Esordio alla regia dello sceneggiatore Hossein Amini
I due volti di gennaio
A dominare la scena sono i dialoghi tesi a mostrarci l’animo dei protagonisti, le relazioni che si vengono a creare tra di loro
di Federica Fasciolo
Basato sull’omonimo romanzo di Patricia Highsmith, il film racconta la storia di un uomo d’affari, Chester MacFarland, sua moglie Colette, e del loro incontro con un giovane americano, Rydal, durante un viaggio in Grecia. La natura illecita dei traffici del primo verrà presto a galla e trascinerà i tre in una fuga pericolosa, più per l’equilibrio interno al piccolo gruppo, che per inseguimenti all’ultimo respiro.
Personaggi complessi, che quasi inevitabilmente portano a rapporti complicati (specialmente se ci sono di mezzo fiducia, soldi e gelosia) sono i veri protagonisti di questo thriller in cui grande spazio è lasciato alla riflessione, in primo luogo sul carattere dei personaggi principali: Rydal, dal passato che lascia intravedere un rapporto poco pacifico col padre ma di cui veniamo in realtà a sapere ben poco; MacFarland, in bilico tra affari e alcol, fughe, e allo stesso tempo l’amore – se veramente così si può chiamare – per sua moglie; e Colette, affascinata dall’uomo ricco ma stanca di una vita che però non vuole più. Cercare una via di fuga dalla fuga stessa.
Nonostante i molti spunti interessanti, il film (esordio alla regia di Hossein Amini, sceneggiatore di “Drive”) esita in più di un momento. Si riprende soprattutto nella fase finale, quando la tensione per ciò che accadrà dopo si fa finalmente, veramente viva.
A dominare la scena sono i dialoghi tesi a mostrarci l’animo dei protagonisti, le relazioni che si vengono a creare tra di loro. Tra Rydal che inizia a osservare Chester da lontano quando ancora non lo conosce perché gli ricorda suo padre, morto da poco. Così come osserva Colette per l’attrazione che prova per lei. Chester, incapace di decidere a chi dare la sua fiducia e che a tratti sembra avere il self control perfetto mentre, invece, non è altro che in balìa delle sue stesse emozioni. E Colette, che nasconde grandi dolori e allo stesso tempo è incapace di non mostrare ciò che prova. Se non ingenua, quasi trasparente.
Il film, ambientato nella Grecia degli anni ’60, sa di thriller retrò. E se il finale è ben chiaro, resta comunque il fatto che non tutto viene veramente spiegato e mostrato: tocca anche allo spettatore decidere da che prospettiva vedere alcuni dei fatti accaduti. Due volti, molteplici punti di vista.