACI.
Presenze di spessore al taglio del nastro con l’invito che arriva direttamente da Maria Concetta Petrollo Pagliarini, Direttrice della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte.
Molteplici e variegate le voci che hanno accompagnato le opere:
“Un mondo - quello di Mina Cappussi scrive Marcello Carlino critico letterario e d’arte, docente di Letteratura italiana contemporanea dell'Università Sapienza di Roma, - colorato di segni, che ora riportano agli incanti fiabeschi e ai loro orditi antropologici, ora sbalzano profili incisi da antiche civiltà e da suggestivi affioramenti mitologici, ora ascoltano lontani echi di vibrazioni simboliche tra tortili preziosità alla Klimt e vortici da maelstrom…”
Genny Di Bert della Rome University of Fine Arts così si esprime: "Le opere di Mina Cappussi manifestano una costante relazione con il mondo ideale, sono sintesi, “canti dell’anima”, poesie emozionali graficamente raffinate ed oniriche (…) l’autrice, supportata da una curiosità creativa, “vagabonda” nel territorio delle contaminazioni culturali, reinventa con forti cromatismi e definizioni di contorni dal vago sapore espressionista. (…) psicologie dell’esistenza, grammatiche visive di sogni ancorati al reale. Gli spazi sono “ipercarichi” ed in essi si riscontrano suoni orchestrali di composizioni contemporanee. Senza filtri, l’estetica di Mina fuoriesce di getto, sprigionando una profonda energia che si fissa sulla tela e, attraverso giochi pittorici di sovrapposizione ed accostamenti di forme, fa rivivere l’attimo, fermato per sempre, di un racconto".
Nel mentre Massimo Pasqualone, critico d'arte e critico letterario, giornalista e autore, docente di Sociologia e Bioetica, si sofferma sulla "profonda sensibilità e la decisa ricerca cromatica come cifra stilistica della produzione di Mina Cappussi. Quelle che a primo impatto possono sembrare variegate ermeneutiche, in realtà sono legate dal filo di Arianna dello scandaglio psicologico, dove l’io dell’artista è sempre preponderante, sovente epifanico in una metamorfosi continua, celata dietro elementi fantastici (…) la tela che si fa rifugio, il colore che diviene scudo, il dettato pittorico che scandaglia, sbaraglia, sconquassa, dice il noi ed il qui di questo strano itinerario che è la vita, queste scale, sempre troppo alte per le nostre corte gambe, questa fatica e male di vivere che Mina Cappussi trasforma in una realtà onirica (…) Mina interpreta con i sogni il fluire del fiume della memoria e dell’io, dove nulla riduce a geometria o ad opaca piattaforma di saperi l’artista, dove il passato non è mai l’unica meta e dove solo il sogno crea un varco prezioso nei misteri del vivere."
"Lo sguardo visionario dell'artista - Sono parole di Gioia Cativa, storico dell'Arte - si manifesta con figure totemiche dal forte potere evocativo, simboli di forze e di idee che tentano di trovare una propria forma". L'arte visionaria di Cappussi (che affonda le radici nel XIX secolo, in pieno Romanticismo) è allegoria della sua visione personale della vita, impregnata di positività e di un pizzico di follia. L’artista visionario inizia a sentirsi inadatto, non compreso, estraneo alla società (…) L'isolamento esistenziale mette fine all'utopia collettiva di tipo illuministico: l'uomo, in un certo senso, si affranca dalla tangibilità del reale, mentre le gamme cromatiche dei colori si ampliano affinché si abbia la possibilità di dipingere anche “ciò che non si vede”. Se Johann Heinrich Füssli, nella sua arte, crea veri e propri incubi, dando vita ad una visione onirica che si trasforma in un'ossessione di immagini, Cappussi, invece, “agisce” diametralmente all'opposto. Füssli ha dato vita ad una spasmodica ricerca di un'arte tormentata e spaventosa, figlia di un'anima in perenne agitazione, mentre Cappussi usa il visionario per descrivere un'idea meno estrema del male di vivere, usando l'arte per parlare dell'universo psicologico femminile, sperimentando un linguaggio che è agli antipodi dell'arte romantica di fine '800. (…)Vivo e cangiante risulta essere anche il linguaggio pittorico utilizzato dall'artista: le linee e le forme sono definite, la scelta cromatica è forte e chiara, colori compatti stesi sulla tela in un accostamento luminoso catturano lo sguardo, spingono quest'ultimo a “gustare” ogni elemento ed accompagnano la mente in un viaggio immaginario ed onirico (…) In conclusione, Mina Cappussi si propone come un'artista visionaria, fautrice di un'arte propositiva"
Sul rapporto Arte, Bellezza e Spiritualità come risposta alla crisi dei valori, si è soffermato Mons. Giancarlo Perego, Direttore Generale Fondazione Migrantes, (l’organismo costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana per l’evangelizzazione e la cura pastorale dei migranti, italiani e stranieri) Consultore del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, docente di teologia dogmatica presso la LUMSA (Libera Università Maria Ss. Assunta) di Roma; e a seguire hanno espresso i loro giudizi Stefania Schipani, ricercatrice Istat e autore per la Treccani; Maurizio Varriano presidente Borghi d’Eccellenza; Quirino Martellini, sociologo dell’informazione; Giuseppe Abbati Presidente Aitef: Salvo Iavarone, presidente Asmef; Anna Selvaggi, presidente AIDE Associazione Donne Europee; Silvia Lentini, artista di fama internazionale.
Anche il direttore del nostro giornale, Dante Fasciolo , intervenendo all'incontro, ha espresso un suo parere sull'opera della Cappussi, in riferimento anche alla attitudine al giornalismo dell'autrice:
"Viviamo un tempo provvisorio…di passaggio, come affermano sociologi e filosofi, e non c’è dubbio che si percepisca un disagio generalizzato tra le maglie sbrillentate della società.
Non si tratta solo di un’economia che non risponde più alle esigenze né di piccoli progetti degli individui né delle macro-imprese planetarie…siamo in un tempo di disarmonia sociale, culturale, spirituale…venuti meno i punti di riferimento collanti delle comunità, sia esse familiari, urbane, nazionali e continentali…ecco avanzare prepotente l’esigenza di un recupero di principi e di valori per riattivare un respiro ampio, una visione alta di un’esistenza capace di una rigenerazione attiva che riempia il destino dell’uomo…di ogni uomo chiamato a lasciare un’impronta di se.
In questo senso, l’arte può aiutarci, incidendo nel profondo di ciascuno, sviluppando un virus positivo di passione per la vita e propositivo oltre il limite temporale che ci assoggetta.
Mina Cappussi con la sua mostra: Discronie Archetipe - verso un nuovo rinascimento ci invita a muovere i primi passi sul sentiero che segnerà nuova storia".