Ha anticipato pioneristicamente Andy Wharol e la Pop Art americana.
Balla e la Pop Art
di Luigi Capano
Nel vecchio quartiere ebraico della Capitale una piccola e annosa piazza, raccolta alle spalle della grande Sinagoga, accoglie i nostri passi col calore e la deferenza di una nobildonna di antica schiatta.
La nostra meta è la piccola mostra "Balla Dipinse" dedicata alla produzione figurativa di Giacomo Balla (Torino, 1871- Roma, 1958) ospitata al pianterreno del quattrocentesco Palazzo Boccapaduli - Galleria Simone Aleandri, Piazza Costaguti Roma, fino al 1° aprile.
Balla dipinse - Paesaggi e figure dal 1907 al 1956 a cura di Fabio Benzi.
Uno dei due giganti della pittura futurista – così lo definiva Luigi Tallarico nell’ormai classico Verifica del Futurismo (l’altro è, ovviamente, Boccioni) – che non disdegnò mai l’indagine figurativa neanche durante la fase avanguardistica delle velocità astratte e delle compenetrazioni iridescenti, seguita alla breve esperienza divisionistica in compagnia di Sironi, Severini e Boccioni.
Indagine che ebbe uno slancio a partire dal ’35 (circa) quando Balla sembrò allontanarsi dai canoni futuristi, e che fu, talvolta, irrorata da una sensibile vena misterica per via dell’adesione alla Società Teosofica (adesione risalente con tutta probabilità alla seconda decade del ‘900) e, in particolare, dei rapporti con il generale Carlo Ballatore che presiedeva il circolo romano dell’organizzazione (secondo la testimonianza di Elica Balla).
Quel periodo detto post-futurista, in cui prevale decisamente la pittura realistica ed in cui viene spesso ravvisata un involuzione del talento dell’artista geniale che propugnò con Depero la ricostruzione futurista dell’universo (il manifesto è del 1915) portando l’estetica futurista a coinvolgere ogni aspetto della vita quotidiana, è ora riesaminato e reinterpretato in modo originale da Fabio Benzi nel testo critico pubblicato nel catalogo.
Le arti applicate e la moda sono sempre state al centro dell’azione estetica dell’artista torinese e l’attenzione rivolta alle immagini cinematografiche – pitture viventi – e pubblicitarie, alle fotografie di moda e di attualità dei rotocalchi, rappresenterebbe un tentativo ulteriore e moderno di ricondurre ancora una volta nella sfera dell’arte anche quegli aspetti della vita solitamente assegnati all’intrattenimento e allo svago, anticipando pioneristicamente Andy Wharol e la Pop Art americana.