#255 - 25 gennaio 2020
AAA ATTENZIONE - Questo numero rimarrŕ in rete fino alla mezzanotte del 19 aprile, quando lascerŕ il posto al numero 350. Ora MOTTI per TUTTI : - Finchč ti morde un lupo, pazienza; quel che secca č quando ti morde una pecora ( J.Joyce) - Lo sport č l'unica cosa intelligente che possano fare gli imbecilli (M.Maccari) - L'amore ti fa fare cose pazze, io per esempio mi sono sposato (B.Sorrel) - Anche i giorni peggiori hanno il loro lato positivo: finiscono! (J.Mc Henry) - Un uomo intelligente a volte č costretto a ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti (E.Hemingway) - Il giornalista č colui che sa distinguere il vero dal falso e pubblica il falso (M. Twain) -
Racconto

Miliardi di chilometri

di Ruggero Scarponi

Stentavo a crederlo, ma quell’esserino, sarà stato alto si e no un metro, era il pilota della gigantesca astronave. Da quando la fantascientifica macchina era apparsa nel cielo proprio sopra di me, io mi ero come incantato. Ancora oggi non so dire se per effetto di un turbinio inesprimibile di emozioni o per qualche manipolazione da parte degli alieni, fatto sta che me ne stavo immobile a bocca aperta e occhi spalancati di fronte al piccoletto che, protetto da una tuta che ne celava completamente le fattezze, attraverso un misterioso apparato sonoro mi stava comunicando qualche cosa.
Appena riavuto dalla sorpresa e resomi conto della situazione fui colto da sentimenti contrapposti. In me si agitava la più incontenibile curiosità mista a un terrore ancestrale, il terrore che si prova di fronte all’ignoto.
Ma finalmente riuscii a dominarmi e sebbene sovrastato dalla mole dell’astronave che fluttuava nell’aria a meno di un metro sopra la mia testa proiettando tutto intorno un’ombra scura nel pieno della giornata estiva e soleggiata, mi misi all’ascolto dell’essere misterioso. Mentre ascoltavo tornavo continuamente col pensiero alle cose straordinarie che avevo visto negli ultimi cinque minuti. Il puntino appena visibile che avevo notato in pieno giorno accanto alla sagoma sbiadita della luna e che nel volgere di un istante era calato sopra di me coprendo un’area grande come un campo di calcio. E poi il tipo che ne era spuntato fuori da una sorta di serbatoio e che si era modellato in forma simil-umana davanti ai miei occhi.
Possibile? Mi dicevo. E perché proprio a me è toccato di essere il primo essere umano (il primo?) a fare la conoscenza degli extraterrestri. La cosa più straordinaria di quante ne possono capitare nella vita di un uomo, seconda forse, solo all’idea di resuscitare dopo la morte.
Ma mentre riflettevo su questi misteri tornai all’ascolto dell’alieno dal quale proveniva un suono o forse un rumore come il rombare di un motore. Mi feci attento ma per quanto mi sforzassi non riuscii a cogliere nessuna variazione nel flusso sonoro.
In poche parole posso affermare che se quello era il tentativo di stabilire un contatto tramite qualche astruso linguaggio siderale, io, non ci capii un acca. Infatti l’alieno dopo aver ripetuto per una dozzina di volte il suo rombo, evidentemente scoraggiato, riprese la forma semi-liquida per rientrare nell’astronave da quella specie di serbatoio da dove era fuoriuscito.
Un attimo dopo l’immensa macchina si sollevò sopra la mia testa e così come era venuta disparve nel cielo.
Accidenti! Mi dissi, che sfortuna. Magari se invece d’incontrare me, un povero omuncolo senza particolari conoscenze astrofisiche e cibernetiche, avesse incontrato uno di quei professoroni che vanno spesso in televisione, forse a quest’ora avremmo il tanto atteso “contatto” e, invece…
Ma poi soffermandomi a riflettere sull’accaduto conclusi che non mia era stata la colpa del mancato contatto, ma dell’alieno. E si, perché uno, non fa miliardi di miliardi di chilometri per andare a trovare una civiltà dall’altra parte dell’Universo portandosi da casa la sola lingua che parla tutti i giorni. Insomma, voglio dire, che dall’altra parte dell’universo si comunichi in maniera differente che a casa propria lo puoi mettere nel conto non bisogna essere dei geni. E quindi partendo per un viaggio del genere sarebbe opportuno pensare a diverse opzioni di comunicazione, mi pare.
Un po’ come avvenne qui da noi quando allo scadere dell’anno 1999 tutti erano in apprensione per la sorte dei computer. I geni (lo dico con rispetto, senza ironia) che avevano realizzato il personal computer a metà degli anni cinquanta non avevano pensato al “cambio di data” dell’anno 2000 rischiando di mandare in tilt i computer di tutto il mondo.
Per fortuna, poi, una soluzione è stata trovata e…
Sai che vi dico? Che questi alieni un po’ geni e un po’ sprovveduti mi sono diventati simpatici. Ci assomigliamo, in fondo. Distratti e improvvisati come noi. Noi forse siamo un po’ più belli, però e meno liquidi, ma tant’è…

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