#349 - 6 aprile 2024
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
letteratura

Rubrica in lingua dell'Urbe dedicata ai Papi del passato
Da Alessandro VI ad Alessandro VII

Ippolito Aldobrandini

Papa Clemente VIII 1536 - 1592 / 1605

di Angelo Zito

Ippolito AldobrandiniIppolito Aldobrandini

Preoccupati pe la moria de li Papi che in poco più de ‘n’anno in tre aveveno reso l’anima a Cristo, li cardinali riuniti ner conclave se convinsero de nominà un’antro Papa tosto pe dà er senso de forza der Papato e defatti scersero Ippolito Aldobrandini che veniva da le stesse tere de le Marche ndove era nato Sisto V. Ippolito prese er nome Clemente VIII.

Riprese in mano la traduzione de la Bibbia pe’ completà quanto aveva fatto Sisto V e pure a l’obbelischi, a San Pietro e ar Quirinale portò a termine quanto aveva preparato quer Papa.

Nun aveva fatto a tempo a proclamà l’anno santo del 1600 che lo macchiò cor rogo de Giordano, er frate che la pensava diversamente su li princípi de la religione e che proclamava la sarvezza der diavolo. Eppure quer giubbileo era partito cor rispetto pe’ li pellegrini che affollaveno le strade de Roma.
“Tenemo boni li prezzi, damo l’indurgenze co’ rigore, distribuimo er cibbo pe’ chi ha fame” Er Papa in persona scenneva tra la folla, era er primo a genuflettese ne’ le varie cchiese e tollerò la presenza de l’ebbrei che incrementareno er commercio tra li fedeli.
Ammirava er poeta Torquato Tasso e l’architetto Carlo Maderno che fece li lavori ar Quirinale.

De sto Papa è rimasta ner tempo un’antra esecuzzione capitale, quella de la povera Beatrice Cenci. Tra la folla de li curiosi che assisteveno ar dramma, accompagnata dar padre, c’era Artemisia Gentileschi, ancora regazzina, ma de certo da lí cominciò a affilà l’ugne contro li maschi. Più in là, in mezzo ar popolino, er pittore Guido Reni se stampò ne la mente quer momento e poi trasferí su la tela la faccia de Beatrice rassegnata e coraggiosa.

Ippolito Aldobrandini

Beatrice Cenci e er popolino

Da la spalletta der ponte sopra fiume
ho visto l’angiolone de Castello
ner gesto de dà l’assoluzione
da tutti li peccati vaticani.
“Inginocchiateve”, pare che dichi,
“nun so si benedivve o condannavve.”
1599
All’arba de un giorno de settembre
su lo spiazzo davanti de la Mole
c’era la mejo gioventù der tempo
a véde er boia co la spada in mano.
Clemente VIII, er papa marchiciano,
interessato a le tere de li Cenci,
aveva deciso de tajà la testa
a Beatrice, a la madre e a li fratelli.
La poveretta, accusata senza prove
d’avé ucciso er padre stupratore,
sale su la pedana senza piagne.
Er popolino là sotto rumoreggia
chi pregava, chi rideva, chi se grattava,
chi magnava li bruscolini e chi strillava,
quarcuno era finito dentro fiume.
C’era pure Caravaggio er gran pittore
che a véde er sangue c’era abbituato.
Quanno er boia solleva lo spadone
la piazza se fa muta in d’un momento,
li secondi so’ lunghi come l’ore.

“Daje, mena er corpo” pare che dichi
Beatrice ormai rassegnata
a volesse ricongiunge’ co quer Dio
che pe’ mmano der vicario l’ha punita.
É robba d’un amenne, la capoccia
rotola giù dar parco tra la folla
che a la vista der sangue se trasforma,
sente li brividi come li cristiani.
“È fenita.
Tornamo a casa, er più pe’ oggi è fatto
e domani se n’annamo ar mare”.
Uno co’ le lacrime a l’occhi cià la tosse,
le disgrazzie chiameno disgrazzie:
je annato er bruscolino pe’ ttraverso!
“Che te piagni? N’è gnente, mó te passa,
che avrebbe dovuto dí quela poraccia,
annamo a la prima fontanella,
un sorso d’acqua e passa la paura.”

Ippolito Aldobrandini

Giordano Bruno la frittata

Confusa tra le bancarelle der mercato
s’arza la statua de ‘n frate incappucciato.
De sera tra cazzotti baci bottije
la peggio gioventù je balla attorno
“avessi saputo che m’abbrustolivo
pe’ aprí le capocce a sta marmaja
avrebbe ubbidito a Bellarmino”
Er cardinale, va detto, lo protegge
“te devi da ricrede, fà l’abbiura,
gni ttanto l’hai da girane la frittata
prima che prendi puzzo de bruciato”
Ma quello a insiste “è er Sole che sta fermo
e la Tera je gira tuttattorno”
Sapeva er fatto suo, pe’ mezzo monno
aveva combattuto l’ignoranza,
condannato er trionfo de la bestia,
e davanti a la Curia nun s’arrese.
Je fecero sentí nun solo er puzzo
ma pure er calore der bruciato.
E ancora oggi lo tengheno da parte,
sanno oramai che è la Tera che se move
e pure si la frittata s’è abbruciata
je piace de magnalla abbrustolita.
Mó ginocchioni aspetteno quer giorno
che quarche Iddio facci piazza pulita
de tutte le conquiste de la Scienza,
e possi la cenere de Giordano
assiste ar trionfo de la bestia.

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