Il viaggiatore immaginario
A margine del Festival della Letteratura di Viaggio
di Giuseppe Cocco
Il libro in questione, “Il Viaggiatore immaginario”, edito dal Mulino nel 1997, tra quelli scritti da Attilio Brilli, è probabilmente il miglior compendio di sintesi della letteratura di viaggio in Italia; un viaggio dei viaggiatori, itinerari italiani raccontati da diari di viaggio interconnessi.
Dalla tessitura di alcuni dei più battuti percorsi di un tempo - moniti silenti di antiche vie della storia, straordinari sermoni di pietra che sono le città collinari italiane, travolte dalle fragorose autostrade - scaturisce il suggerimento di itinerari evocativi, da gustare con l’immaginazione, ma, allo stesso tempo, da sperimentare con inventiva, come se proponessero una del presente attraverso la rilettura itinerante del passato.
Gli itinerari i luoghi e i territori scelti e proposti hanno comunque un valore esemplificativo ed educativo, sollecitando il lettore a guardare con occhi nuovi anche altri contesti; soprattutto intendono costruire un antidoto contro l’omogeneizzazione, la perdita di identità e l’usura dei luoghi più cari alla memoria universale.
Il viaggio, qualunque ed ovunque esso sia, si svolge sempre nel tempo e nel suo tempo, nello spazio, lasciando al viaggiatore il compito di dipanare il filo di chi lo ha preceduto nella descrizione del luogo, condividendone l’esperienza.
Nessuna conoscenza di un antico itinerario, di un luogo o di una città è, infatti, possibile prescindendo dalla storia della loro scoperta, del loro progressivo imprimersi nell’immaginario collettivo.
Al culmine di questi itinerari, percorsi e città saranno ad un tempo reali ed irreali, materiali ed immateriali, fatti di pietra e di mattoni, ma anche dell’impalpabile sostanza dell’immaginazione, del desiderio e del sogno.
L’incipit del libro, nella prima pagina ci chiarisce la filosofia di fondo delle successive 143 pagine.
Muoversi o viaggiare? In un’epoca che ha ratificato la dissoluzione del mito del viaggio attraverso l’Italia come un impareggiabile occasione di piacere e di accrescimento culturale, e che nel contempo ci restituisce una realtà ambientale sempre più erosa dalla consuetudine, sempre più offesa dall’invadenza (e dalla mano) dell’uomo, sì da non lasciare che margini esigui all’immaginazione creatrice, questo volume invita il lettore, potenziale viaggiatore, a fruire di quei lembi estremi per riscoprire i percorsi di un tempo e con essi le antiche magie del paesaggio. Ciò significa lasciarsi sedurre dalle pagine di quanti ne fecero materia narrativa e dai taccuini di chi intese esercitarvi la propria capacità di analisi.
Significa altresì instaurare un gioco di simulazione con un altro genere di viaggio che non sia il nostro, con agi e disagi assai diversi da quelli a cui siamo abituati - o a cui si è costretti - con un tempo che non è più il nostro tempo.
Mentori e guide in questi antichi percorsi della seduzione viaria sono celebri scrittori e viaggiatori provetti. Tramite la loro voce lontana prendono forma sotto i nostri occhi disincantati i contorni di una realtà ambientale per molti aspetti inimmaginabile; i profili bluastri di città sconosciute a noi forestieri in casa propria, le pratiche dilatorie di un viaggio altrimenti irrevocabile nei suoi incanti inattesi, nella remunerazione delle soste forzate: «Quelle rapide e poi, quasi a caso, recuperate immagini d’una annotazione che fu attenta negli anni», come diceva Gadda nelle “Meraviglie d’Italia”, quel saper coniugare distanza e desiderio che unico frena l’incauto prorompere degli entusiasmi e per altro verso dei rancorosi sarcasmi.
Potremmo sostenere allora che questo è un viaggio condotto sulle pagine di diari e di guide di Viaggiatori d’altri tempi: nulla di più naturale, diciamo, visto che fra viaggiatori di momenti, tempi e culture diverse si è da sempre stabilita una tacita connivenza.
(Leggi anche alla rubrica Festival l'articolo "Letteratura di viaggio"