La Madre
di Giada Gentili
“Te lo meriti Nanni Moretti!†gridava il personaggio razzista di Rocco Papaleo in “Nessuno mi può giudicare†mentre un cliente dell’internet point spiegava: “Bianchi, neri, siamo tutti ugualiâ€; Moretti aveva gridato quella battuta anni prima per criticare Alberto Sordi e un certo tipo di cinema ma questa è un’altra storia. Lungi da me voler accostare un filmetto commediola al cinema italiano intellettuale, riflessivo e tutte le ridondanze del caso (fanboy di Moretti non vi arrabbiate sta per arrivare il “maâ€) ma (eccolo) se un film leggero come quello con la Cortellesi e Raoul Bova arrivava a citare Moretti, vuol dire che il regista di “Ecce Bomboâ€, seppur ormai lontano dai media (ai social neanche ci è mai arrivato) e dal clamore di Sorrentino o la celebrità di Verdone, è una più di una colonna portante del nostro cinema, è la rappresentazione di un certo tipo di società , di persone, di italiani. Quindi se ne avevate sentito parlare solo nel film con Bova sedetevi in un angolo accanto a quelli che hanno amato “50 sfumature di grigioâ€.
Dopo “Habemus Papam†Moretti è tornato dietro e davanti la macchina da presa con “Mia madre†candidato al Festival del Cinema di Cannes 2015. “Mia madre†è il dramma della perdita senza troppi drammi. Nanni Moretti e Margherita Buy (mantengono i loro nomi nel film), lui ingegnere lei regista, affrontano la morte della mamma parallelamente, incontrandosi di rado, lasciandosi accompagnare dallo spettatore lungo il percorso che va dalla malattia di un proprio familiare al momento di scegliere il vestito per il funerale. Così muoiono le persone comuni: senza sussurrare nell’orecchio del figlio il consiglio più importante e più utile della vita o pronunciando un discorso che illuminerà l’intero universo.
“Il regista è un coglione a cui permettere di fare tuttoâ€, sbotta Margherita, il personaggio di Margherita Buy, dopo una pessima giornata di lavoro. Parla per bocca di Moretti, ovvio, che in questo film studia il cinema dal suo punto di vista maturo e disincantato. Alle letture più superficiali della trama, quello che deve sopportare e vivere chi lavora nel mondo dell’arte, la consapevolezza, ormai risaputa, che qualunque cosa accada “The show must go onâ€, si accostano interpretazioni più delicate. Fronteggiare il proprio inconscio, distaccarsi dal proprio lavoro, non renderlo parte integrante della vita personale, specialmente quando lo si ama. La forza e debolezza di “Mia madre†è quella di aver saputo affrontare la morte con estremo realismo lasciando però da parte tutto la cinematizzazione del racconto. Si ride, grazie sopratutto ad una magistrale interpretazione di John Turturro, l'artista pazzo del caso, e arriva il magone ma “La Grande Bellezza†dell’estetica cinematografica si sacrifica in nome della realismo. Questa comunque non può essere definita una scelta giusta o sbagliata. Moretti ci presenta la morte (e la vita) senza orpelli, ogni spettatore deciderà poi se tornare a casa e guardarsi “Titanic†per dimenticare la banalità , a volte, della propria esistenza, o entrare in fase di meditazione.