#187 - 18 marzo 2017
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Ambiente

Giornata mondiale dell'acqua.
Verso la terza guerra mondiale per l’acqua ammonisce il Papa.

Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze sociali

Una guerra già in corso

La Terza guerra mondiale a pezzi, quella in corso,
denunciata già più volte da Papa Francesco.
Ora il pontefice aggiunge e precisa:
«Rischiamo una grande guerra mondiale per l’acqua».

La ‘terza guerra mondiale a pezzi’ è una definizione di Papa Francesco, di fronte al proliferare delle guerre in ogni parte del mondo. Adesso il pontefice si interroga e precisa, «Mi domando se in questa terza guerra mondiale a pezzi che stiamo vivendo non stiamo andando verso una gran guerra mondiale per l’acqua». Papa Francesco al convegno sul «diritto umano all’acqua», nelle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze sociali con la partecipazione di studiosi da tutto il mondo. Problemi in gran parte noti, denunciati dalle stesse nazioni unite, che hanno trovato questa altra voce a denunciare e a sollecitare rimedi. Perché il mondo sembra stia impazzendo, è la conclusione possibile.

Una guerra già in corsoUna guerra già in corso

«Le cifre che le Nazioni Unite rivelano sono sconvolgenti e non ci possono lasciare indifferenti, - è l’avvio di Papa Bergoglio. Mille bambini muoiono ogni giorno a causa di malattie collegate all’acqua; milioni di persone consumano acqua inquinata. Si tratta di dati molto gravi, si deve frenare e invertire questa situazione. Non è tardi, ma è urgente prendere coscienza del bisogno di acqua e del suo valore essenziale per il bene dell’umanità. Il rispetto dell’acqua è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani. Se rispetteremo questo diritto come fondamentale, staremo ponendo le basi per proteggere gli altri diritti. Ma se violeremo questo diritto essenziale, come potremo vegliare sugli altri e lottare per loro?». Il rispetto dell’acqua, insomma, «è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani», avverte Francesco: «Se rispetteremo questo diritto come fondamentale, porremo le basi per proteggere gli altri diritti. Ma se violeremo questo diritto essenziale, come potremo vegliare sugli altri e lottare per loro!». Bisogna quindi coltivare «una cultura della cura e dell’incontro, in cui si uniscano in una causa comune tutte le forze necessarie di scienziati e imprenditori, governanti e politici». Elenco del mali che ambientali che minacciano il mondo: «l’alterazione del ciclo dell’acqua nel pianeta, la contaminazione delle acque, il devastante effetto della deforestazione sull’acqua, la conseguente scarsezza dell’acqua, la crescente difficoltà dei poveri ad avere accesso all’acqua e in particolare all’acqua potabile».

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L'Acqua e le Nazioni Unite Ogni Stato, ha detto il Papa, è chiamato a mettere in pratica le risoluzioni delle Nazioni Unite del 2010 sul diritto umano all’acqua potabile e all’igiene. Il Papa richiama la Genesi, «l’acqua è al principio di tutte le cose». Il diritto all’acqua «è determinante per la sopravvivenza delle persone e decide il futuro dell’umanità». Ma cosa dicono le Nazioni Unite e gli Stati nel mondo sul diritto umano all’acqua? Il 28 luglio 2010 a New York, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva una risoluzione che riconosce l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari tra i diritti umani fondamentali. L’accesso all’acqua potabile è quindi entrato a far ufficialmente parte della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. I dati diffusi dall’ONU riferiscono che, ogni anno, oltre 1,5 milioni di bambini, di età inferiore ai 5 anni, muoiono per mancanza di acqua potabile e che oltre 443 milioni di giorni di scuola vengono persi a causa di malattie legate alla qualità dell’acqua e alla mancanza di strutture igieniche.

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L'acqua e lo scenario mondiale Ecco una mappa dei punti caldi per il controllo dell’acqua nel globo terrestre. Israele e territori palestinesi. Uno dei possibili/probabili scenari di conflitto per il controllo delle risorse idriche è il Medio Oriente. Le acque contese sono quelle del fiume Giordano e dei pozzi sotterranei della Cisgiordania, dai quali dipende il mantenimento dall’agricoltura e dell’industria israeliana. Solo il 3% del bacino del Giordano si trova in territorio israeliano, ma Israele ne sfrutta il 60% della portata a scapito dei suoi vicini libanesi, siriani, giordani e palestinesi. La Guerra dei Sei Giorni del 1967 in cui Israele occupò le Alture del Golan e Cisgiordania, permise allo Stato Ebraico di avere anche il controllo sulle risorse d’acqua dolce del Golan, sul Mare di Galilea e sul fiume Giordano. Acqua e conflitto arabo-israeliano, pubblicata dall’Osservatorio Eco Sitio nel 2006: mentre ai palestinesi non è permesso scavare pozzi che superino i 140 metri di profondità, quelli israeliani possono arrivare fino a 800 metri. Il risultato è che le popolazioni palestinesi hanno accesso solo al 2% delle risorse idriche della regione. Africa Il Nilo, che attraversa dieci Paesi africani (Etiopia, Sudan, Egitto, Uganda, Kenya, Tanzania, Burundi, Rwanda, Repubblica Democratica del Congo ed Eritrea) e dove si sono sbloccati i lavori per la costruzione della Grand Ethiopian Renaissance Dam, la diga più grande d’Africa. Le acque del Nilo hanno un bacino di utenza che nel 2025 potrebbe arrivare a 859 milioni di persone. Il Nilo Bianco (che nasce in Burundi) e il Nilo Azzurro (che nasce in Etiopia) sono stati motivi di tensione permanente tra Egitto, Etiopia e Sudan. Nel 1970 l’Egitto finì la costruzione della diga di sbarramento di Assuan che causò lo sfollamento di 100mila sudanesi e la conseguente tensione tra i due Paesi. In seguito, l’Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese paralizzò la costruzione del Canale di Jongle, un progetto d’ingegneria egiziano-sudanese. Negli anni Sessanta l’Egitto bloccò l’approvazione di un prestito internazionale per la costruzione di 29 dighe per uso idroelettrico e per l’irrigazione sul Nilo Azzurro per l’Etiopia, progetto che avrebbe ridotto dell’8,5% la capacità dei bacini artificiali egiziani. Nel 1999 in Tanzania sottoscritto tra i dieci stati interessati un piano per l’utilizzo equo delle risorse idriche, ‘riconoscendo i diritti di tutti gli Stati costieri all’utilizzo delle risorse del Nilo per promuovere lo sviluppo dentro le sue frontiere’.

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Turchia-Iraq-Siria. Altro focolaio di conflitti, in Anatolia, dove Turchia, Iraq e Siria condividono parti del corso dei fiumi Tigri ed Eufrate. Il governo turco, al Terzo Forum Mondiale dell’Acqua a Città del Messico nel 2006, affermò che “l’acqua è nostra quanto il petrolio iracheno è dell’Iraq”. Nel 1990 la Turchia finì la diga ‘Ataturk’, che travasa acqua verso il sud della Turchia per irrigare 1,7 milioni di ettari di terre coltivate. Si prevede che la portata delle acque dell’Eufrate in Iraq calerà dell’80-90%. Durante il Quinto Forum Mondiale dell’Acqua è stato valutato che “le strutture idriche in Iraq, in seguito all’occupazione delle truppe statunitensi, britanniche e di altri Paesi, hanno sofferto gravissimi danni, anche se avrebbero dovuto essere protette dalle leggi internazionali”. È una questione chiave, che negli ultimi mesi ha coinvolto direttamente l’Italia nelle manutenzione di amergenza della diga di Mosul affidata alla ditta italiana Trevi, con la protezione di 450 soldati.

Altre aree critiche. Tensioni di ‘bassa intensità’ tra Paesi per l’utilizzo dell’acqua. È il caso di Kazakhstan, Kyrgyzstan e Uzbekistan, gli stati bagnati dal Syr Daya (il fiume che affluisce nel Mare di Aral), o di Cambogia, Laos, Thailandia e Vietnam, che condividono il fiume Mekong molto sfruttato per la pesca. Resta complicata la gestione della situazione per la Commissione del Fiume Indo, visto il permanente stato di tensione militare tra India e Pakistan.

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