I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"
Florence Lawrence
Diari di Cineclub - I dimenticati - 120 Florence Lawrence
Di
Virgilio Zanolla
Nel panorama suggestivo e in parte misconosciuto del cinema americano nei primi due decenni del Novecento, spicca la figura di un’attrice considerata da molti la prima star femminile nella storia della settima arte: Florence Lawrence. Alla maggior parte dei cinefili oggi il suo nome non dice nulla: eppure dobbiamo soprattutto a lei se gli spettatori delle prime pellicole presero a interessarsi delle loro interpreti.
Il suo nome al secolo era Florence Annie Bridgwood ed era nata in Canada, ad Hamilton, nell’Ontario, il 2 gennaio del 1886, terza e ultimogenita, dopo due fratelli, di George, costruttore di carrozze d’origine inglese, e Charlotte Dunn, attrice di vaudeville col nome d’arte di Lotta Lawrence, emigrata in Canada dall’Irlanda quand’era ancora bambina. Primadonna della Lawrence Dramatic Company, che dirigeva, Lotta fece esordire la figlia in palcoscenico quando Florence contava appena tre anni, abituandola ad assumere ruoli via via più impegnativi nei drammi strappalacrime che rappresentavano, sicché all’età di sei anni quest’ultima era già nota come «Baby Flo, la bambina prodigio». Il 18 febbraio 1898, avvelenato accidentalmente da gas di carbone, George Bridgwood morì, e Lotta, che viveva separata da lui da ormai otto anni, si trasferì coi figli negli Stati Uniti, presso sua madre Ann Dunn, a Buffalo, nel New York. Qui Florence e i suoi fratelli frequentarono finalmente scuole regolari, dove lei mostrò grandi attitudini verso lo sport, segnalandosi nell’equitazione e nel pattinaggio; continuò a lavorare nella compagnia della madre, finché per problemi interni questa non fu costretta a chiuderla e nel 1906 si trasferì a New York con la figlia.
Speravano di trovare lavoro a Broadway, ma le varie audizioni che sostennero non ebbero esito positivo. Andò meglio nel cinema, dove, dopo essere apparse nello short poliziesco della Vitagraph Company The Automobile Thieves di e con James Stuart Blackton, il 27 dicembre di quell’anno vennero ingaggiate dalla Edison Manifacturing Company per il film Daniel Boone; or, Pioneer days in America di Wallace McCutcheon ed Erwin Stanton Porter, ciascuna con lo stipendio di 5 dollari al giorno per due settimane di lavorazione. Grazie al fatto d’essere un’ottima cavallerizza, Florence fu scelta per interpretare Jemina, la figlia di Boone. Ai primi del 1907, tornata con la madre alla Vitagraph, apparve in altri sei film, cortometraggi a un rullo, come il dramma bellico The Dispacht Bearer di Albert E. Smith, sfoggiando in nuove occasioni la sua abilità di amazzone.
Poco dopo, ottenuto il ruolo da protagonista nella commedia Seminary Girls dell’impresario Melville B. Raymonds, Florence riprese col teatro accanto a Lotta, portando lo spettacolo in tournée per alcuni mesi. Rientrate a New York, stufe di quella vita da zingare, nella primavera 1908 lei e la madre tornarono alla United Vitagraph di Brooklyn, la casa cinematografica americana allora dotata del sistema di produzione più avanzato, non solo nella tecnica e per la varietà dei generi trattati, altresì nella distribuzione, che copriva circa l’ottanta per cento delle pellicole americane proposte sul mercato europeo. Lì la carriera di Florence nella settima arte non incontrò più ostacoli: ad appena ventidue anni ella divenne una delle attrici di punta della compagnia newyorchese. Basti dire che quell’anno prese parte a ben 48 pellicole, tra le quali, dirette da Blackton, un Macbet e un Romeo and Juliet, prima delle innumerevoli versioni cinematografiche del capolavoro scespiriano, dov’ella, Juliet, fu in coppia col trentacinquenne Harry Solter, Romeo: sennonché i due interpreti s’innamorarono veramente, e il 30 agosto 1908 convolarono a nozze.
Il regista David Wark Griffith, allora uno dei responsabili dell’American Mutoscope and Biograph Company, cercava una bella ragazza capace di andare a cavallo per il film The Girl and the Outlaw che si apprestava a girare, e aveva notato Florence in uno short Vitagraph; ma all’epoca nei titoli dei film le case di produzione statunitensi non ponevano i nomi degli attori, sicché fu solo grazie a Solter, che era suo amico, se il futuro autore di Nascita di una nazione poté contattarla e persuaderla a passare alla Biograph, offrendole lo stipendio settimanale di 25 dollari in luogo dei 20 che le dava la Vitagraph. Diretta da Griffith, nel biennio tra l’8 e il ’10 Florence interpretò oltre centoventi pellicole. Furono questi cortometraggi a darle popolarità: soprattutto col divertente personaggio di Mrs. Jones nella serie di dodici short comedy (il primo serial della storia) e, nel 1909, con quello di Katiuscia in Resurrection, tratto dal romanzo Resurrezione di Lev Tolstoj. Pioniere nell’uso del primo piano e del close-up, Griffith non disdegnava di porre in rilievo il viso della sua interprete, per mostrarne i moti dell’animo: così, ignorando il nome dell’attrice, molti spettatori scrivevano alla casa di produzione chiedendo notizie de «la ragazza della Biograph» e anche della «ragazza con una piccola fenditura nel mento». Per salvare capra e cavoli la Biograph, che temeva la popolarità degli attori per evitare un raffica di richieste d’aumento sulle loro paghe, decise di far finta di nulla, ma raddoppiò tacitamente lo stipendio di Florence per tenerla buona.
Lei e il marito, però, non gradirono molto tale soluzione, e cominciarono a guardarsi attorno. Venuta a conoscenza che la coppia aveva contattato segretamente la Essanay Film Manifacturing Corporation, la Biograph li licenziò. Florence e Solter vennero subito assunti dall’appena fondata Independent Moving Pictures Company of America (IMP), cioè dal vulcanico Carl Laemmle, proprietario e presidente della stessa. Estranea al monopolio delle case di produzione che disponevano anche delle sale di proiezione (non ancora cinema bensì nickelodeon), la IMP aveva tutto l’interesse a favorire la popolarità di Florence, se voleva spezzare le aride regole di consorteria del mercato distributivo. Perciò, oltre a garantire ai suoi due nuovi interpreti la presenza dei loro nomi nelle locandine dei film, con una geniale pensata si preoccupò di far circolare la voce che Florence fosse morta, investita da un tram mentre si trovava a New York; l’indomani la Biograph indirizzò ai giornali una smentita, accompagnata da una foto dell’attrice nella cui didascalia s’informava che ella era in procinto d’interpretare il poliziesco The Broken Oath, il suo primo film prodotto dalla IMP e diretto dal marito Harry Solter. Laemmle stesso la soprannominò «la ragazza dai mille volti»; inoltre nel marzo 1910 organizzò per lei e King Baggot, il coprotagonista della pellicola, una trasferta promozionale a Saint Louis, dove ad attenderli trovarono una folla immensa. Queste sue trovate, e la nascita delle prime riviste specializzate sul cinema, come il mensile “Motion Picture Story Magazine”, aumentarono notevolmente la popolarità di Florence, facendo di lei la prima stella del cinema americano e dando così origine allo star system.
Ella e il marito lavorarono alla IMP per undici mesi, producendo una cinquantina di film ad un rullo. Alla fine del ’10, dopo essersi concessi una vacanza in Europa, Florence e Solter lasciarono l’IMP per gli Studios di Siegmund Lubin (Laemmle si consolò rimpiazzando l’attrice con un’altra giovanissima bellezza canadese che proprio Florence gli aveva indicato: Mary Pickford). Per Lubin confezionarono 48 pellicole.
Ai primi del 1912 la coppia decise di formare una propria compagnia, la Victor Film, per la vendita e distribuzione associandosi con Laemmle, il quale si avviava a fondare una nuova casa di produzione, la Universal Pictures: con la garanzia della loro più completa libertà artistica, quest’ultimo versava a Florence 500 dollari la settimana, e 200 li dava a Solter; gli studi della compagnia vennero allestiti a Fort Lee nel New Jersey, una ventina di km ad ovest di New York. Qui Solter diresse la moglie in diversi cortometraggi, dov’ella aveva come partner Owen Moore, fresco primo marito di Mary Pickford.
La nuova disponibilità finanziaria spinse Florence all’acquisto di una tenuta di venti ettari a River Vale, nel New Jersey, dove poté realizzare il suo desiderio di darsi al giardinaggio, coltivando magnifiche rose. Ragazza piena d’idee, ella fu anche inventrice: mise a punto due segnali di allerta: un braccio meccanico da porre sul retro dei veicoli, che azionato da un bottone indicava la direzione che avrebbe preso il conducente, e un analogo segnale di prossima frenata. Ma non depositò il brevetto delle sue applicazioni, per cui non ne trasse alcun utile.
Nell’agosto di quell’anno litigò col marito, autore di «commenti crudeli» su sua madre: esasperato, Solter partì per l’Europa, ma dal vecchio continente le inviò diverse accorate lettere, affermando di meditare il suicidio. In novembre, quando tornò in America, i due si rimisero insieme, e Florence annunciò l’intenzione di ritirarsi dal mondo dello spettacolo.
Tuttavia, nel ’14 venne persuasa a tornare sui set per la Victor Film, che nel frattempo era stata acquistata dalla Universal: dove lavorò ancora diretta dal marito; apparve pure come se stessa nel documentario di Allan Dwan The Great Universal Mystery, assieme a colleghi attori e a registi della casa di produzione. Quell’anno, mentre interpretava Flo nello short drammatico di Solter The Pawns of Destiny, fu vittima di un grave incidente: un incendio procurato, in quanto previsto nella trama, andò fuori controllo, ustionandole i capelli e causandole una caduta che le procurò la frattura della spina dorsale. Sebbene si riuscisse a completare il film, il trauma per quell’evento repentino e inatteso la costrinse al riposo per mesi; oltrettutto, la Universal si rifiutò di coprire le ingenti spese mediche.
Florence tornò sul set solo nella primavera del 1916, per interpretare Isabel Thorne nel dramma fantapolitico Elusive Isabel di Stuart Paton: un cinque rulli (durata 52 minuti) molto impegnativo; tanto che al termine delle riprese lo stress accumulato le cagionò un collasso, lasciandola per quattro mesi quasi completamente paralizzata. In tale situazione se la prese col marito, accusandolo d’averla spinta a riprendere il lavoro pur consapevole ch’ella non era ancora a posto con la salute; il loro nuovo litigio portò a una seconda separazione, che più tardi sfociò nel divorzio.
Ci vollero cinque anni prima che Florence si sentisse di nuovo pronta a tornare davanti alla macchina da presa: ciò che avvenne nel 1921, anno in cui, dopo la morte di Solter, il 12 maggio ella convolò a nuove nozze col venditore d’automobili Charles Byrne Woodring. In quel lustro la settima arte aveva compiuto passi da gigante. Intanto, i principali studios erano trasmigrati dalla East alla West Coast, dov’era sorta la Mecca del cinema, Hollywood; gli shorts avevano ceduto il passo ai lungometraggi, i nickelodeon ai cinema, e una nuova generazione d’interpreti femminili dalle potenzialità divistiche s’era imposta all’attenzione degli spettatori: oltre a Mary Pickford, Theda Bara, Carmel Myers, Mae Murray, Clara Kimball Young, Anita Stewart, Gloria Swanson e Norma Talmadge. Per poter sfruttare al meglio le opportunità del rientro Florence si trasferì col marito ad Hollywood: qui fu protagonista nel melodramma biblico The Unfoldment di George Kern e Murdock MacQuarrie, ma presto venne richiesta solo per ruoli secondari, dove spesso non fu neppure accreditata. Finì per rassegnarsi al nuovo andazzo, e per far quadrare i conti a metà degli anni Venti aprì col coniuge un negozio a Los Angeles, Hollywood Cosmetics, che oltre a una linea di cosmetici elaborata da lei vendeva anche trucchi teatrali.
Il 1929 fu per Florence un anno assai negativo: perse la madre, alla quale era legatissima, perse molte economie col crollo della borsa di Wall Street; e si separò da Woodring, ma continuò a gestire con lui il negozio, che tuttavia chiuse nel ’31. Rimasta vedova nel ’32, il 27 novembre dell’anno seguente sposò a Yuma, in Arizona, Henry Prence Bolton, dal quale di separò dopo appena cinque mesi: questi infatti era un uomo alcolizzato e violento, che in più occasioni la picchiò furiosamente.
Sola e depressa, continuò a lavorare nel cinema, con saltuarie apparizioni nelle pellicole MGM, che le versava 75 dollari a settimana. Tra lo short The Automobile Thieves di Stuart Blackton, 1906, e Notturno tragico di Richard Thorpe, 1937, che fu il suo ultimo film, apparve in forse 310 pellicole, 221 delle quali perdute. Affetta da mielofibrosi, una malattia allora semisconosciuta e incurabile che intacca il midollo osseo causando anemie e sconforto, si trasferì in un appartamento in Westbourne Drive a Beverly Hills, con tale Robert Brinlow, un impiegato della casa di produzione, e sua sorella. Il 28 dicembre 1938 Florence chiamò la MGM spiegando di non potersi presentare al lavoro nel pomeriggio perché indisposta; quindi, per farla finita, ingerì sciroppo per la tosse assieme a un veleno per formiche: ma il dolore orribile che provò la fece urlare. Una sua vicina chiamò un’ambulanza ed ella venne condotta d’urgenza al Beverly Hills Emergency Hospital, dove alle 14.45 morì, all’età di cinquantadue anni, undici mesi e ventisei giorni. In casa aveva lasciato questo biglietto d’addio: «Caro Bob, chiama il dottor Wilson. Sono stanca. Spero che funzioni. Addio, tesoro mio. Non possono curarmi, quindi lascio perdere. / Con affetto, Florence. / P. S. Siete stati tutti fantastici, ragazzi. È tutto vostro». La sua morte venne registrata come «probabile suicidio» dovuto alla «cattiva salute». La salma dell’attrice venne inumata in forma anonima nell’Hollywood Cemetery; la sua tomba restò senza nome fino al 1991, quando l’attore inglese Roddy McDowall le fece apporre una lapide commemorativa, che recita: «La ragazza della Biograph. La prima stella del cinema».