#161 - 4 luglio 2016
AAAAAATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà in rete fino alla mezzanotte di martedi 31 dicembre quando lascerà il posto al n° 359 - mercoledi 1° dicembre 2025 - CORDIALI AUGURI DI BUON ANNO e BUONA LETTURA - ORA PER TUTTI un po' di HUMOUR - E' da ubriachi che si affrontano le migliori conversazioni - Una mente come la tua à affascinante per il mio lavoro - sei psicologo? - No architetto, mi affascinano gli spazi vuoti. - Il mio carrozziere ha detto che fate bene ad usare WathsApp mentre guidate - Recenti studi hanno dimostrato che le donne che ingrassano vivono più a lungo degli uomini che glielo fanno notare - al principio era il nulla...poi qualcosa è andato storto - una volta ero gentile con tutti, poi sono guarito.
Racconto

Il complotto

Parte seconda

di Ruggero Scarponi

Ma di tutto questo complottare era forse giunta notizia all’orecchio del Signor Marchese e consorte? Per nulla!
Ora bisogna premettere che Sua Eccellenza il Marchese di Mellors con sua moglie la Baronessa de la Pleyade, avevano l’abitudine, la sera, di coricarsi insieme. Infatti, essi si amavano ancora teneramente, come il primo giorno delle nozze. L’amore coniugale era senza dubbio il cemento della loro unione. Mai un’amante era riuscito a far breccia nel cuore sincero di madame e mai il marchese aveva indugiato alle occhiate languide di aristocratiche dame o di giovani donzelle campagnole.
Impiegati, servi, domestici, fittavoli e dipendenti a vario titolo del marchese erano trattati con garbo e giustizia e la loro devozione assicurata.
Pertanto, non avendo nulla da rimproverarsi, nulla temevano da chicchessia.
Cosa mai poteva insidiare la pace di quella casa, dunque?
E cosa mai il perfido cameriere del visconte di Bujol poteva tramare contro le loro signorie?
Eppure il manigoldo spalleggiato nel suo perverso progetto dai nobili scellerati andava tessendo la trama di un orribile complotto.
Era indispensabile organizzare una congiura di vaste proporzioni ma…Il duca di Challans mise sull’avviso il Visconte:

  • Signore,- disse risoluto - debbo comunque avvisarvi. In caso di fallimento, la responsabilità di questa impresa sarà vostra, per intero. Io, insieme agli altri pari che rappresento, ci dichiareremo completamente estranei. Dunque siete certo di voler procedere su questa strada?
  • Ma – rispose insinuante il visconte - se invece il piano dovesse trionfare, Monsignore, non mi vedrò riconoscere, nulla?
    A quella domanda il volto di bronzo del Duca si rilassò fino a lasciar trapelare un accenno di sorriso.
  • Ah! Signor mio, Signor mio! – esclamò sornione – forse che la nobiltà d’oggigiorno non sa più ricompensare la virtù d’un cavaliere? Suvvia Signore, mi fate torto anche solo a pensarlo…
  • Naturalmente, naturalmente, Monsignore – si affrettò ad assentire il visconte, ammiccando furbesco. Fu così che di lì a pochi giorni i villaggi della regione furono sconvolti da fatti misteriosi. Tutto cominciò un giovedì santo. In quel giorno, secondo la tradizione, dopo le funzioni religiose, il popolo ritornava nelle proprie case per consumare il pasto serale. Avvenne però che a casa di papà Lebel, scoppiasse il finimondo. L’uomo, per la verità abbastanza conosciuto nel villaggio come assiduo frequentatore di bettole, dava in escandescenze.
  • Assassina! – urlava fuori di sé – sgualdrina! Ladra e sgualdrina, Ladra assassina e sgualdrina!
    Papa Lebel sembrava in preda alla più grande disperazione.
  • Ma insomma Papa Lebel, che ti succede che non ci lasci in pace neanche in questo giorno santo! – protestarono irritati i vicini.
  • Ah! Povero me, povero me – insisteva l’uomo sempre più accorato – che male ho fatto dunque, per ricevere quest’ oltraggio come ringraziamento?
  • Ma allora – dissero in tanti che nel frattempo si erano assiepati alla finestra della casa dello sfortunato – ma allora dicci che t’è successo, una buona volta.
  • L’oste ti ha annacquato il vino? – sghignazzò qualcuno
  • Marie, Marie Estelle – rispose affranto Lebel – mentre si affacciava alla finestra implorando aiuto dai compaesani – Chi di voi è padre potrà ben comprendermi. Saprà compatirmi. Marie Estelle vi dico, mia figlia maggiore. Un tulipano, una rosa, una verbena, un fiore di ragazza. Colei se n’è fuggita via di casa. E’ uscita con la scusa di portare da mangiare a Tante Belle, la nostra capretta, e da oggi pomeriggio non si trova più.
  • E la capra, Papà Lebel, la capra c’è ancora? O ha seguito tua figlia?- Sbeffeggiò qualcuno nel mucchio della folla.
    Di sicuro- continuò il pover’uomo senza raccogliere la maliziosa insinuazione - si sarà data a qualche vagabondo di passaggio che con una spilletta o un fermaglietto o uno specchietto e una bisaccia ricolma di bugie l’avrà sedotta e convinta di seguirlo. Così giovane, così ingenua, così bella. Ah! Povero me, che vergogna. Che ne sarà di lei? Quando di certo, sarà abbandonata, dopo aver saziato qualche voglia. Il popolo adesso era indignato e rumoreggiava. Tutti avevano finito per prendere le parti di Lebel, così vigliaccamente oltraggiato.
  • E tua moglie, papà Lebel, tua moglie Beatrice, che dice la povera donna?
    Papà Lebel ammutolì alla domanda. E subito intorno si fece silenzio. Un silenzio gravido di tensione. Poi girò la testa verso l’interno della casa, alzò gli occhi al cielo e disse soltanto:
  • Beatrice, Beatrice…ma pauvre…
  • Che tempi – commentò un tale – chi ci difenderà da simili pericoli?
  • Bisogna fare da soli. Ecco cosa bisogna fare amici! Tanto il popolo ha dovuto sempre pensarci da solo per avere giustizia.
  • Io vado a casa a prendere lo schioppo - disse ancora un altro – e il primo forestiero che passa, per San Cristoforo, lo buco come il formaggio delle Alpi!

Qualcuno spaventato dalla sorte di Lebel era corso a casa per rassicurarsi che non mancasse nessuna delle figlie. Qualcun altro invece protestava contro il governo che avendo mandato tutti i giovani a far la guerra ora non c’erano più gendarmi per far rispettare l’ordine e difendere i bravi e onesti sudditi del Re. Chi invece….Insomma, sembrava un giorno di mercato, tanto si era animato il villaggio a seguito della notizia. Intanto il visconte aveva ricevuto a tarda sera, nel suo studio il domestico autore dell’intrigo:

  • Intesi Malanné – disse il Visconte – ti do carta bianca per fare ogni cosa necessaria alla riuscita del piano. Bada però che se fallisci…
    E qui il nobil’ uomo si passò l’indice della mano destra sotto la gola, a significare una precisa minaccia mentre trafiggeva con uno sguardo gelido il servitore.
    Nei giorni seguenti altre due famiglie furono colpite dalla disgrazia. E altre due giovanette scomparvero senza lasciare traccia. Era troppo. I villani erano in tumulto, a gran voce si chiedeva giustizia. Di sicuro, pensavano, qualche malvagio voleva disonorare il popolo; era indispensabile una risposta forte. Il giorno di Pasqua, nel villaggio dove era avvenuta la prima sparizione, una grande folla si riunì spontaneamente, dopo la messa. Alcuni gridarono:
  • Morte agli aristocratici! Sono loro che rubano le nostre figlie più belle!
    E invero le tre fanciulle scomparse erano di certo tra le ragazze più graziose della regione.
    Ma intervenne lo stesso papa Lebel che disse:
  • Amici, compaesani! Calmate gli animi! Andiamo piuttosto a parlare con il Signor Duca. Forse egli non è neanche a conoscenza dei fatti. Una volta appreso come stanno le cose, come giudice distrettuale sarà costretto ad aprire un’inchiesta. E’ meglio lasciar fare a chi sa di queste cose.
    Poiché l’invito alla calma giungeva proprio da parte di una delle vittime tutti si convinsero della ragionevolezza delle parole di papa Lebel.
    Si formò un grande corteo che prese la direzione del castello di Challans.

Durante il tragitto affluivano di continuo contadini e paesani da tutti i villaggi circostanti decisi a manifestare tutto lo sdegno per quanto stava avvenendo. Circolavano, infatti, le storie più incredibili riguardo alla sorte toccata alle ragazze. Molti, credevano che alcuni nobili corrotti a causa della loro vita dissoluta, avessero fatto rapire le giovani per il loro sollazzo.
In poco tempo il corteo si trasformò in un’autentica fiumana in cui fecero la comparsa non pochi brutti ceffi armati di picche e forconi.
Il Duca di Challans, attorniato dai fedeli nobili e dal Visconte di Bujol, osservava intanto, armato di cannocchiale, dalla finestra del suo studio in cima alla torre più alta del castello, l’avvicinarsi della folla.

  • Mio caro Duca – disse Bujol – ora tocca a voi.
  • Caro Visconte – rispose l’uomo – mi auguro solo che il vostro piano abbia successo. O avremmo scatenato noi stessi una rivoluzione.
  • Ma signor Duca non sono che dei villici ignoranti. Quando farete la vostra comparsa, ammantato dei simboli del potere e della dignità che vi compete, li vedrete prostrarsi fino a terra.
  • Ebbene, allora, sia quel che sia. Andiamo!
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