#343 - 6 gennaio 2024
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà  in rete fino alla mezzanotte del giorno sabato 30 novembre quando lascerà  il posto al numero 358 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè" (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) «La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti». Papa Francesco «Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo». Alberto degli Entusiasti "Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità , vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Storia

NOTE SULLA
MEMORIA DEI GIORNI

-L’Epifania: L’Epifania ricorda l’arrivo dei Re Magi guidati dalla stella cometa alla grotta di Gesù. Come i Re Magi portarono dei doni, così si rinnova la festa ogni anno con i doni per i più piccolini! E chi porta i regali il giorno dell’Epifania? La Befana! La vecchietta brutta ma buona che vola su una scopa e porta i doni ai bimbi buoni e dolcetti nella calza o carbone ai bimbi cattivi!
Un antico racconto vuole che i Re Magi chiesero indicazioni ad una vecchia lungo il loro cammino verso la grotta di Betlemme e le chiesero di accompagnarli. La vecchietta si rifiutò, ma poi, pentitasi, si mise in cammino per cercarli, bussando ad ogni porta e donando dei dolcetti a tutti bimbi, nel dubbio che ogni bimbo potesse essere Gesù!
In un modo o nell’altro... preparatevi! Avete fatto i bravi o i cattivi? Avrete dolcetti o carbone?

-Vittorio Emanuele II: Principale artefice dell'impresa unitaria iniziata dal padre, fu il primo Re dell'Italia unita e il sovrano della dinastia sabauda più celebrato dalle cronache storiche.
Nato a Torino, primogenito del re di Sardegna Carlo Alberto, venne subito avviato alla disciplina militare, passando da fuciliere a generale e nel 1846 a luogotenente generale. Medaglia d'oro durante la Prima guerra di indipendenza (1848-1849), salì al trono sabaudo dopo l'abdicazione del padre.
Dopo aver sciolto il Parlamento (contrario agli accordi di pace con l'Austria) pubblicò il Proclama di Moncalieri (per spingere gli elettori ad una maggioranza favorevole alla ratifica del trattato di pace con l'Impero austriaco) e si occupò del risanamento dei conti dello Stato, del rinnovo dell'esercito e di rilanciare il commercio con la Gran Bretagna.
L'ascesa al governo del conte di Cavour segnò una ripresa del progetto unitario, prima con la partecipazione alla guerra di Crimea (per farsi alleati Regno Unito e Francia) e poi con la Seconda guerra d'indipendenza (aprile-luglio 1859) che portò all'annessione della Lombardia.
Il successo dell'impresa dei Mille, condotta da Garibaldi, riunì sotto la sua corona gran parte della penisola: il 17 marzo 1861 venne proclamato Re del nuovo Regno d'Italia, con capitale Torino e comprensivo di Piemonte, Lombardia, Granducato di Toscana, ducati di Parma e Modena, Regno delle Due Sicilie, Sardegna e parte dei possedimenti pontifici.
Completata l'opera con la Terza guerra d'indipendenza (1866, con l'annessione di Veneto, Friuli e provincia di Mantova) e la Breccia di Porta Pia (20 settembre 1870), spostò la capitale a Roma, dove scomparve nel gennaio del 1878, lasciando il trono al figlio Umberto I.

-Inaugurata la metropolitana di Londra: La North Metropolitan Railway, inaugurata a Londra nel 1863, fu la rima ferrovia sotterranea al mondo. Un evento che diede impulso allo sviluppo dei collegamenti all'interno delle grandi città, aprendo la strada a un nuovo mezzo di trasporto: la metropolitana!
La crescita della popolazione e delle attività economiche nella capitale dell'Impero britannico aveva alimentato, nella prima metà del XIX secolo, un rapido sviluppo delle linee ferroviarie. Ciononostante, permanevano forti disagi negli spostamenti, in particolare tra i capolinea e il centro cittadino o tra i primi e la periferia, distanziati tra loro da diversi chilometri.
Di qui, nel 1851, si arrivò al progetto di una nuova linea ferroviaria, che corresse lungo la valle del fiume Fleet e migliorasse i collegamenti tra i due grandi capolinea di Paddington e King’s Cross. Tra intoppi e ripensamenti, partirono i lavori ma durarono più del previsto per i numerosi ostacoli di natura tecnica legati alla complessità dell'opera, che rendeva inadeguati i mezzi a disposizione. Per realizzarla si dovette ricorrere alla manodopera di migliaia di operai e all'abilità dei migliori ingegneri del paese, diretti da John Flower.
Finalmente giunse il giorno dell'inaugurazione. La cerimonia in grande stile, alla presenza della regina Vittoria, fu presieduta dal primo ministro William Gladstone, che alle 10 del mattino prese posto nel primo treno messo in funzione, cui ne seguirono altri a intervalli di dieci minuti, per un totale di 41mila passeggeri giornalieri.
Il convoglio, trainato da una locomotiva a vapore e composto da vagoni aperti, procedeva lungo un tragitto che solo in minima parte era sotterraneo e che copriva una distanza di sei chilometri e mezzo, collegando le tre grandi stazioni di Paddington, Houston e King's Cross.
L'entusiasmo della gente fu di tale portata che sulla stampa si parlò di «nuova era del trasporto urbano». Non tutto però funzionava al meglio. L'inconveniente più grave era legato all'utilizzo della locomotiva a vapore, che all'interno delle gallerie creava notevoli addensamenti di fumo, molto più che fastidiosi per i viaggiatori. La situazione migliorò solo con l'introduzione, nel 1905, della motrice a trazione elettrica.
In generale, il XX secolo portò a importanti innovazioni e a un potenziamento della linea che cominciava a prendere la sua forma attuale. In quel periodo, i londinesi iniziarono a chiamare il treno sotterraneo the tube (soprannome ancora in uso), per la caratteristica forma tubolare dei tunnel, che influenzò successivamente la scelta del caratteristico logo (un disco rosso attraversato da una barra orizzontale di colore blu, recante la scritta "underground").
L'introduzione di quest'ultimo avvenne in conseguenza della nascita di un sodalizio tra le diverse imprese che gestivano la rete metropolitana, accompagnata da un'operazione di marketing che accanto al logo vide comparire le prime mappe delle diverse linee.
La rivoluzione underground cominciò nel frattempo a varcare i confini britannici, approdando inizialmente a New York nel 1870 e, prime tappe europee, a Parigi e Mosca (rispettivamente nel 1900 e nel 1935). In Italia si dovette aspettare il 1955, con l'inaugurazione della linea B della Metropolitana di Roma.
Attualmente la metropolitana di Londra, con i suoi 402 Km di linea autonoma collegati a 274 stazioni, è la più estesa d'Europa e seconda al mondo (dopo quella di Shangai) per dimensioni.

-Terremoto di Haiti: La terra trema nel mar dei Caraibi. Un violento terremoto colpisce l'isola di Haiti, seminando morte e distruzione soprattutto nella capitale Port-au-Prince e gettando la nazione più povera del continente americano in una drammatica emergenza sanitaria.
Sono le 16:53 (le 22:53 in Italia) quando si verifica la prima scossa di magnitudo7 della scala Richter. Venti interminabili secondi di terrore che sconvolgono la tranquilla quotidianità degli haitiani. Nell'arco di poche ore ne arrivano diverse, comprese tra 5,0 e 5,9 di magnitudo, che scatenano il panico tra la popolazione. Il rischio tsunami sembra scongiurato, ma a scopo precauzionale viene esteso lo stato di allerta a tutta la regione delle Antille (Cuba, Haiti, Repubblica Domenicana e Bahamas).
Dai media internazionali e dai circuiti di sorveglianza di negozi ed edifici pubblici iniziano ad arrivare le prime immagini via web, da cui si comincia a intuire la portata distruttiva dell'evento tellurico. Interi edifici di Port-au-Prince (a 25 km dalla quale viene individuato l'epicentro del sisma) si sono accartocciati su loro stessi: luoghi simbolo come il Palazzo Presidenziale, la sede dell'Assemblea Nazionale di Haiti, la cattedrale, insieme a tutti gli ospedali della città sono completamente rasi al suolo o pesantemente danneggiati.
Come se non bastasse, il grosso delle vie di comunicazione è fuori uso e per la macchina dei soccorsi diventa un'impresa intervenire tempestivamente sui luoghi del disastro. Una situazione che fa salire vertiginosamente il numero delle vittime da una stima iniziale di 100mila fino a quella definitiva (fonti locali) trasmessa a distanza di due mesi: 316mila morti!
Complessivamente si parla di 4 milioni di persone coinvolte nella tragedia. A disegnare questo quadro apocalittico concorrono le condizioni di estrema povertà del piccolo stato caraibico (il più povero dell’emisfero occidentale), dove il 70% della popolazione vive con meno di due dollari al giorno mentre soltanto il 20% è in grado di sostenere i costi del servizio sanitario nazionale a pagamento.
In tale contesto il terremoto finisce col provocare una catastrofe umanitaria, aggravata dall'epidemia di colera che minaccia i sopravvissuti, sistemati in tendopoli che non possono contare su un adeguato sistema di fognature, né su impianti di acqua potabile. Con questo scenario si trovano a fare i conti organismi internazionali di soccorso come UNICEF e Save the Children, che denunciano le condizioni critiche di milioni di bambini, cui sono negati i più elementari servizi d'igiene e sanitari, oltre al diritto all'istruzione.
Il grido d'aiuto non resta inascoltato e da ogni parte del pianeta arrivano gesti di solidarietà: in totale vengono raccolti 1,5 miliardi di dollari per le operazioni di soccorso e 2,1 miliardi per la ricostruzione. Si mobilita anche il mondo dello spettacolo con diverse iniziative per raccogliere fondi, tra cui una maratona Telethon, che vede nel ruolo di telefonisti celebri attori di Hollywood (da Julia Roberts a Leonardo DiCaprio), e l'incisione di una cover della mitica We are the World (registrata nel 1985 per la campagna USA for Africa), interpretata da star internazionali della musica contemporanea e del passato.
Sebbene per magnitudo non risulti tra i più potenti della storia, il terremoto di Haiti viene catalogato come il secondo sisma più devastante tra quelli registrati con dati scientifici (il primo è quello di Shaanxi, in Cina, che nel 1556 fece più di 800mila vittime).

-Naufragio della nave Concordia: Le luci, la musica e il clima di festa di una crociera iniziata da poco. È la suggestiva immagine che la Costa Concordia consegna al suo passaggio davanti all'Isola del Giglio, perla naturalistica dell'arcipelago toscano.
In pochi attimi uno schianto prelude a una notte di terrore e morte, che si conclude con la mastodontica nave sommersa per metà dal mare. Inizia così la storia di un assurdo naufragio che ferisce al cuore la secolare tradizione di un «paese di poeti, santi e navigatori».
Data al 9 luglio 2006 la prima crociera della Costa Concordia, gioiello tecnologico (290 m di lunghezza per 114 mila tonnellate di stazza) e vanto della compagnia italo americana Costa Crociere, battezzata dalla famosa modella Eva Herzigova nel porto di Civitavecchia e il cui nome rimanda all'unità e alla pace fra le nazioni europee (per questo i suoi tredici ponti sono intitolati ad altrettanti Stati del Vecchio continente).
Dallo stesso porto laziale, alle 19 di venerdì 13 gennaio, parte la crociera low cost "Il profumo degli agrumi" con direzione Savona. Per i 3.216 passeggeri (989 di nazionalità italiana) cominciano sette giorni di relax e divertimento, toccando splendide località del Mediterraneo tra Italia, Francia e Spagna. A guidarli in questa vacanza c'è un equipaggio di 1.013 elementi agli ordini del comandante Francesco Schettino, 52enne originario della penisola sorrentina.
Un'ora dopo la partenza quest'ultimo lascia il comando al primo ufficiale Ciro Ambrosio, con l'ordine di avvertirlo a sei miglia dall'Isola del Giglio. La navigazione procede regolare, mentre giù, nelle sale ristorante, si consuma la cena. Tra i commensali c'è anche lo stesso Schettino in compagnia di Domnica Cermotan, 25enne moldava ed ex ballerina della Costa.
Alle 21,30 la nave si approssima a fronteggiare la costa del Giglio e il comandante risale in plancia per realizzare un qualcosa che ha in mente dall'inizio del viaggio: la manovra dell'inchino. Si tratta di una prassi consolidata (anche se ufficialmente non riconosciuta) tra i capitani delle navi crociera, che prevede il passaggio sottocosta per salutare con luci e segnali acustici gli abitanti del posto. In questo caso, la dedica è personale ed è rivolta a Mario Palomo, comandante in pensione che Schettino chiama al telefono proprio in quel frangente.
Nemmeno un quarto d'ora dopo, la Concordia impatta violentemente con la fiancata sinistra contro uno scoglio che sventra la pancia della nave, aprendo una ferita lunga 75 m e larga 2. L'urto provoca un boato allarmando i passeggeri. La paura si trasforma in panico quando pochi istanti dopo la motonave compie una sorta di testa coda e si incaglia a mezzo miglio dalla costa. Nei locali è un inferno di tavoli e mobili che si rovesciano, con la gente, ignara dell'accaduto, che scappa in tutte le direzioni.
L'equipaggio predica la calma parlando di guasto tecnico ma quando il primo ufficiale Giovanni Iaccarino scende in sala macchine e trova l'area completamente invasa dall'acqua, intuisce che non resta più tanto tempo per agire. Alle 22, mentre la nave cala nel buio più totale, partono le prime chiamate dei passeggeri verso i parenti che a loro volta allertano Carabinieri e Capitaneria di Livorno. Inizia una fase convulsa di telefonate tra quest'ultima e Schettino, che solo alle 22.26 ammette l'esistenza di «una via d’acqua», assicurando che non ci sono morti e feriti da segnalare.
La capitaneria non si fida e fa partire i soccorsi. A questo punto scatta una sorta di ammutinamento tra gli ufficiali, che affidano il comando a Roberto Bosio. È lui a dare il segnale di evacuazione immediata poco prima delle 23, al cui suono la gente si fa prendere dal panico accalcandosi sulle scialuppe tra urla e pianti. Attimi fatali per due turisti francesi e un marinaio che precipitano in mare, morendo annegati e per assideramento. Sono le prime tre vittime di questa assurda tragedia.
Intorno alla mezzanotte, con la nave riversa in acqua sul fianco destro, testimoni notano Schettino su uno scoglio vicino alla Concordia, mentre le operazioni di evacuazione sono ancora in corso. Il sospetto che abbia abbandonato la nave per mettersi in salvo, mette in allarme il comandante della capitaneria di porto di Livorno Gregorio De Falco, che lo raggiunge telefonicamente. Tra i due intercorrono tre chiamate dai toni concitati che, diffuse successivamente dai media, alimentano i sospetti sulla condotta poco ortodossa di Schettino.
Alle 4,46 si concludono le operazioni di salvataggio dei passeggeri, ma all'appello mancano 27 persone oltre alle tre vittime già accertate; i loro corpi vengono recuperati nei mesi successivi portando il bilancio complessivo a 32 morti. All'indomani del naufragio parte la caccia ai responsabili. In cima all'elenco c'è ovviamente Schettino, per il quale scatta l'arresto con le accuse di omicidio plurimo colposo, naufragio e abbandono di nave. Al vaglio degli inquirenti c'è la mancata segnalazione del mayday (richiesta di soccorso) e il passaggio troppo ravvicinato alla costa del Giglio. Nel maggio 2017 la Corte di Cassazione conferma la sentenza di condanna a 16 anni di reclusione.
Statistiche alla mano, la Concordia risulta la nave passeggeri di maggior tonnellaggio mai naufragata. Ciò spiega le difficili operazioni di recupero del relitto, iniziate il 29 maggio 2013 e giunte a una svolta nel settembre dello stesso anno con il completamento della rotazione.

-Albert Schweitzer: Uomo di alto ingegno e di straordinaria generosità, mise la sua abilità di medico al servizio dell'umanità più debole.
Nato a Kaysersberg (nell'Alsazia, a quel tempo parte dell'impero tedesco, oggi in territorio francese) e morto a Lambaréné, nel settembre del 1965, Albert Schweitzer ebbe, da bambino, problemi nel leggere e nello scrivere e faceva fatica a imparare. Diversamente, nella musica dimostrava grande abilità: a sette anni compose un inno ed a otto suonava l'organo. Dopo aver studiato teologia e filosofia (sposando il luteranesimo) in Francia, a 30 anni s'iscrisse a Medicina con l'intento di specializzarsi in malattie tropicali e partire come missionario per l'Africa. Iniziò a raccogliere fondi per costruire un ospedale a Lambaréné, una città del Gabon occidentale (Africa centrale), dove realizzò il suo ambulatorio in un vecchio pollaio, insieme a Hélène Bresslau, infermiera e sua futura moglie.
In poco tempo si guadagnò la fiducia delle popolazioni locali, le cui usanze e credenze religiose venivano rispettate all'interno del villaggio-ospedale. L'attività missionaria in Africa, unitamente alla lotta in prima persona contro i rischi degli esperimenti atomici e delle radiazioni nucleari, gli valsero il Nobel per la Pace nel 1952, con i proventi del quale fece costruire il "Village de la lumière" (villaggio della luce) per i lebbrosi.
Raccolse, inoltre, numerosi titoli accademici e riconoscimenti, meritandosi la fama di «più grande uomo del mondo» da parte della rivista Time. Il suo pensiero filosofico, imperniato su un profondo rispetto verso ogni forma vivente, e l'opera umanitaria furono da esempio per centinaia di professionisti che, dopo di lui, scelsero di prestare la propria attività nelle aree più disagiate del "continente nero".

-Conferenza di Parigi: A due mesi dalla conclusione della Prima guerra mondiale, s'inaugurò con la Conferenza di Parigi una serie di trattati destinati a dare un nuovo assetto geopolitico all'Europa, con conseguenze che, pochi anni dopo, alimentarono la nascita delle dittature nazifasciste fino a scatenare il Secondo conflitto mondiale.
I lavori di Parigi, ospitati nella sala dell'orologio del Quai d'Orsay (dal 1853 sede del Ministero degli Esteri francese) furono presieduti dai paesi vincitori, ossia Francia, Gran Bretagna, Italia, Stati Uniti e Giappone. A dettare legge furono i primi quattro, rappresentati in quella sede dai rispettivi capi di governo - il presidente USA Thomas Woodrow Wilson, il primo ministro francese Georges Clemenceau, l'omologo britannico David Lloyd George e il presidente del consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando - e dai ministri degli esteri.
Dalle trattative furono escluse: la Russia, impegnata in una sanguinosa guerra civile tra i rossi bolscevichi, che avevano preso il potere con la Rivoluzione d'Ottobre, e i bianchi "filozaristi", sostenuti dalle potenze occidentali; i paesi vinti, coinvolti solo nella firma dei vari protocolli di pace. I destini del mondo, comunque di una larga parte di esso, erano affidati alle decisioni di Francia, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti.
Fin dalle prime battute, prese il sopravvento la "linea dura" dei padroni di casa, intenzionati a dare un severa lezione alla Germania e a ridimensionarne fortemente l'autorità sui popoli dell'Europa centro-orientale, riuniti per oltre mezzo secolo sotto le insegne dell'Impero austro-ungarico. Contrario a questa linea il presidente Wilson che, nei suoi celebri Quattordici punti, auspicava l'avvento di una nuova era di democrazia, imperniata sui principi dell'autodecisione dei popoli e del rispetto delle nazionalità.
Anche la Gran Bretagna si dimostrò scettica sulla linea dura, manifestando le proprie preoccupazioni nel Memorandum di Fontainbleau, dove si rimarcava la necessità di costruire «una pace perpetua, non una pace che durasse trent'anni». In tale ottica, l'adozione di misure punitive rischiava di creare le premesse per futuri rigurgiti nazionalisti alimentati dal desiderio di vendicarsi dei torti subiti.
Alla fine prevalse l'orientamento francese di attribuire ai tedeschi tutte le responsabilità della guerra appena conclusa. Conclusioni che, con il successivo Trattato di Versailles (giugno 1919), si tradussero nell'annientamento militare ed economico della Germania, costretta a subire pesanti clausole. Dall'ex Impero austro-ungarico nacquero quattro Stati indipendenti: Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia (fino al 1929 noto come Regno di Serbi, Croati, Sloveni). Le colonie, invece, furono spartite tra le potenze vincitrici attraverso un sistema di mandati regolato dalla Società delle Nazioni.
Quest'ultimo organismo, la cui istituzione (con sede a Ginevra) fu stabilita durante la Conferenza di Parigi e formalizzata con il Trattato di Versailles, si dimostrò inadatto a tenere fede al delicato compito assegnatogli, cioè di risolvere pacificamente i contrasti tra gli Stati. L'uscita di scena degli USA e la mancanza di risposte concrete contro gli Stati che contravvenivano ai suoi principi, lo fecero apparire uno mero strumento di potere nelle mani di Francia e Gran Bretagna.
Il peso politico dell'Italia a Parigi e nei successivi trattati fu marginale e le richieste avanzate, in quanto paese vincitore, furono accolte in minima parte. Dei territori della Dalmazia, rivendicati dal governo Orlando, riuscì a ottenere la città di Zara, l'isola di Làgosta e l'arcipelago di Pelagosa (Trattato di Rapallo, novembre 1920), lasciando il resto della regione al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
Con il Trattato di Saint-Germain (settembre 1919), strappò all'Austria l'Alto Adige, l'Istria, l'intera Venezia Giulia, la Dalmazia settentrionale e il diritto di chiedere maggiori concessioni sul fronte coloniale.

-Paolo Borsellino: Un campione della lotta alla mafia che portò avanti al costo della vita, lasciando, insieme con il collega e amico Giovanni Falcone, un esempio insuperabile di difensore della legalità e di servitore dello Stato.
Palermitano doc come Falcone, a quest'ultimo fu legato da una vecchia amicizia, nata in tenera età, quando i due giocavano a calcio nell'oratorio del quartiere Kalsa. Nello stesso quartiere abitava Tommaso Buscetta, il pentito di mafia più eccellente della storia, che circa trent'anni più tardi incrociarono da magistrati.
In quel periodo, sotto la guida del giudice Antonio Caponnetto, entrò a far parte del celebre pool antimafia che, coordinando le diverse attività d'indagine dei suoi componenti, riuscì a condurre una capillare azione di contrasto al fenomeno mafioso, suggellata nel 1986 con il maxiprocesso di Palermo.
Premiato per questo con la nomina a procuratore della repubblica di Marsala, Borsellino prese il posto di Falcone come procuratore aggiunto di Palermo nel dicembre del 1991. Sette mesi più tardi, poche settimane dopo l'assassinio di Falcone, trovò la morte in un terrificante attentato mafioso, eseguito a via D'Amelio (davanti all'abitazione della madre) e in cui persero la vita cinque agenti della sua scorta. Era il 19 luglio del 1992.

-Federico Fellini: Nell'olimpo dei migliori registi di sempre, al punto che l'aggettivo felliniano ovunque rievoca scene immortali che hanno fatto la storia della settima arte.
Nato a Rimini e morto a Roma nel 1993, dimostrò il suo sconfinato estro inizialmente come vignettista del quindicinale Marc'Aurelio, la principale rivista satirica italiana, e poi come autore alla radio. Il battesimo con il set avvenne come sceneggiatore, dapprima di diversi film di Aldo Fabrizi, successivamente di due manifesti del neorealismo, "Roma città aperta" e "Paisà" (per i quali ebbe due nomination all'Oscar), firmati da Roberto Rossellini.
Dopo il debutto alla regia con Luci del varietà (1950), impose la sua poetica visione del cinema, proiettando la cara realtà di provincia in un universo onirico e indefinito. Da "I vitelloni" (Nastro d'argento come "miglior regista") del 1953 ad Amarcord (premio Oscar come "miglior film") del 1973, passando per la La dolce vita e 8½, suo capolavoro assoluto.
Oltre a cinque premi Oscar (l'ultimo alla carriera nel 1993, poco prima di morire), conquistò la Palma d'oro al Festival di Cannes e nel 1985 il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia.

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