Falcone / Borsellino. una foto semplice
La Rai non riconosce il valore creativo
Lex Iniuriam
di Guido Alberto Rossi
Questa storia nasce il 27 marzo del 1992 a Palermo durante la tavola rotonda su mafia e politica, quando i giudici Falcone e Borsellino si avvicinano per parlarsi. Il fotografo Tony Gentile intuisce la situazione e scatta quella che diventerà la foto simbolo della guerra alla mafia.
Dopo 57 giorni (23 maggio) il giudice Giovanni Falcone e la sua scorta saltano per aria ed esattamente dopo altri 57 giorni (19 luglio) anche Paolo Borsellino viene ucciso.
La foto di Tony entra nella storia, praticamente non c’è giornale o rivista che non la pubblica: chiunque parli di mafia utilizza la mitica foto finché, un giorno del 2016 la RAI la utilizza per una trasmissione, nessun problema, l’hanno già usata altre volte e Tony è sempre stato pagato correttamente, però questa volta un funzionario dell’amministrazione RAI si mette di traverso e decide che non deve pagarla.
Seguono telefonate e raccomandate e, visto che non succede niente, Tony è costretto a prendersi un avvocato e fare causa.
Dovrebbe essere una passeggiata cartacea, invece trova un giudice che gli dà torto affermando che in base alla legge su diritto d’autore n° 22 del 1941, visto l’articolo bla bla bla, la ritiene una foto semplice e quindi perde la causa.
Nessun problema c’è sempre l’appello (serve per questo) e anche qui risuona la sentenza della Foto Semplice.
Beh, il fatto è talmente clamoroso, che vale la pena andare in Cassazione. Nel frattempo è anche uscita una direttiva europea sul diritto d’autore che, se i giudici italiani la conoscessero, dovrebbero ribaltare i due precedenti verdetti. Invece niente da fare, è stata giudicata una Foto Semplice e così resta.
Allora viene automatico chiedersi con quale criterio è stato scritto l’articolo di questa legge.
Ma ci sono cose o situazioni che anche con le migliori intenzioni di chi le ha inventate e scritte, sono nate male e con il tempo continuano a peggiorare, poi un po' per abitudine un po' per pigrizia, rimangono lì e continuano a fare danni e questa a mio modestissimo parere è una di quelle. Il legislatore dell’epoca ovviamente pensando di fare bene ha salomonicamente diviso il vasto mondo della fotografia in sole due categorie: Foto Semplici e Foto Con Valore Creativo, senza tener conto che i fotografi professionisti scattano sempre al massimo della potenza del loro cervello creativo e con il principale intento di pagarsi da vivere e poi chi è in grado di stabilire se un’immagine è semplice o creativa? Difficilmente un giudice o un avvocato, a meno che per secondo lavoro non faccia il fotografo, cosa abbastanza rara.
Personalmente penso che l’unica fotografia semplice sia quella eseguita dalla fotocopiatrice, schiacciando il pulsante verde, tutte le altre hanno, poco o tanto, un valore creativo, anche la semplice foto di un oggetto su un catalogo ha dietro uno studio, delle luci ed un angolo di ripresa che solo un cervello umano è in grado di fare.
La creatività è difficile da definire, secondo me inizia quando il fotografo sceglie il soggetto, già la scelta ha un suo preciso perché e per come, poi viene la scelta della posizione da cui scattare, l’illuminazione, la scelta dell’obiettivo e altri piccoli dettagli che però sono frutto di scelte ben ragionate. Anche una foto di moda, cronaca, sport o guerra è sempre creativa, per le stesse ragioni, altrimenti basterebbe farle fare da un robot, che costerebbe anche meno.
Con tutte le diatribe giuridiche e sentenze fantastiche, scaturite negli anni, si potrebbe scrivere un’enciclopedia e usare le più originali per fare una serie televisiva di trenta stagioni. È da sempre che seguo amorevolmente il problema del Copyright, ovviamente anche nel mio interesse, e negli anni ho letto di sentenze con le motivazioni più fantascientifiche, che trasformavano una magnifica foto eseguita a regola d’arte in una banale foto semplice. Per non parlare delle argomentazioni super contorte e quasi mai inerenti alla realtà, del fotografo professionista, da parte di bravissimi avvocati, che però non distinguono le foto del passaporto fatta dalla macchinetta automatica da un ritratto scattato dal grande Richard Avedon.
Siccome ne ho sentite di tutti i colori su questa legge, ho chiesto il parere a Chat gtp su cosa ne pensasse il cervello sintetico di AI. In circa 15 secondi mi ha risposto così:
“La legge, pur animata da buone intenzioni, presenta diverse criticità che rischiano di generare ingiustizie nel trattamento delle fotografie. Eccone alcune più approfondite:
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Definizioni troppo vaghe
Il confine tra “opera fotografica” e “semplice fotografia” è tracciato in modo poco chiaro. La “creatività” è un concetto che nel diritto d’autore risulta spesso fumoso. I giudici devono interpretare parametri soggettivi (scelta di inquadrature, giochi di luce, angolazioni particolari) che variano di caso in caso. Questo può portare a decisioni molto diverse su fotografie simili, creando incertezza per i fotografi e per chi acquista i diritti. -
Disparità di tutela
Le opere fotografiche hanno una protezione più ampia (ad esempio in termini di durata, 70 anni dopo la morte dell’autore) rispetto alle semplici fotografie (protezione di 20 anni dalla realizzazione). Questa distanza, così marcata, rischia di penalizzare lavori di documentazione magari importantissimi sul piano culturale o informativo, ma considerati “non creativi” perché ritenuti cronachistici.
Esempio: Un fotoreporter che immortala un evento storico (manifestazione, conflitto sociale) può vedersi riconosciuta una tutela limitata semplicemente perché l’inquadratura è “comune”, nonostante il suo scatto abbia un valore enorme di testimonianza. -
Complessità per chi deve far valere i diritti
Per ottenere il riconoscimento di “opera creativa”, spesso si devono sostenere perizie costose o portare in tribunale esperti pronti a dimostrare l’originalità di determinate scelte fotografiche. Questo può disincentivare chi dispone di risorse economiche ridotte (freelance, piccoli studi fotografici) dal difendersi adeguatamente.
Esempio: Un fotografo indipendente che nota un suo scatto riprodotto da una grande testata potrebbe rinunciare ad agire legalmente, temendo spese e tempi lunghi, perdendo così il riconoscimento di un lavoro effettivamente creativo. - Adeguamento alle nuove tecnologie
La legge è stata pensata in un contesto che non considerava appieno lo sviluppo digitale, i software di post-produzione o l’AI. Oggi è sempre più difficile distinguere tra foto “documentarie” e foto “creative”, perché spesso anche una semplice correzione di luci e ombre può essere considerata un’operazione creativa. L’assenza di aggiornamenti chiari in questo senso lascia campo a interpretazioni molto variabili.
In conclusione, la legge è nata per proteggere l’originalità dell’autore ma la mancanza di una definizione univoca di “creatività” e la forte disparità di tutele tra “opera” e “semplice fotografia” producono incertezze. Queste incertezze si traducono in possibili ingiustizie, sia per i fotografi meno tutelati sia per chi legittimamente vuole utilizzare le immagini per fini di cronaca o divulgazione. Un aggiornamento normativo, che chiarisca meglio i criteri di valutazione e le differenze di tutela, potrebbe ridurre le zone d’ombra e rendere più equa l’applicazione del diritto d’autore.”
Così parlò Zarathustra! Ma cosa si potrà mai fare? Se anche le direttive europee non vengono seguite, nonostante l’obbligatorietà. Forse dei corsi d’aggiornamento specifici? (vedi Papale-Papale N° 354) almeno per i magistrati che si occupano di Copyright in generale, ma la vedo dura, quando il loro organico è sotto di un 30% e non hanno neanche il tempo di fiatare. Potremmo scendere in piazza a manifestare, ma saremmo in quattro gatti e nessuno ci noterebbe. Forse chiedere al Presidente del Consiglio di venire a riferire in Parlamento. Intanto nell’attesa Tony Gentile intende portare il suo caso alla Corte Europea e speriamo che sia la volta buona.