#145 - 18 gennaio 2016
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Racconto

Liliana

di Ruggero Scarponi

Da quella parte, i terreni della periferia, incolti e vuoti come lande desolate circondavano un’unica villetta e nel raggio di un paio di chilometri non c’erano altre abitazioni.
Da poco meno di un anno vi si erano trasferiti Stefano e Liliana.
L’acquisto, sulle prime, era sembrato vantaggioso e i due sposi non avevano dovuto fare grandi sacrifici.
Stefano era agente di commercio e viaggiava spesso fuori città per seguire i clienti in provincia.
Liliana invece lavorava come commessa in un negozio di abbigliamento in centro.
I due, senza figli, erano ormai prossimi ai cinquant’anni.

Il matrimonio procedeva stancamente mancando di stimoli e di comuni interessi.
Da qualche tempo Stefano aveva ridotto le pause tra una trasferta e l’altra, tanto che oramai soggiornava a casa non più che una settimana al mese.
Liliana sospettava che avesse allacciato una relazione con una donna conosciuta nei suoi viaggi di lavoro.
Incontra tante donne, pensava, donne certamente più giovani di me. Se fosse così, non sarebbe strano.
Questo pensiero tuttavia non la tormentava più, come un tempo.
Anzi in un certo senso immaginare che suo marito avesse trovato la felicità altrove la liberava da una responsabilità.
Non gli ho dato figli, rifletteva, non l’ho reso felice.

LilianaLilianaLiliana

Ogni mattina, quando Stefano era fuori, in missione con la macchina, doveva recarsi al lavoro in autobus. La fermata si trovava a un centinaio di metri da casa in prossimità di un vecchio cantiere abbandonato, e per arrivarvi era costretta a percorrere la strada che da una parte conduceva in città e dall’altra si perdeva nell’indistinta campagna.
Liliana inclinava lentamente alla depressione.
Lo squallore della zona, contraddistinta da spazi sconfinati, grigi, deserti, privi di vegetazione, si accordava in maniera perversa alla sostanza del suo matrimonio, divenuto arido.
Persino la banchina dove attendeva l’arrivo dell’autobus suggeriva un’immagine di tristezza e abbandono. Una lunga pedana mal cementata, piena di buche e contornata da lastre sconnesse di travertino, senza nemmeno una pensilina per ripararsi dal sole e dalla pioggia.
L’autobus giungeva a orari stabiliti, di norma ogni venti minuti e non prevedeva il servizio notturno. Quando Liliana vi saliva non trovava mai più di tre o quattro passeggeri, persone anziane, forse stranieri.
La vita di Liliana, negli anni si era fortemente ridotta. Quando abitava in città frequentava con piacere qualche amica o collega di lavoro. Nel turno di riposo del negozio organizzavano insieme degli incontri, una serata al cinema, una pizza, oppure una cena, a casa di questa o di quella. Ma da quando si era trasferita nella villetta fuori città trovava difficile mantenere certe abitudini. La distanza, la mancanza di un autobus che assicurasse una corsa notturna la obbligava, non possedendo un’automobile personale, a ricorrere alle amiche e questo la urtava, fino a farle declinare gli inviti.

Una mattina, però, fu svegliata da un gran trambusto.
Si alzò dal letto e si diresse alla finestra dal lato della casa che dava sulla strada.
Suo marito non c’era, era partito per i suoi affari e non sarebbe ritornato prima di quattro, cinque giorni. Il fracasso che l’aveva svegliata era dovuto all’apertura di un immenso cantiere dalla parte della strada opposto a quello di casa sua.
Per tutto il giorno e per quello seguente un’interminabile teoria di autocarri non fece altro che scaricare materiale lungo tutta la via che conduceva in città.
Furono alzate palizzate e reti a delimitare le aree dei vari lotti dove sarebbero dovute sorgere le nuove palazzine.
Tutto quel movimento di macchine e uomini, pensò Liliana, piena di speranza, avrebbe forse significato la fine del suo isolamento. E le nuove palazzine una volta realizzate avrebbero richiamato centinaia di famiglie. E c’era da credere che persino la linea dell’autobus sarebbe stata potenziata.
Nelle settimane che seguirono la società tranviaria aumentò il numero delle corse e istituì il servizio notturno in considerazione del fatto che il cantiere non si fermava mai, nemmeno di notte.

LilianaLiliana

Un giorno che non era andata a lavorare, per via del turno di riposo settimanale, tornando a casa dopo aver fatto la spesa, fu attratta dal complesso sistema d’impalcature dietro le quali stavano sorgendo le nuove palazzine. Ne fu ammirata. Provò una sorta di gratitudine per quella moltitudine di uomini, operai, mastri, ingegneri che dal nulla stavano edificando le abitazioni che di lì a poco sarebbero diventate le case di tante famiglie. E così ogni volta che il tempo e gli impegni quotidiani glielo consentivano sostava volentieri per seguire il progredire dei lavori nel cantiere.
Una mattina che era in casa sentì suonare al cancello d’ingresso.
S’affacciò e scorse un uomo vestito con eleganza che recava in mano un mazzo di fiori.
Desidera? Chiese guardinga.
Signora, buon giorno, rispose l’uomo con molto garbo, sono il direttore del cantiere, potrei entrare solo un momento? Ho una comunicazione urgente da parte del consorzio.
Veramente, mio marito non è in casa, replicò Liliana che intanto era scesa fino al cancello.
Si tratta di questo, iniziò l’uomo, stanotte c’è stato un guasto alle condutture dell’acqua che è già stato riparato tranne che per la palazzina di fronte a casa sua. Sarebbe così gentile da consentirci di collegare una manichetta al bocchettone che ha nel giardino. Non sarà per più di un’ora o due. Le saremmo davvero grati signora, ci eviterebbe una sospensione del lavoro e…

Se è solo per questo, disse Liliana, fate pure, non c’è problema.
Davvero gentile signora. Ecco, se mi permette, disse l’ingegnere porgendo una scatola di cioccolatini con il mazzo di fiori, questo è da parte del consorzio, un piccolo omaggio, sa, per il disturbo.
Grazie, non era necessario, si schermì Liliana.
S’immagini. Allora se per lei va bene, tra poco verrà un nostro giovane per attaccare una conduttura volante, le ripeto che sarà per un paio d’ore al massimo. Grazie ancora signora e buona giornata.

Dopo una decina di minuti si fece vivo, al cancello della villetta, il ragazzo di cui aveva parlato il Direttore del cantiere. Suonò e Liliana aprì con il pulsante del citofono e lo fece entrare nel giardino. Non uscì fuori, però, restando dietro alla finestra. Come il ragazzo rivolse lo sguardo alla casa lei gli fece un cenno di assenso col capo e un saluto con la mano per dire che poteva fare quanto stabilito. Subito quello si mise ad armeggiare con la manichetta ma dopo alcuni minuti si presentò alla porta di Liliana.
Mi scusi tanto signora se la disturbo, disse contegnoso, ma non avrebbe per caso una chiave inglese? Non mi riesce di far aderire la manichetta al bocchettone…
Prego, rispose Liliana, venga dentro, di sicuro mio marito tiene queste cose nel laboratorio degli attrezzi, provi a vedere se trova quello che fa per lei. Il locale è lì, alla sua destra, aggiunse, la porta è aperta. Il ragazzo ringraziò e dopo pochi istanti era al lavoro con una chiave inglese recuperata da un pannello affisso nel muro del laboratorio.
Da dietro la finestra, riparata dalla tendina, Liliana si soffermò a osservarlo. Lo vide che armeggiava con impegno nel tentativo di far aderire la manichetta al bocchettone.
Per lo sforzo si era coperto di sudore e Liliana provò una grande tenerezza per lui.
Così giovane, pensò… In effetti, Umberto, così si chiamava, non aveva ancora vent’anni.
Liliana indugiò alla finestra e senza rendersene conto cominciò a fantasticare.
Si risvegliò di soprassalto, profondamente turbata, quando si rese conto che il ragazzo avendo terminato il lavoro, la stava salutando, con la mano.
Dio mio che figura! Esclamò tra sé, chissà da quanto era lì e io non me ne sono accorta.
In meno di sei mesi buona parte delle palazzine in costruzione erano quasi terminate.
Liliana era sempre più affascinata da quel lavorio continuo, da quell’alternarsi di uomini di giorno e di notte, da quell’incessante attività di macchine, escavatrici, betoniere, e poi dalle migliaia di metri di cavi, di tubi, un’intera foresta artificiale che a poco a poco prendeva posto, si disponeva in orizzontale, in verticale, penetrava nelle viscere del terreno e riappariva all’interno dei manufatti di cemento armato in attesa di essere nuovamente suddivisi, affastellati, canalizzati. E su tutto, il lavoro instancabile dei tecnici e degli operai che tutto disponevano, piegavano, plasmavano. Liliana sentì affiorare dentro di sé antiche emozioni, qualcosa che aveva a che fare con la distinzione dei ruoli tra maschi e femmine. Da ragazza al liceo aveva militato in movimenti femministi per reclamare uguali opportunità tra i sessi nella società e nel lavoro. Adesso, invece, le sembrava di capire il senso profondo di tutto quello che aveva combattuto in gioventù. Non rinnegava certo l’acquisizione dei diritti alle donne, piuttosto rifiutava l’idea di una contrapposizione conflittuale con l’altro sesso. Gli uomini costruivano case per le loro famiglie, pensava, per proteggerle, non per rinchiudervi le femmine come fossero fattrici adatte solo alla riproduzione e all’allevamento della prole.
La vicinanza di quei lavoratori l’aveva rianimata.
Si sentiva inquieta.
Cominciò a provare perfino un’eccitazione erotica indefinita.

E’ tutta questa situazione che ha risvegliato in me degli istinti, si diceva, sento di aver bisogno di un uomo, che mi sia vicino, che mi desideri. Da qualche tempo, però, se ne era accorta durante una fantasia a occhi aperti, non era più suo marito l’uomo da cui avrebbe desiderato ricevere delle attenzioni.
Le era capitato, infatti, tornando a casa dal lavoro e passando davanti al cantiere, quello della palazzina di fronte a casa sua, di cercare con lo sguardo fra l’intricata ragnatela delle impalcature, Umberto, il ragazzetto che aveva agganciato la manichetta al bocchettone dell’acqua nel suo giardino.
Un pomeriggio, finalmente lo scorse, arrampicato su delle travi, mentre avvitava dei bulloni.
Cantava a squarciagola. Liliana si soffermò a osservarlo e Umberto voltatosi di scatto per qualche motivo la colse di sorpresa.
Liliana arrossì per lo scorno di sentirsi scoperta e subito abbassò la testa, sentendosi umiliata per la sua dabbenaggine.

LilianaLiliana

Per alcuni giorni evitò di fissare le impalcature sulle quali agile come uno scoiattolo si arrampicava Umberto.
Provava un sentimento ambiguo, da una parte si compiaceva di essere seguita e ammirata dal ragazzo, quando passava davanti al cantiere, ma le mancava il coraggio di ammetterlo.
Per alcuni giorni resistette alla tentazione di alzare lo sguardo sulle impalcature.
E quando lo fece, trovò Umberto che la fissava trionfante.
Si rifugiò a casa scombussolata, tremante.
Mio Dio, esclamò, ma cosa vuole da me quel ragazzo?
Potrei essere sua madre.
Intanto però si sentiva scuotere da un fremito, dall’inconfessato desiderio che Umberto potesse una sera, dopo il lavoro, presentarsi alla sua porta.
Il pensiero angoscioso del tradimento la tormentava.
Si sentiva confusa, incapace di prendere una qualsiasi risoluzione.
Si gettò sul letto in preda a una crisi.
Pianse, morse il cuscino, menò pugni e finalmente si addormentò.

Fu risvegliata da un prolungato scampanellio al cancello d’ingresso.
Era già sera, di fuori c’era il buio a parte i fanali che rischiaravano le aree dei cantieri.
Chi può essere a quest’ora, si chiese allarmata. Stefano non tornerà prima di dopodomani.
Si alzò barcollando dal letto.
Si avvicinò alla finestra e scorse di fuori dal cancello una figura indistinta.
E’ Umberto! Si disse eccitata e si affrettò ad aprire.
L’uomo entrò, aveva un cappello calato sugli occhi e appena Liliana gli aprì la porta, subito le fu addosso. Liliana colta di sorpresa non ebbe neanche la forza di lottare.
Subì la violenza e le sevizie che lo sconosciuto le procurò prima di strangolarla.
Le indagini della polizia coordinate da un giovane procuratore non approdarono a nulla.
Si trascinarono per mesi.
Furono verificati gli alibi e i comportamenti di tutti i lavoratori del cantiere e all’inizio Umberto fu torchiato nel tentativo di estorcergli una confessione ma non fu possibile collegare la sua persona alla scena dell’omicidio.
Gli indizi, la materia organica trovati su Liliana non gli appartenevano.
Stefano, il marito, di cui si era venuti a conoscenza che aveva un amante in un’altra città, fu indagato e ripetutamente interrogato e alla fine rilasciato avendo un alibi di ferro per il giorno dell’omicidio.

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La morte di Liliana gettò un’ombra sinistra sul nuovo quartiere che stava sorgendo.
Ma per ironia della sorte e per effetto dell’interminabile campagna mediatica montata sul caso la vendita delle nuove palazzine andò a ruba.
La zona si popolò presto di centinaia di nuove famiglie. Sorsero centri commerciali uffici e scuole, presto, nuovi cantieri e nuove palazzine spuntarono come funghi a popolare i grandi spazi rimasti liberi.
Chissà come sarebbe stata contenta Liliana di tutto quel fiorire di attività!
E a noi piace pensare che da sotto quel mucchietto di terra nel piccolo cimitero in un angolo dell’indistinta campagna, a Liliana sia spuntato un sorriso.

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