Dopo 90 anni riemerge la catastrofe
che distrusse la Val dell’Orba
Crolla la diga
di Amanzio Possenti
Crollo diga La tragedia immane del crollo di una diga con un grande numero di vittime fa da sfondo alle memorie di quei giorni lontani e da spartiacque fra passato e oggi : anche se alcuni parlano di catastrofe ‘dimenticata’, il gemere di quel che accadde torna continuamente alla mente. Comunque, se dimenticanza c’è stata, si è provveduto a ripristinare la memoria in modo coinvolgente e pienamente responsabile, novant’anni dopo, nei giorni scorsi, con adeguate commemorazioni.
Il crollo racconta la storia tragicissima di una diga, quella di Molare, spazzata via da acque impetuose che, tracimando come valanga inarrestabile, provocarono l’esondazione del lago di Ortiglieto e sconvolsero per nove interminabili ore la Valle dell’Orba, nell’alessandrino, seminando oltre cento morti e distruzioni inenarrabili, investendo Molare, Ovada, Castelletto d’Orba, Silvano d’Orba, Capriata d’Orba e Predosa. La catastrofe – che ricorda altre due avvenute nel Novecento: nel 1923, alla diga del Gleno(alta Valle di Scalve,Bergamo) e nel 1975 alla diga del Vajont, Longarone - accadde il 13 agosto 1935, dalle 12,45 in poi quando la diga secondaria di Orbicella, costruita sotto il grande invaso superiore con il proposito di offrire energia idroelettrica all’area di Genova, cedette di schianto, gonfiandosi oltre misura ben oltre i limiti di tollerabilità e di sicurezza e gettando acqua in enorme quantità confusa a quella dell’Orba, fango e materiali dilavanti sul territorio sottostante ,abbattendo case e ponti: un disastro apocalittico, ritmato da un fracasso assordante, ciò in seguito ad una pioggia diluviante, megatorrenziale che si scaricò sulla zona per parecchie ore dopo mesi di siccità. Quando il diluvio ingrossò in modo spaventoso la diga e mille situazioni negative confluirono alla sua rottura, si assistette ad una tragedia immensa, secondo i racconti dei testimoni , un succedersi serrato e angoscioso di fatti provocati dalla natura scatenata e terribile. Pareva ‘la fine del mondo’, è la narrazione corale di quelle ore di morte. Quel crollo resta a testimoniare la fragilità umana, tra ‘errori, omissioni, ritardi ed esitazioni’, una pagina tristissima, che richiede oggi memoria, preghiera, pietà.
Tutto è ben descritto e riproposto in quattro momenti: nella rivista trimestrale ‘Urbs-Silva et flumen’ della Accademia Urbense di Ovada,che dedica la copertina all’evento e, all’interno, il testo ricco di dettagli ed ottimamente ricostruito da Pier Giorgio Fassino, in due belle pagine dell’inserto culturale ’La Lettura’ de ‘Il Corriere della Sera’ nella rubrica ’Percorsi’ ,firmate da Stefano Priarone e Paolo Leandri(una sorta di fumetto narrante )dal titolo ’E la diga crollò-Il 13agosto dimenticato’, nella mostra fotografica ‘Per non dimenticare’ proposta ad Ovada dalla Città di Ovada e dal Comune di Molare, insieme alla commemorazione delle vittime,una camminata lungo l’Orba e l’inaugurazione di un pannello celebrativo, infine nel monumento alla memoria presso il Santuario della Madonna delle Rocche di Molare, officiato dai Padri Passionisti.
Nel territorio lo spazio straziante dei ricordi è oggi sostituito dalla modernità di palazzi che raccontano come un popolo fortemente colpito abbia saputo incontrare il futuro.