Ciclo dalle pagine del diario "Conoscenda" dell'Editrice Conoscenza,
interamente dedicato al 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri
Testi - vignetta di Staino - illustrazione di grandi artisti
Dante e dio
L’impalcatura tomistica permea tutta la filosofia dantesca al punto che Dio appare semplicemente come Colui che tutto può.
Vuolsi così colà dove si puote 

ciò che si vuole e più non dimandare
ripete due volte Virgilio ai demoni che vogliono ostacolare Dante. Non solo, il Poeta è talmente offuscato dalla visione di Dio che perfino la fantasia, unica possibilità per l’uomo di uscire dal mondo e di creare mondi diversi, viene offuscata, annientata. Se tuttavia osserviamo il comportamento di Dante, questa visione di Dio ci appare, se non messa in discussione, attenuata. Il Poeta mostra più volte pietà per chi è stato condannato dalla Giustizia di Dio. Sviene di fronte alle anime impaurite dalla violenza di Caronte, sviene di fronte all’amore di Francesca, inorridisce di fronte alle pene sia dei dannati che dei purganti. Espliciti sono questi suoi pensieri e le giustificazioni di fronte a Paolo e a Francesca:
"Quand' io intesi quell' anime offense,
china' il viso, e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?».
Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio 

menò costoro al doloroso passo!».
Poi mi rivolsi a loro e parla' io,

e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio:"
Povero Dante! Lui così possente e allo stesso tempo sensibile, sembra non avere altra possibilità che piangere di fronte alla crudeltà delle pene divine.