Televisione, gioia e dolore
Zapping
Frammenti semiseri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
Ci sono periodi come l’attuale – che si ripresentano aleatoriamente a intervalli irregolari- in cui prediligo il frigorifero e il forno elettrico al televisore. Il mesto telecomando, abbandonato sul tavolo, mi sta guardando in tralice, ma nessun senso di colpa mi fa recedere da questa santa inerzia televisiva che dolcemente mi avvolge in questo tiepido scorcio d’anno. Un’inerzia salutare e salvifica provocata, ne ho il sospetto, dall’eccesso di politicume, di vacuo chiacchiericcio istituzionale, dispensato nelle ultime settimane, a piene mani e a pieni polmoni, più o meno ecumenicamente, da tutte le emittenti TV; con conseguente sovraesposizione acustica dei teneri ammennicoli che più di una volta hanno rasentato lo sgretolamento. Un sarabanda di parole, dalle più ovvie alle più stravaganti, che mi ha fatto ripetutamente invocare a mani giunte il mistico silenzio claustrale.
Mi sovviene lo scaltro Bruno Vespa che nel suo classico “Porta a Porta”- un programma che per la sua influenza nell’agone politico qualcuno ha chiamato “la terza Camera del Parlamento”- ha organizzato un seguitissimo wrestling tra Matteo Salvini, leader della Lega e Matteo Renzi, neoleader di Italia Viva, i due parlamentari di maggiore impatto scenico, senza ombra di dubbio.
Si è trattato di un confronto dal peso politico insignificante che ha tentato di ricalcare, in una forma molto sbiadita, le memorabili sfide televisive tra Giorgio Almirante e Marco Pannella, uomini di spessore ben diverso, s’intende.
E che dire poi di tutto l’imbonimento elettorale attorno alle regionali in Umbria con i reiterati appelli agli “Italiani”, entità astratta per non dire fantomatica! E ancora la solita stucchevole retorica sugli immigrati- pro e contro – e sul polveroso “razzismo”. E ancora il nuovo, vecchio, inutile governo che, come i precedenti, non è in grado di governare se non con la dittatura delle tasse, la cui insopportabile molestia giustificherebbe da sola ormai una rivolta armata. E quel Movimento Cinque Stelle - col suo giovane, sempresorridente leader Luigi Di Maio - che confonde il “trans-ideologico”, come usa dire, col cerchiobottismo e stringe alleanze con cani e porci indistintamente. Ci ha consolato, in questi giorni uggiosi, rivedere in un canale della rete Mediaset, i vecchi film del ciclo di Don Camillo e Peppone (due personaggi-archetipi, usciti dalla penna del grande Giovannino Guareschi) fotografia di un’epoca remota che usiamo chiamare, con altezzosa civetteria, prima Repubblica e che rischiamo purtroppo di rimpiangere.