Il terrazzino
Parte prima
di Ruggero Scarponi
Il Sig. Ponzani dopo essersi sporto più volte dal finestrone della sala da pranzo dell’albergo per osservare qualcosa che ne aveva attirato l’attenzione, si ritrasse con espressione delusa.
- Ma professore!- esclamò con meraviglia – lei, qui?
Il Professore che si era messo comodo su un divano di fronte al finestrone ricambiò la meraviglia allargando un poco le braccia e biascicando: - eeh, Si. Cosa ci trova di strano?
- Ma sono le 7,30 ed è domenica, professore! – incalzò Ponzani – se questo non è un miracolo poco ci manca! Mi domando cosa abbia potuto tirarla giù dal letto sul far dell’alba?
-hhhhh- - bofonchiò ancora l’anziano docente - si si, è vero!Questo è vero. Ho sempre amato dormire fino a tardi la mattina. Che vuol farci, questione di metabolismo. - Appunto, dico, Professore – assentì Ponzani – Appunto, trovo che sia molto strano che lei sia già qui, in sala colazioni, praticamente all’alba.
- Bè, praticamente un corno, non scherziamo giovanotto. Secondo i miei calcoli, o meglio, secondo le effemeridi che può comodamente leggersi sul giornale di stamattina, il sole dovrebbe esser sorto alle 6 e 24 e quindi, quasi un’ora fa. Altro che alba. E poi avevo desiderio di caffé. Ecco, si, un caffé per l’appunto. Anzi, se mi permette, gliene offro uno anche a lei, così si scambia due chiacchiere giacché anche lei, mi pare, che stamattina sia piuttosto mattiniero. Invece di godersi il tepore nel letto, accanto a sua moglie, è venuto qui a scrutare, Dio solo sa che cosa a quest’ ora, in questo deserto albergo in cui non girano che fantasmi di camerieri addormentati, ectoplasmi a stipendio fisso, insensibili a ogni richiamo. Le faccio notare che ho chiesto un caffé per tre volte a tre diversi ectoplasmi senza avere neanche il piacere di una risposta. E stavo giusto progettando di alzarmi, per andare al banco, quando ho visto lei scendere come una furia e piazzarsi al finestrone, come se stesse inseguendo un ladro, o che so io! Come mai, eh? come mai?
Ponzani alla domanda del professore restò muto. Serrò le labbra nello sforzo evidente di non dire. Abbassò la testa ma poi risoluto rispose. - Vada per il caffé, allora.
- Aaah! Bravo, bravo figliolo. – convenne il professore - Alla mia età un po’ di compagnia è cosa preziosa e persino prendere il caffé con una persona amica può illuminare il grigiore di un mattino vuoto, ma – aggiunse fissando Ponzani negli occhi con sguardo penetrante e indagatore – con me deve esser sincero e chiarirmi il motivo della sua levataccia. Non faccia il furbo con me!
Ponzani non replicò e aiutò il Professore ad alzarsi dal divano. Era anziano e molto malandato nonché piuttosto pingue e non praticando nessun tipo di esercizio fisico, neppure il semplice passeggiare lungo il viale dei platani, di fronte all’albergo, si era impigrito e passava la maggior parte del tempo seduto sui divani della sala ristorante a leggere giornali o a scrutare la gente di passaggio. - Caro professore, che vuole che le dica. Mi sono alzato presto per puro caso. Così senza motivo. Può capitare che uno si svegli e non riesca a riprender sonno e allora si gira si rigira nel letto finché finisce che si alza, non potendone più. Tutto qui, davvero, non c’è nessun segreto motivo.
- Eh già ! – rispose sarcastico il professore – non c’è nessun motivo, vero? E perché, di grazia, si è precipitato come una furia alla finestra? Cosa aveva da cercare, da guardare tanto?
- ma insomma professore! Cosa vuol sapere? Gliel’ ho detto, non c’è nulla, tutto quello che ho fatto l’ho fatto così senza un motivo preciso, tanto per fare qualcosa dal momento che mi ero alzato a ora insolita e contrariamente alle mie abitudini.
Intanto in questo conversare i due uomini erano giunti al banco del bar e ordinarono i caffé.
- hmmmm – mugugnò il Professore - hmmmm
- Cosa vorrebbe dire – chiese Ponzani – con quel suo mugugno. Che la mia risposta non la soddisfa?
- Per nulla, mio caro! Per nulla!
- Ma insomma, non so cosa dire. Non potremmo invece cambiar discorso e metterci a scambiare due chiacchiere come si fa tra vecchi amici? Per esempio, il fatto di esserci trovati in vacanza nello stesso albergo non è una simpatica combinazione? Il maestro e l’alunno riuniti di nuovo sotto lo stesso tetto dopo più di vent’anni. Davvero singolare professore, deve ammetterlo!
- Singolare un corno ragazzo mio! Non esistono le coincidenze, nulla avviene per caso. Se io e lei siamo qui è per un motivo. Anche se lei continua a sfuggirmi e a non volermi rivelare la vera ragione per cui stamattina si è levato così presto.
- E lei, professore? lei, allora perché si è levato prima ancora di me? Lei così amante del letto. Cosa l’ha spinta a cercare una tazza di caffé alle 7 del mattino quando di solito prende la colazione non prima delle undici?
- Io? – rispose con tono quasi allarmato il professore.
- Lei, si, proprio lei. La sua alzataccia è senza dubbio più singolare della mia. E provi a darmene una spiegazione se ci riesce.
- ma via! Che dice? Io dovevo semplicemente studiare, ecco, vede? qui ho dei libri, appunti, quaderni, e, e, e stavo appunto leggendo…
- Ma lei non leggeva affatto. Quando sono arrivato in sala come una furia, come dice lei, lei stava guardando fuori della finestra. Potrei giurarlo professore. Ho visto bene io. Lei non poteva vedermi perché io le sono arrivato di spalle ma io si che l’ho vista.
- E allora? Se stavo guardando di fuori? Mi stavo solo riposando la vista. Sono vecchio, io, per la miseria! Non posso leggere più di un quarto d’ora senza stancarmi e di tanto in tanto mi riposo guardando il panorama.
- Ah ah ah! Questa professore è davvero buona! Lei guardava il panorama?
- Che c’è di strano giovanotto? Perché sghignazza tanto. Lei, forse, quando è venuto giù come una furia, non si era messo anche lei a guardare il panorama? E perché si sarebbe affacciato sennò?
- Ah professore, professore! Stavolta l’ha sparata grossa. Lei chiama panorama, quel cumulo di muri fatiscenti che ci sbarrano la vista verso il mare?
- Concordo con lei che non sia bello. Ma è pur sempre un panorama
- Lei professore si limita a dire che non è bello? Ma prego lo guardi, lo guardi e mi dica se può esistere spazio urbano più sgradevole, confusionario e fatiscente di questo agglomerato che abbiamo la sfortuna di trovarci dinanzi. Potrei senza sforzo definirlo un cumulo di detriti destinato a civili abitazioni. Civili, capisce professore?
- si naturalmente, capisco cosa intende. Bè un po’ è vero. Non posso negarlo. Per esser brutto è brutto. Non è una bella vista. Lei, però, stamattina vi ha guardato con insistenza, lo ammetta giovanotto.
- E lei professore? ci si è alzato all’alba per osservarlo, potrebbe negarlo in tutta coscienza.
- In tutta coscienza, no. Ma questo che vuol dire? Sarò libero di guardare quanto mi pare, quel che mi pare o devo chiedere a lei il permesso?
- Ci mancherebbe! Ma allora non dovrebbe valere anche per me la stessa cosa, professore? Non potrei scegliermi il panorama che più mi piace, senza suscitare sospetti, di non so che cosa?
- Hmmmm, lei rende le cose difficili, giovanotto. Ed è abile non posso negarlo. E allora sa che le dico? smettiamola una buona volta con tutte queste scaramucce e buttiamo le carte in tavola.
- La mano è sua professore, a lei la parola.
- E allora io dico semplicemente: che sono interessato esclusivamente a un certo terrazzino.
- Lo immaginavo! – esultò Ponzani che aggiunse - Il terrazzino, professore, non mi sono ingannato. Ha incuriosito me quanto lei.
I due uomini si scambiarono uno sguardo d’intesa e dopo una lunga pausa il professore chiese: - E’ riuscito a vederla questa mattina?
(Continua)